Riporto un estratto del libro di Malachi Martin: “Windswept house - A Vatican Novel” (traduzione dal mensile Chiesa viva), dove viene descritta la doppia Messa nera, avvenuta contemporaneamente a Roma e a Charleston (USA), il 29 giugno 1963, per intronizzare Lucifero in Vaticano.
«L’Intronizzazione di Lucifero, l’Arcangelo Decaduto, è avvenuta in seno alla Cittadella Cattolica Romana il 29 giugno 1963; una data ideale questa per la promessa storica che doveva essere prima o poi mantenuta.
Come ben sapevano i principali agenti di questo Cerimoniale, la tradizione Satanista ha da sempre predetto che il Tempo del Principe sarebbe stato inaugurato nel momento in cui un Papa avrebbe preso il nome dell’Apostolo Paolo.
Da quando il Conclave era terminato, il 21 giugno 1963, con l’elezione di Paolo VI, il tempo per organizzare l’Evento era alquanto scarso; ma il Tribunale Supremo aveva decretato che nessun’altra data sarebbe stata più adatta per l’Intronizzazione del Principe se non la festa dei SS. Pietro e Paolo. E nessun altro luogo sarebbe stato migliore della Cappella di San Paolo, dal momento che si trovava nelle vicinanze del Palazzo Apostolico.
L’intera e delicata questione del Cerimoniale è stata affidata nelle sapienti mani del Guardiano di Roma, uomo fidato del Principe.
Egli era un esperto dell’elaborato Cerimoniale della Chiesa cattolica Romana, l’Esperto del Cerimoniale del Principe delle Tenebre e del Fuoco, prelato dal volto di pietra e dalla lingua biforcuta.
Il fine di ogni Cerimoniale, come lui ben sapeva, era quello di venerare “l’abominio della desolazione”.
Ma i fini ultimi erano quelli di assicurare che si compisse l’Ascesa del Principe nella Cittadella come una forza ineluttabile.
Il Guardiano affrontò di petto il problema della sicurezza. Gli elementi non appariscenti come il Pentagramma, le candele nere e i drappeggi, adatti all’occasione, potevano anche essere utilizzati nel Cerimoniale di Roma. Ma altre Rubriche, come il Contenitore di Ossa e il Frastuono Rituale, ad esempio, o le Bestie sacrificali e la Vittima, avrebbero dato troppo nell’occhio. Avrebbero dovuto compiersi una Intronizzazione Parallela e una Concelebrazione con gli stessi effetti da un Confratello in una Cappella Satellite Autorizzata.
Una volta trovati tutti i partecipanti in entrambe le Cappelle e individuati gli elementi necessari alla Cerimonia nella Cappella Romana, allora l’Evento si sarebbe svolto nella sua pienezza nell’area interessata. Erano necessari un’unanimità di cuori, un’unità d’intenti e una perfetta sincronia di parole e gesti tra la Cappella Satellite e la Cappella Madre. Le volontà e le menti dei Partecipanti dovevano concentrarsi per raggiungere lo Scopo del Principe, superando così ogni distanza.
La scelta della Cappella Satellite è stata piuttosto facile.
Nel corso degli anni, i fedeli del Principe a Roma avevano sviluppato un’unanimità di spirito impeccabile e una continua unione d’intenti con l’amico del Guardiano, Leo, Vescovo della Cappella nella Carolina del Sud.
Leo non era il suo vero nome. Era solo un soprannome che lo descriveva. La folta chioma brizzolata sulla sua testa grande sembravano, agli occhi di tutti, la cresta incolta di un leone. Durante i quasi quarant’anni da quando Sua Eccellenza fondò questa Cappella, il seguito e la blasfemia delle sue Cerimonie avevano imposto la sua supremazia in questi riti tanto che la sua Cappella era considerata da tutti come la Cappella Madre degli Stati Uniti.
Leo fu gratificato dalla scelta della sua Cappella come Cappella satellite e non ci fu nemmeno bisogno di spiegare che il fine ultimo non era quello di uccidere l’organizzazione Cattolico-Romana ma di trasformarla in qualcosa di veramente utile, rendendola omogenea e assimilabile ad un grande ordine mondiale che si fosse occupato esclusivamente di questioni umane con obiettivi prettamente umanistici.
Come esperti del loro calibro, il Guardiano e il Vescovo americano cominciarono a predisporre il doppio Evento Cerimoniale con una lista di nomi e un inventario di Rubriche.
