L’ordine naturale e il liberalismo

Tutto quel che porta l’etichetta di libertà è soffuso, da due secoli, dall’aureola del prestigio che circonda questa parola divenuta sacrosanta. E tuttavia è di questa parola che noi moriamo, è il liberalismo che avvelena la società civile come la Chiesa.
Apriamo dunque il libro di cui vi parlo: Libéralisme et catholicisme del reverendo Roussel, pubblicato nel 1926, e leggiamo questa pagina, che descrive molto concretamente il liberalismo (pp. 14-16), aggiungendovi un piccolo commento.
«Il liberale è un fanatico d’indipendenza, la esalta fino all’assurdo, in ogni ambito». […]

1) L’indipendenza del vero e del bene nei confronti dell’essere: è la filosofia relativista della mobilità e del divenire. – L’indipendenza dell’intelligenza riguardo al suo oggetto: la ragione non deve, in quanto sovrana, sottomettersi al suo oggetto, essa lo crea, donde l’evoluzione radicale della verità; soggettivismo relativista.
Sottolineiamo le due parole chiave: soggettivismo ed evoluzione.
Il soggettivismo è introdurre la libertà nell’intelligenza, mentre al contrario la nobiltà dell’intelligenza consiste nel sottomettersi al proprio oggetto, consiste nell’adeguazione o conformità del soggetto pensante con l’oggetto conosciuto.
L’intelligenza funziona come un apparecchio fotografico, essa deve aderire esattamente alle forme intelligibili del reale. La sua perfezione consiste nella sua fedeltà al reale.
È per questa ragione che la verità si definisce come l’adeguamento dell’intelligenza alla cosa. La verità è quella qualità del pensiero di essere d’accordo con la cosa, con ciò che è.
Non è l’intelligenza che crea le cose, sono le cose che s’impongono all’intelligenza, quali esse sono. Di conseguenza la verità di ciò che si afferma dipende da ciò che è, essa è qualcosa di oggettivo; e colui che cerca il vero deve rinunciare a sé, deve rinunciare ad una costruzione del suo spirito, deve rinunciare a inventare la verità.
Al contrario, nel soggettivismo, è la ragione che costruisce la verità: abbiamo la sottomissione dell’oggetto al soggetto! Il soggetto diventa il centro di tutte le cose.
Le cose non sono più ciò che sono, ma ciò che io penso. L’uomo dispone allora a suo piacimento della verità: questo errore si chiamerà idealismo nel suo aspetto filosofico, e liberalismo nel suo aspetto morale, sociale, politico e religioso.
Di conseguenza la verità sarà differente a secondo degli individui e dei gruppi sociali. La verità è dunque necessariamente condivisa. Nessuno può pretendere di possederla in maniera esclusiva nella sua interezza; essa si fa e si ricerca senza fine. Si intuisce quanto ciò sia contrario a Nostro Signore Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Da un punto di vista storico, questa emancipazione del soggetto rispetto all’oggetto (a ciò che è) venne realizzata da tre personaggi.
LUTERO dapprima rifiuta il magistero della Chiesa e tiene conto soltanto della Bibbia, poi ripudia ogni intermediario creato fra l’uomo e Dio. Egli introduce il libero esame, a partire da una falsa nozione dell’ispirazione scritturale: l’ispirazione individuale!
Poi DESCARTES, seguito da KANT, danno forma sistematica al soggettivismo: l’intelligenza si rinchiude in se stessa, non conosce che il proprio pensiero: è il «cogito» di Descartes, sono le «categorie» di Kant. Le cose in se stesse sono inconoscibili.
Infine ROUSSEAU: emancipato dal suo oggetto, perduto il senso comune (il buon senso), il soggetto viene lasciato senza difese dinanzi all’opinione comune. Il pensiero dell’individuo si dissolverà nell’opinione pubblica, cioè in ciò che tutti o la maggioranza pensano;
e questa opinione sarà creata dalle tecniche di dinamica di gruppo organizzate dai media che sono nelle mani degli esponenti della finanza, dei politici, dei massoni, ecc.
Il liberalismo sbocca automaticamente nel totalitarismo del pensiero. Dopo il rifiuto dell’oggetto, assistiamo all’evanescenza del soggetto, a questo punto maturo per subire ogni forma di schiavitù. Esaltando la libertà di pensiero, il soggettivismo sfocia nell’annientamento del pensiero.
La seconda caratteristica del liberalismo intellettuale, lo abbiamo visto, è l’evoluzione.
Rifiutando la sottomissione al reale, il liberale è costretto a rifiutare le essenze immutabili delle cose; per lui, non c’è una natura delle cose, non c’è una natura umana stabile, retta da leggi definitive poste dal Creatore.
L’uomo è in perpetua evoluzione progressiva; l’uomo di ieri non è l’uomo di oggi; si sprofonda nel relativismo.
Meglio ancora, l’uomo si crea da se stesso, è l’autore delle proprie leggi, che deve rimodellare senza tregua secondo l’unica legge inflessibile del progresso necessario.
Ecco allora l’evoluzionismo, in tutti i campi: biologico (Lamarck e Darwin), intellettuale (il razionalismo e il suo mito del progresso indefinito della ragione umana), morale (emancipazione dai «tabù»), politico-religioso (emancipazione delle società nei confronti di Gesù Cristo).
Il culmine del delirio evoluzionista viene raggiunto con padre Teilhard de Chardin (1881-1955) che afferma, in nome di una pseudoscienza e di una pseudomistica, che la materia diviene spirito, che la natura diventa il soprannaturale, che l’umanità diventa il Cristo: tripla confusione di un monismo evoluzionista inconciliabile con la fede cattolica.
Per la fede, l’evoluzione è la morte.
Si parla di una Chiesa che si evolve, si vuole una fede evolutiva: «Voi dovete sottomettervi alla Chiesa vivente, alla Chiesa di oggi», mi scrivevano da Roma nel 1976, come se la Chiesa di oggi non dovesse essere identica alla Chiesa di ieri.
Io ho risposto a costoro: «In queste condizioni, domani, non ci sarà più quel che voi dite oggi!». Questa gente non ha alcuna nozione della verità, dell’essere.
Sono dei modernisti.