La lista dei nomi del Guardiano, che conteneva i nomi dei Partecipanti nella Cappella Romana, era formata dagli uomini più illustri. Uomini di Chiesa di alto livello e laici importanti. Erano Servitori fedeli del Principe in seno alla Cittadella. Alcuni di loro furono selezionati, cooptati, istruiti e promossi nella Falange Romana nel corso degli anni, mentre altri erano rappresentanti della nuova generazione, istruita a portare avanti il volere del Principe per i prossimi decenni. Tutti sapevano che dovevano rimanere inosservati, questo perché la Legge dice: «La Garanzia del Nostro Domani è quella di Far Credere, Oggi, che Noi Non Esistiamo».
La lista dei Partecipanti di Leo, contenente sia uomini che donne che avevano lasciato il loro segno nella vita corporativa, governativa e sociale, fu proprio come il Guardiano se l’aspettava. Ma la Vittima, una bambina, doveva essere il prezzo degno per la Violazione dell’Innocenza.
La lista delle Rubriche, richiesta per il Cerimoniale Parallelo, si concentrava soprattutto sugli elementi che non dovevano effettuarsi a Roma. La Cappella Satellite di Leo doveva avere i seguenti oggetti: un set di Fiale contenenti Terra, Aria, Fuoco e Acqua. Il Contenitore di Ossa. I Pilastri Rossi e Neri. Lo Scudo.
Il problema della sincronia della Cerimonie tra le due Cappelle era familiare a Leo. I fascicoli in carta stampata, irreligiosamente chiamati Messali, sarebbero stati preparati per i Partecipanti di entrambe le Cappelle e, come di consueto, sarebbero stati redatti in impeccabile latino.
Il Messaggero Cerimoniale avrebbe avuto un collegamento telefonico in modo che i Partecipanti potessero prender parte alla Cerimonia, al momento opportuno.
Durante l’Evento, il battito del cuore di ciascun Partecipante doveva essere in perfetta sintonia per generare Odio e non amore.
La gratificazione del Dolore e la Consumazione dovevano essere raggiunti sotto il controllo di Leo, nella Cappella Satellite.
L’Autorizzazione, le Istruzioni e la Prova, ovvero i momenti culminanti dell’Evento, sarebbero stati diretti invece dal Guardiano, in Vaticano. Infine, se ognuno avesse fatto tutto il necessario nel rispetto della Legge, il Principe avrebbe finalmente Consumato la sua Vendetta più Antica, sconfiggendo il Debole.
L’Evento dell’Intronizzazione avrebbe creato una perfetta copertura, senza alcun intoppo, per nascondere il Principe all’interno della Chiesa ufficiale della Cittadella Romana. Intronizzato nelle Tenebre, il Principe sarebbe stato in grado di alimentare quella stessa oscurità come non mai. Amici e nemici sarebbero stati colpiti allo stesso modo. L’Oscurità della volontà sarebbe diventata così profonda da oscurare anche l’oggettività ufficiale dell’esistenza della Cittadella: la costante adorazione del Senza Nome. In tempo e alla fine, la Capra avrebbe espulso l’Agnello e sarebbe entrata in Possesso della Cittadella.
Il Vescovo Leo era fuori di sé dall’emozione. «L’incompiuto si sarebbe compiuto. Questo sarà l’apice della mia carriera, l’evento culminante del XX secolo!».
Era notte. Il Guardiano e alcuni Accoliti lavoravano in silenzio per preparare il tutto nella Cappella Madre di San Paolo. Un semicerchio di inginocchiatoi rivolto verso l’Altare. Sull’Altare vi erano cinque candelieri con delle candele nere. Un Pentagramma d’argento era posto sul Tabernacolo ed era coperto da un velo rosso sangue. Un Trono, simbolo del Principe Regnante, era stato posizionato alla sinistra dell’Altare. Le mura, con i fastosi affreschi rappresentanti gli eventi della vita di Gesù e degli apostoli, erano state ricoperte di tessuto nero ricamato d’oro con i simboli della storia del Principe.
Quando l’Ora era ormai vicina, i fedeli Servitori del Principe, in seno alla Cittadella, cominciarono ad arrivare. La Falange Romana. Tra loro, alcuni tra gli uomini più illustri che si potevano trovare nel Collegio, Gerarchia e burocrazia della Chiesa Cattolica Romana. Tra loro, inoltre, rappresentanti secolari della Falange, di pari importanza dei membri della Gerarchia.
Come, ad esempio, quell’uomo Prussiano che stava per entrare. Un primissimo campione della nuova razza umana, semmai ce ne fosse stata una. Non ancora quarantenne, era già un uomo importante in certi critici affari internazionali.