2) «L’indipendenza della volontà nei confronti dell’intelligenza: forza arbitraria e cieca, la volontà non deve affatto curarsi dei giudizi della ragione, essa crea il bene come la ragione fa il vero».
In una parola, è l’arbitrio: «sic volo, sic jubeo, sic pro ratione voluntas

3) «L’indipendenza della coscienza nei confronti della regola oggettiva, della legge; la coscienza si erge essa stessa a regola suprema della moralità».
La legge, secondo il liberale, limita la libertà e gli impone una costrizione prima morale, l’obbligo, e poi fisica, la sanzione.
La legge e le sue costrizioni vanno contro la dignità umana e la coscienza. Il liberale confonde libertà e licenza.
Nostro Signore Gesù Cristo è la legge vivente, in quanto è il Verbo di Dio; si misura quindi ancora una volta quanto sia profonda l’opposizione del liberale a Nostro Signore.

4) «L’indipendenza della forza anarchica del sentimento nei confronti della ragione: è uno dei caratteri del romanticismo, nemico del primato della ragione».
Il romantico si compiace di sbandierare gli slogan; egli condanna la violenza, la superstizione, il fanatismo, l’integralismo, il razzismo, per quel che queste parole evocano all’immaginazione e alle passioni umane, e nello stesso spirito si fa apostolo della pace, della libertà, della tolleranza, del pluralismo.

5) «L’indipendenza del corpo nei confronti dell’anima, dell’animalità nei confronti della ragione costituisce il radicale capovolgimento dei valori umani».
Si esalterà la sessualità, la si renderà sacra; si capovolgeranno i due fini del matrimonio (procreazione ed educazione da un lato, soccorso alla concupiscenza dall’altro), assegnandogli come fine primario il piacere carnale e «il rigoglio dei due coniugi» o dei due «partner».
Ciò costituirà la distruzione del matrimonio e della famiglia; senza parlare delle aberrazioni che trasformano il santuario del matrimonio in un laboratorio biologico e che riducono il bambino non ancora nato ad un fruttuoso materiale di cosmetica (10).

6) «L’indipendenza del presente nei confronti del passato, donde il disprezzo per la tradizione, l’amore morboso per il nuovo col pretesto del progresso».
È una delle cause che san Pio X ascrive al modernismo: «Le cause remote Ci sembra possano ridursi a due: la curiosità e l’orgoglio.
La curiosità, da sola, se non è saggiamente regolata, basta a spiegare tutti gli errori. È l’opinione del nostro predecessore Gregorio XVI, che scriveva: è uno spettacolo pietoso vedere fin dove giungono le divagazioni della ragione umana quando si cede allo spirito di novità» (11).

7) «L’indipendenza dell’individuo nei confronti di ogni società», di ogni autorità e gerarchia naturale: indipendenza dei figli nei confronti dei genitori, della donna nei riguardi del marito (liberazione della donna); dell’operaio nei confrontii del suo padrone; della classe operaia  nei confronti della classe borghese (lotta di classe).

Il liberalismo politico e sociale è il regno dell’individualismo.
L’unità di base del liberalismo è l’individuo (12). L’individuo è considerato un soggetto assoluto di diritti (i «diritti dell’uomo»), senza prendere in considerazione i doveri che lo legano al suo Creatore, ai suoi superiori o ai suoi simili, né soprattutto i diritti di Dio.
Il liberalismo fa scomparire tutte le gerarchie sociali naturali; ma facendo questo lascia alla fine l’individuo solo e senza difese dinanzi alla massa, della quale egli non è che un elemento intercambiabile, e che lo assorbe totalmente.
La dottrina sociale della Chiesa, al contrario, afferma che la società non è una massa informe di individui (13), ma un organismo ordinato di gruppi sociali coordinati e gerarchizzati: la famiglia, le imprese e i mestieri, poi le corporazioni professionali, infine lo Stato.
Le corporazioni uniscono padroni ed operai che lavorano nello stesso ambito per la difesa e la promozione dei loro interessi comuni. Le classi non sono antagoniste, ma naturalmente complementari (14).
La legge Le Chapelier (14 giugno 1791), vietando le associazioni, uccise le corporazioni che erano state lo strumento della pace sociale sin dal Medioevo; questa legge era il frutto dell’individualismo liberale, ma invece di «liberare» gli operai, li schiacciò.
E quando, nel XIX secolo, il capitale della borghesia liberale ebbe schiacciato la massa informe degli operai divenuta proletariato, si pensò, per iniziativa dei socialisti, di raggruppare gli operai in sindacati; ma i sindacati non fecero che aggravare la guerra sociale diffondendo su tutta la società l’artificiosa opposizione fra capitale e proletariato.
Si sa che questa opposizione o «lotta di classe», fu all’origine della teoria marxista del materialismo dialettico: il che dimostra che un falso problema sociale ha creato un sistema falso: il comunismo (15).
E adesso, dopo Lenin, la lotta di classe è diventata, per mezzo della prassi comunista, l’arma privilegiata della rivoluzione comunista (16).
Rammentiamo dunque questa verità storica e filosofica incontestabile: il liberalismo conduce per sua inclinazione naturale al totalitarismo e alla rivoluzione comunista. Si può dire che esso è l’anima di tutte le rivoluzioni moderne e semplicemente della Rivoluzione.

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10) Cfr. «Fideliter», n. 47.
11) Enciclica Pascendi, dell’8 settembre 1907.
12) Daniel Raffard de Brienne, Le deuxième étendard, p. 25.
13) Cfr. Pio XII, Radiomessaggio di Natale al mondo intero, 24 dicembre 1944.
14) Cfr. Leone XIII, Enciclica Rerum novarum, del 15 maggio 1891.
15) Cfr. Pio XI, Enciclica Divini Redemptoris, del 19 marzo 1937, § 15.
16) Ibid. § 9.

(Fonte: Mons. Marcel Lefebvre - Lo hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare) 

Lettura dei tempi presenti

Dall'elezione a Papa del card. Bergoglio, “discepolo” del card. Martini, se ne sono viste e sentite di tutti i colori. Obiettivamente, le parole dell'attuale Pontefice hanno spesso provocato sconcerto e confusione che altro. Si tratta del primo aspetto inquietante, se si considera che il disorientamento è provocato proprio da chi dovrebbe invece porre chiarezza, a maggior ragione se in questione ci sono temi centrali per la salvezza dell'anima. Tuttavia nessuno dei suoi predecessori ha potuto vantare un credito di fiducia illimitato come quello concessogli da una vastissima fetta di popolo cattolico (per non dire dal mondo intero) che non sa fare altro che osannarlo e acclamarlo ogniqualvolta apre bocca o compie anche solo un semplice gesto.