La luce delle candele nere risplendeva sulle lenti degli occhiali con montatura in acciaio e sulla sua testa calva, come fosse stato scelto. Scelto come Delegato Internazionale e Straordinario Detentore del Potere per l’intronizzazione, il Prussiano stava portando una borsa di pelle contenente le Lettere di Autorizzazione e le Istruzioni all’Altare, prima di prendere posto nel semicerchio.
A circa trenta minuti dalla mezzanotte, tutti gli inginocchiatoi erano occupati dall’attuale raccolto di una Tradizione del Principe, che era stata piantata, nutrita e coltivata in seno alla Cittadella, nel corso di circa ottant’anni.
La Cappella Satellite, una grande sala che si trova nei sotterranei di una scuola parrocchiale, era stata allestita osservando tutti i dettami delle Regole.
Prima l’Altare, posizionato sul lato nord della Cappella.
Sull’Altare, un grande Crocifisso con la testa rivolta a nord. Poco più avanti, il Pentagramma coperto da un velo rosso e ai lati due candele nere. Sopra, una Lampada del santuario rossa, accesa dalla Fiamma Rituale. Sul lato destro dell’Altare, una gabbia; dentro di essa, Flinnie, un cucciolo di sette settimane, sotto effetto di sedativo, per essere pronto al servizio del breve momento della sua utilità al Principe. Dietro l’Altare, ceri d’ebano in attesa di essere illuminati dalla Fiamma rituale.
Ora le mura sud. Su di una credenza, il Turibolo e il recipiente contenente pezzi di carbone e di incenso. Di fronte alla credenza, i Cuscini Rossi e Neri con sopra lo Scudo del Serpente e la Campanella dell’Eternità. Ora le mura est. C’erano le Fiale contenenti Terra, Aria, Fuoco e Acqua che circondavano una seconda gabbia.
Nella gabbia, una colomba, inconsapevole del suo destino, come simbolo non solo del Debole Senza Nome, ma anche dell’intera Trinità.
Il Leggio e il Libro pronti, di fronte alle mura ovest. Il semicerchio formato dagli inginocchiatoi rivolti a nord verso l’Altare. Vicino agli inginocchiatoi, gli Emblemi dell’Entrata: il Contenitore di Ossa sul lato ovest vicino alla porta; la Luna Crescente e la Stella a Cinque Punte con le Punte di Capra rivolte verso l’alto. Sopra ogni sedia, vi era una copia del Messale per l’uso dei Partecipanti.
I Partecipanti entrarono dalla porta. L’Arciprete e il Fratello Medico avevano già pronta la Vittima. Ancora una mezz’ora e il suo Messaggero Cerimoniale avrebbe cominciato a collegarsi telefonicamente con la Cappella Madre in Vaticano.
Vi erano requisiti differenti tra le due Cappelle sia per quanto riguarda l’allestimento sia per i Partecipanti.
Quelli della cappella di San Paolo, tutti uomini, indossavano vesti e fusciacche di rango ecclesiastico o impeccabili vestiti neri di rango secolare. Concentrati su un unico scopo, i loro occhi fissavano l’Altare e il Trono vuoto, sembravano veri fedeli e sembrava rappresentassero il clero più pio di Roma.
I Partecipanti americani nella Cappella Satellite erano sia uomini che donne, e, invece di sontuosi abiti, essi, una volta arrivati, si toglievano i loro abiti e indossavano l’abito rosso intero, senza cuciture e senza maniche, fino alle ginocchia, col collo a V e aperto davanti, prescritto per il Sacrificio dell’Intronizzazione. Una volta vestiti, i Partecipanti passavano di fronte al Contenitore di Ossa e, da lì,
ne prendevano un mucchietto e poi prendevano posto in semicerchio sugli inginocchiatoi rivolti verso l’Altare. Dopo che il Contenitore di Ossa fu quasi vuoto e gli inginocchiatoi quasi riempiti, ebbe inizio il Frastuono Rituale, rompendo il silenzio. Allo sbattere incessante delle Ossa, ogni Partecipante iniziò a parlare, a se stesso, al Principe o a nessuno. Non parlavano in modo sommesso, ma in una cadenza rituale inquietante. Il crescente borbottio di preghiere e suppliche e il continuo sbattere delle Ossa svilupparono una sorta di calore controllato. Il suono divenne rabbioso, come in ascesa verso la violenza. Divenne un concerto controllato del caos. Un lamento all’unisono di Odio e Rivolta. Un preludio concentrato della celebrazione dell’Intronizzazione del Principe di questo Mondo in seno alla Cittadella del Debole.
Leo uscì dallo spogliatoio con passo cadenzato e con indosso le vesti rosso sangue. Per un istante, gli sembrò che tutto fosse finalmente pronto per l’occasione. Il suo Concelebrante, l’Arciprete pelato e occhialuto, già vestito, accese un cero nero come primo segnale che l’Evento stava per iniziare. Aveva poi riempito un ampio Calice d’oro con del vino rosso e l’aveva coperto con un fazzoletto d’oro. Sopra il fazzoletto mise un’enorme ostia bianca di pane azzimo.
Un terzo uomo, Fratello Medico, era seduto su una panca.
Vestito come gli altri due Confratelli, teneva una bambina in grembo. Era sua figlia Agnes. Leo la guardava con soddisfazione perché sembrava calma e accondiscendente.
Indossava un camice largo bianco che le arrivava alle ginocchia.
E, come il suo cucciolo sull’Altare, fu leggermente sedata per adempiere al ruolo di Vittima sacrificale dei Misteri.
Consapevole del fatto che la Cappella Madre in Vaticano stava per essere collegata per iniziare il Cerimoniale, Leo fece un cenno col capo all’Arciprete, il quale si sedette vicino a Fratello Medico, prese la povera Agnes e la mise sul suo grembo.
Giunse l’Ora. Al rintocco della Campana dell’Eternità, tutti i Partecipanti nella Cappella di Leo si alzarono in piedi all’unisono. Messali alla mano, lo sbattere incessante delle Ossa di sottofondo, cominciarono a cantare a squarciagola la profanazione dell’Inno dell’Apostolo Paolo. «Maran Atha! Vieni, Signore! Vieni, Principe! Vieni! Vieni!».
Gli Accoliti, uomini e donne, ben preparati, si fecero strada dal vestibolo all’Altare. Dietro di loro, Fratello Medico che portava la Vittima all’Altare e la riponeva vicino al Crocifisso. Nell’ombra del Pentagramma velato, i capelli di Agnes che quasi toccavano la gabbia che conteneva il suo piccolo cagnolino. Dopo Medico, in ordine di rango, arrivò l’Arciprete che teneva il cero nero tra le mani e che prendeva posto alla sinistra dell’Altare. Per ultimo, il Vescovo Leo, che portava il Calice e l’Ostia, mentre cantava: «Falla diventare polvere!». Queste furono le ultime parole ell’antico canto sull’Altare, nella Cappella Satellite.
Il Messaggero Cerimoniale informò la sua Controparte Vaticana che le Invocazioni stavano per cominciare. Un silenzio improvviso avvolse la Cappella Americana. Il Vescovo Leo alzò solennemente il Crocifisso, che stava vicino al corpo di Agnes, lo capovolse contro la parte anteriore dell’Altare e, rivolto alla congregazione, alzò la sua mano sinistra invertendo i segni di benedizione: il dorso della mano verso i Partecipanti; il pollice e le due dita centrali contro il palmo; indice e mignolo alzati ad indicare le corna della Capra. «Invochiamo!».
In un’atmosfera di oscurità e fuoco, il Capo Celebrante, in ciascuna Cappella, intonò una serie di Invocazioni al Principe. I Partecipanti Cappelle rispondevano in coro.
Attento ad ogni dettaglio, il Vescovo Leo cominciò a guardare la Vittima. Anche se in uno stato semicosciente, Agnes ancora lottava. Ancora protestava. Ancora sentiva dolore. Ancora pregava con estrema tenacia. Leo rimase esterrefatto e pensò: «Che vittima perfetta. Così gradevole agli occhi del Principe». Senza fermarsi, Leo e il Guardiano proseguirono con le 14 Invocazioni, mentre i Gesti Convenienti che seguivano ogni Risposta divennero un teatro osceno di perversità.
Alla fine, il Vescovo Leo chiuse la prima parte del Cerimoniale con la Grande Invocazione: «Credo che il Principe di questo Mondo sarà Insediato questa notte nell’Antica Cittadella e, da lì, Egli creerà una Nuova Comunità».
La Risposta venne immediatamente dopo con voce tonante: «E il Suo Nome sarà la “Chiesa Universale dell’Uomo”».
Era il momento per il Vescovo Leo di prendere Agnes nelle sue braccia e di portarla all’Altare. Era il momento per l’Arciprete di alzare il Calice con la mano destra e la grande Ostia con la sinistra. Era il momento per Leo di condurre la Preghiera dell’Offertorio, attendendo dopo ciascuna Domanda Rituale la risposta dei Partecipanti, presa dai loro Messali.
Leo mise Agnes sull’Altare e premette l’indice della sua mano sinistra fino a quando il sangue iniziò a gocciolare dalla piccola ferita.