Per comprendere le "misteriose" ragioni di tale consenso non bisogna neppure andare troppo lontano: basta rileggersi i pronunciamenti del card. Martini e il chiaro pensiero sull'idea di Chiesa (cattolica?) che il famoso gesuita non mancava di esternare nei suoi libri e in molte interviste.
Ora, che Papa Bergoglio stia dando forma e concretezza alle speranze del suo mentore e di tutti quei contestatori che si sono spesso schierati contro l'insegnamento custodito nella Chiesa cattolica da quasi 2000 anni, è un timore che pare assai fondato.

Per la verità è dal 1962, dunque ben prima dell'avvento di Papa Francesco, che nella sinfonia liturgica e in quella dottrinale della Chiesa così come l'ha voluta Cristo, si odono stonature e storpiature che si sono propagate nel tempo e che oggi vengono replicate con un timbro sempre più acuto e minaccioso.

Già Mons. Luigi Carlo Borromeo (1893-1975), vescovo di Pesaro, nel suo Diario (3 dicembre 1962) scriveva: “Siamo in pieno modernismo. Non il modernismo ingenuo, aperto, aggressivo e battagliero dei tempi di Pio X, no, il modernismo d'oggi è più sottile, più camuffato, più penetrante e più ipocrita.
Non vuol sollevare un'altra tempesta, vuole che tutta la Chiesa si ritrovi modernista senza che se ne accorga. […] Il Cristo si salva nel modernismo ma non è Cristo storico; è un Cristo che la coscienza religiosa ha elaborato perché una figura umana, ben delineata e concreta, facesse da supporto ad esperienze religiose che non potevano essere espresse nella loro ricchezza e intensità per via di puri concetti razionali ed astratti. […] Così il Modernismo d'oggi salva tutto il Cristianesimo, i suoi dogmi e la sua organizzazione, ma lo svuota tutto e lo capovolge. Non più una Religione che venga da Dio, ma una Religione che viene direttamente dall'uomo
[...]”.

Ovviamente oggi, chi intende dare un nome all'eresia che si è propagata nella Chiesa (il modernismo, appunto), viene bollato sprezzantemente come tradizionalista, bigotto, cripto-lefebvriano...
Eppure, riannodando i fili della storia che si sviluppò al Concilio Vaticano II, magari prendendosi la briga di sfogliare gli scritti di quel mons. Marcel Lefebvre tacciato di essere un fastidioso disobbediente, si costaterà, forse con sorpresa per chi ha dato troppo per scontato, che proprio il vescovo francese è stato uno dei pochissimi sacerdoti capaci di custodire la Fede e difendere la Chiesa (memorabili le sue parole quando disse: “Facendo ciò che la Chiesa ha sempre fatto sono diventato vescovo; dal Vaticano II in poi, continuando a fare ciò che ho sempre fatto, sono stato scomunicato”) e che, in questi tempi, in cui tutto è capovolto e in cui i termini sono ormai svuotati di significato e usati a sproposito al solo scopo di screditare, non ha certo più senso parlare di tradizionalismo e cripto-lefebvrismo per il semplice fatto che o si è cattolici – nei fatti - o non lo si è. Punto.

Ma vi è un altro aspetto inquietante che impone serie riflessioni: ciò che impressiona è che la falsa chiesa che pare abbia preso il sopravvento più che mai, appare tuttavia inquieta, nervosa e indaffarata a seguire una sorta di sinistro canovaccio “a tempo”, con l'obiettivo di smantellare e distruggere quanto prima, come se il tempo a sua disposizione stesse per scadere, tutto ciò che di cattolico appare ancora rimasto in vita. Il susseguirsi di scandali e di pronunciamenti sempre più azzardati in ambito dottrinale, lo svuotamento della Liturgia, le azioni punitive contro chi non si allinea alla nuova teologia, le reazioni veementi contro chi ancora si ostina a voler rimanere cattolico (cioè fedele a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato)... ne sono tipici esempi. E che la Chiesa bergogliana stia pigiando il piede sull'acceleratore seguendo tale linea programmatica è di assoluta evidenza.

Stiamo esagerando? No, perché davanti ai fatti, è noto, non ci può essere partigianeria di sorta ma soltanto la cruda e nuda evidenza della realtà, con tanti imbarazzi dei baciapile normalisti e di quanti ancora si cimentano nel gioco delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo...