Trafitta dal freddo e dal crescere della nausea, Agnes si sentì sollevare dall’Altare, ma senza essere in grado di concentrare il suo sguardo. Sobbalzò all’improvvisa puntura sulla mano sinistra. Riuscì a capire solo alcune parole: “Vittima … Agnes … nata tre volte … Rahab Jericho …”.
Leo premette l’indice sul sangue di Agnes, lo mostrò ai Partecipanti perché vedessero, e cominciarono i Canti dell’Offertorio.
«Questo sangue della nostra Vittima è stato versato.
Perché il nostro servizio al Principe possa essere completo.
Perché Egli possa regnare supremo nella Casa di Giacobbe. Nella Nuova Terra dell’Eletto».
Ora era il turno dell’Arciprete. Calice e Ostia ancora alzati, egli diede la Risposta Rituale dell’Offertorio.
«Ti porto con me, Vittima Pura. Ti porto nel Profano nord. Ti porto al Cospetto del Principe».
L’Arciprete mise l’Ostia sul petto di Agnes e tenne il Calice con il vino sul suo inguine. Con vicini a sé l’Arciprete e l’Accolito Medico, il Vescovo Leo si mise a guardare il Messaggero Cerimoniale. Una volta rassicurato che il Guardiano dal volto di pietra e la sua Falange Romana erano in perfetta sincronia, egli e i suoi celebranti iniziarono a intonare la Preghiera della Supplica.
«Ti chiediamo, nostro Signore Lucifero, Principe dell’Oscurità, Raccoglitore di tutte le nostre Vittime, di accettare la nostra offerta, sulla Commissione di tanti Peccati».
Poi, in perfetta sintonia, il Vescovo e l’Arciprete pronunciarono le parole più sacre della Messa latina. Quando alzarono l’Ostia, recitarono le seguenti parole: «HOC EST ENIM CORPUS MEUM”. Quando alzarono il Calice: «HIC EST ENIM CALIX SANGUINIS MEI, NOVI ET AETERNI TESTAMENTI, MYSTERIUM FIDEI QUI PRO VOBIS ET PRO MULTIS EFFUNDETUR IN REMISSIONEM PECCATORUM. HAEC QUOTIESCUMQUE FECERITIS IN MEI MEMORIAM FACIETIS».
Immediatamente, i Partecipanti riposero rinnovando il Frastuono Rituale; un diluvio di confusione, una babele di parole e sbattere di Ossa, con gesti sparsi di ogni genere, mentre il Vescovo mangiava un piccolo frammento di Ostia e prendeva un piccolo sorso dal Calice.
Al segnale di Leo – ancora il Segno della benedizione invertita – il Frastuono Rituale si trasformò in un caos più ordinato nel momento in cui i Partecipanti cominciarono ubbidientemente a formare delle file. Passando accanto all’Altare per ricevere la Comunione – un pezzo d’Ostia e un sorso dal Calice – essi avevano anche l’opportunità di guardare Agnes. Poi, ansiosi di non perdere nemmeno un istante della Violazione Rituale della Vittima, essi tornarono velocemente ai loro posti e guardarono il Vescovo con ammirazione, quando questi concentrò tutta la sua attenzione sulla bambina.
Agnes provò con tutte le sue forze a liberarsi quando il Vescovo le si avvicinò. Anche in quel momento, Agnes girò il capo come per cercare aiuto, in quel posto spietato. Infatti, non c’era un barlume di speranza per lei. C’era l’Arciprete che aspettava il suo turno per compiere il sacrilegio.
Suo padre era lì ad aspettare. C’era il fuoco che proveniva dai ceri neri che rifletteva il rosso nei loro occhi. Il fuoco stesso bruciava in quegli occhi. Dentro i loro occhi.
Fuoco che sarebbe rimasto acceso anche dopo che lo spegnimento delle candele. Un Fuoco che sarebbe bruciato per sempre…
Leo si rizzò all’Altare, il suo volto coperto di sudore ed eccitato, il suo momento supremo di trionfo personale. Un cenno del capo al Messaggero Cerimoniale al telefono.
Un momento di pausa. Un cenno del capo di risposta: Roma era pronta.
«Dal potere conferitomi come Celebrante Parallelo del Sacrificio e come Esecutore Parallelo dell’Intronizzazione, io guido tutti i Partecipanti qui e di Roma ad invocarTi, Principe di tutte le Creature! Nel nome di tutti i qui presenti nella Cappella e di tutti i Fratelli della Cappella di Roma, Ti invoco, o Principe!».
La seconda Preghiera di Investitura la condusse stavolta l’Arciprete. E disse: «Vieni