Entrando nello specifico: chi vuole vivere la cattolicità in maniera autentica e coerente viene represso e distrutto (dalle autorità vaticane!) con incredibile ferocia e cinismo: è il caso dei Francescani dell'Immacolata, i quali hanno osato dotarsi di uno spirito critico dinanzi al Concilio Vaticano II, indetto convegni di approfondimento sulla massoneria e, fatto determinante, indirizzato la propria spiritualità abbracciando, e non rinnegando, la Tradizione e la Messa “di sempre”, in rito antico.

Poi è toccato a fides et forma e riscossa cristiana, siti gestiti rispettivamente da Francesco Colafemmina e da Paolo Deotto. Il primo ha assaggiato le carezze della chiesa della misericordia (una “bella” querela) di padre Alfonso Bruno (FI ribelli e parecchio “permalosi” con chi ha osato portare alla luce alcuni fatti non proprio edificanti che li riguardano).
Sul secondo si è scatenata l'ira (con annessa diffida di querela) di un guru della chiesa all'avanguardia: quell'Enzo Bianchi, priore di Bose e di tutti i seminari progressisti, infastidito per alcuni articoli critici pubblicati in merito alla sua “curiosa” dottrina pontificata come verità assoluta.

A quanti ancora si stropicciano gli occhi, increduli per quanto sta accadendo nella Chiesa, basta avvicinare il proprio parroco o un qualsiasi sacerdote della propria parrocchia e avanzare la richiesta di una Messa in rito antico. Si preparino ad un 'altra dimostrazione di “misericordia”.

Ecco dunque il volto della Chiesa bergogliana del dialogo e della tolleranza verso tutti tranne che per coloro che non si allineano al pensiero dominante del “Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo” (Papa Bergoglio a Scalfari).

Questa teoria, tanto bislacca quanto tremendamente lontana anni luce dall'insegnamento di Cristo, è rivelatrice di una Chiesa i cui vertici e le cui personalità più influenti appaiono palesemente alle prese con una crisi di Fede devastante, che si traduce in una nuova dottrina, in una nuova liturgia, in una nuova morale...in sintesi, bisognerà pur dirlo chiaramente: non vi è più appartenenza alla religione cattolica bensì adesione più o meno esplicita ad una religione altra.

Davanti a questo sfacelo, dobbiamo resistere e proclamare con forza: noi vogliamo rimanere cattolici!

Dunque preghiamo per la Chiesa e per il Papa, affinché questi sia Pietro e agisca di conseguenza.

Preghiamo per tutti quei sacerdoti in crisi d'identità (impacciati persino nell'indossare la talare, tant'è che sono sempre in borghese, in incognito), affinché siano fortificati dalla Fede per divenire guide affidabili e coraggiose nel condurre il gregge a loro affidato.

Che la Madonna soccorra quanti saranno chiamati a difendere la Chiesa di Cristo in questi tempi tanto bui e dolorosi per l'affermazione e la testimonianza della Verità.

Ciò che mi disse padre Matteo

“Sono la debolezza in persona. Ho perso fiducia in me stesso. L'intenzione è quella di operare secondo le mie possibilità, ma non ho più la certezza di riuscirci. Proprio il contrario. Temo di fare ancora più danno”.
“Perchè teme una cosa del genere?”.
“Non lo so”.
“E' sacerdote da così tanti anni e non lo sa?”.
“Sinceramente, padre, non capisco che cosa stia succedendo alla mia anima in questi ultimi giorni. Mi sento meno preparato che mai”.
“E' un bene che lei provi questa debolezza”.
“E' necessario avere forza per svolgere questo incarico”.
“No. È necessaria la debolezza”.
“Che cosa vuol dire? Sono confuso”.
“Lei è un uomo che ha sopportato molte sofferenze. Sin dalla sua infanzia ha sofferto per mano di uomini malvagi. Nella mente ho l'immagine di un ragazzino vestito di nero. Sta danzando per Dio. È pieno di gioia. Il fuoco cerca di mangiarselo. Ma lui scappa e si salva. Poi corre per il mondo. Ma dimentica di danzare. Perde la gioia”. […]

“Il ragazzino che danzava vestito di nero e con il cappello di pelliccia”, continuò il frate, “è uno degli eletti da Dio. E un tizzone tolto dal fuoco. È un'anima che fin dai primi anni è stata affamata di Verità. A causa di questa fame, ha sopportato per Dio molte ferite e non lo sapeva”.
“Ora lo so”.
“Sopporterà ancora più ferite per Lui”.
“Non c'è forza dentro di me”.
“E' come deve essere”.
“La notte scorsa ho avvertito un flusso di angoscia che non provavo da anni. Ho visto chiaramente tutto quello che avevo perso. Mi sono sentito come se stessi cadendo in un pozzo di dolore senza fondo”.
“Sopra di noi c'è un oceano di gioia. Lo vedrà. Lei salirà e questo oceano di gioia scenderà per incontrarla. La donna vestita di sole non le ha parlato di questo? L'ho vista venire da lei in sogno”.
“Lo ha fatto”, dissi stupefatto.
“Perchè ha paura? La donna l'accompagna. La missione della donna è identica alla sua, schiacciare la testa del serpente che striscia per il mondo. Lei è uno strumento per confondere il serpente che si prepara a prendere in trappola la Casa di Dio. Ma nessuno può resistergli senza assistenza divina. Il Signore ha dato alla donna un ruolo per gli ultimi giorni che nessun altro essere umano potrebbe svolgere [...]”.

“Il nemico ha ucciso l'Agnello”.
“Lei conosce il resto”.
“E l'Agnello ha vinto la morte”.
“Sì. Ma prima ha dovuto morire”.
“Perchè ha dovuto morire? Perchè lei è coperto di contusioni?”.
“Perchè ci troviamo in una vera guerra”.
“Non è giusto!”.
“E' sacerdote da tanti anni e dice così? Naturalmente non è giusto. La croce non è giusta. Ma nostro Signore l'ha presa e l'ha trasformata nel grande segno che il diavolo odia più di tutti gli altri segni. Ogni volta che accettiamo di sopportare la croce e di essere inchiodati ad essa, credendo contro ogni credere, quando è impossibile continuare a credere a causa del nostro dolore, questo è il momento in cui lo sconfiggiamo. Mediante il sangue dell'Agnello”.

L'anziano frate sospirò.
“Lei era esausto quando è arrivato qui. Il nemico la conosce e vede che lei si sta avvicinando, sebbene non afferri il piano di Cristo nella sua missione. Vede solo una minaccia ai suoi progetti, sebbene non immagini che cosa sia. Non impara mai”.
“Lei ha sopportato questi colpi al posto mio”.
“Ho domandato un favore al Signore. Gli ho chiesto che alcuni degli attacchi diretti a lei fossero deviati su di me”.
“Ma colpire lei nella carne! A quale scopo?”.
“Il nemico è infuriato. Cerca di fare paura. Vorrebbe farle paura. Di solito non gli è permesso spaventare le anime apparendo in forma concreta. La sua azione si svolge nel silenzio. È più efficace quando non viene visto. Di tanto in tanto, Dio permette che il diavolo usi armi grossolane, e quindi si rivela per quello che è. Afferra l'opportunità, anche se sa che perde terreno rivelandosi. Ma la sua malvagità è così grande che non sa resistere”.
“Le chiedo di pregare per me”, dissi con voce rotta. “Ho paura”.
“Vede queste ferite? Queste contusioni?”.
“Sì”.
“Queste sono la mia gioia”.
“Il dolore è la sua gioia?”
“Il dolore di per sé non è una gioia. È semplicemente dolore. Ma il significato del dolore, questo è gioia”. 

(IL NEMICO cap. 5, pag.94 – Michael D. O'Brien)

I Comandamenti contestati

Viviamo in una società che non ha più le regole del gioco.

La gente è andata sempre contro i comandamenti di Dio, in tutte le epoche. Ma c’è una differenza.
Una volta si violavano, ma si accettavano i comandamenti come principi, come norma. Adesso sono contestati.

E senza regole è impossibile giocare anche a tressette, figuriamoci il gioco della vita. Questo è tremendo. […] Quando in una partita si incomincia a dire: si può fare tutto quello che si vuole, è ora di andare a casa. O ci si piglia a botte, o il gioco è terminato. É quello che sta capitando a noi.

(Fonte: Giacomo Biffi - ungranellodisale.blogspot.it)

Naturalismo, razionalismo, liberalismo

Vi rendete dunque conto di quanto tutti questi errori siano innestati gli uni negli altri: liberalismo, naturalismo, e infine il razionalismo, non sono che aspetti complementari di quel che bisogna chiamare la Rivoluzione. 
Là dove la retta ragione, rischiarata dalla fede, non vede che armonia e subordinazione, la ragione deificata scava abissi ed erge muraglie: la natura senza la grazia, la prosperità materiale senza la ricerca dei beni eterni, il potere civile separato dal potere ecclesiastico, la politica senza Dio né Gesù Cristo, i diritti dell’uomo contro i diritti di Dio, la libertà, infine, senza la verità. 
È in questo spirito che si è compiuta la Rivoluzione, essa si preparava già da più di due secoli negli spiriti, come ho tentato di mostrarvi; ma è soltanto alla fine del XVIII secolo che ha maturato e recato i suoi frutti decisivi: i suoi frutti politici, col favore degli scritti dei filosofi, degli enciclopedisti, e di una inimmaginabile attività della massoneria (8), che si era diffusa in alcuni decenni e aveva sobillato tutta la classe dirigente. 
La massoneria propagatrice di questi errori 
Con quale precisione, con quale chiaroveggenza i Sovrani Pontefici denunciarono questa impresa; papa Leone XIII la espone nella Quod apostolici già citata, e di nuovo nell’Enciclica Humanum Genusdel 20 agosto 1884 sulla setta dei massoni: 
«Nella nostra epoca, i fautori del male sembrano essersi coalizzati in uno sforzo immenso, sotto l’impulso e con l’aiuto di una Società diffusa in un gran numero di luoghi e fortemente organizzata, la società dei massoni. 
Nelle loro vigili preoccupazioni per la salvezza del popolo cristiano, i nostri predecessori riconobbero molto presto questo nemico capitale nel momento in cui, uscendo dalle tenebre di un’occulta cospirazione, si slanciava all’assalto in pieno giorno». 
Leone XIII fa poi menzione dei Papi che hanno già condannato la massoneria: Clemente XII, nell’Enciclica In Eminenti, del 27 aprile 1738, lanciò la scomunica contro i massoni; Benedetto XV rinnovò questa condanna nell’Enciclica Providas del 16 marzo 1751; Pio VII con l’EnciclicaEcclesiam del 13 settembre 1821 denunciò in particolar modo i Carbonari; Leone XII, con la sua Costituzione Apostolica Quo graviora del 13 marzo 1826, svelò inoltre la società segretaL’Universitario che tentava di pervertire la gioventù; Pio VIII (Enciclica Traditi del 24 maggio 1829), Pio IX (Allocuzione concistoriale del 25 settembre 1865 ed Enciclica Quanta cura dell’8 dicembre 1864) parlarono nello stesso senso. 
Poi, deplorando il poco peso accordato dai governanti a così gravi avvertimenti, Leone XIII constata i progressi spaventosi della setta: 
«Ne risulta che, nell’arco di un secolo e mezzo, la setta dei massoni ha compiuto progressi incredibili. Usando ad un tempo l’audacia e l’astuzia, essa ha invaso tutti i gradi della gerarchia sociale e comincia ad acquisire, in seno agli Stati moderni, una potenza che equivale alla sovranità». 
Che direbbe oggi, quando non c’è alcun governo (9) che non obbedisca ai decreti delle logge massoniche! E ora c’è anche l’assalto alla gerarchia della Chiesa, che lo spirito massonico o la massoneria stessa scala a ranghi serrati. Ma vi ritornerò. 
Qual è dunque lo spirito massonico? Eccolo illustrato in poche parole per bocca del senatore Goblet d’Aviello, membro del Grande Oriente del Belgio, quando parlò il 5 agosto 1877 alla loggia degli Amici Filantropi di Bruxelles: 
«Dite ai neofiti che la Massoneria… è innanzitutto una scuola di divulgazione e di perfezionamento, una sorta di laboratorio dove le grandi idee dell’epoca si organizzeranno e si affermeranno per diffondersi nel mondo profano in una forma palpabile e pratica. Dite loro, in una parola, che noi siamo la filosofia del liberalismo».
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8) 1517: rivolta di Lutero, che brucia la Bolla del Papa a Wittenberg; 1717: fondazione della Grande Loggia di Londra. 
9) Non vanno esclusi nemmeno i paesi comunisti, perché il partito comunista è un’autentica società massonica, con la sola differenza che è perfettamente legale e pubblica.


(Fonte: Mons. Marcel Lefebvre - Lo hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare)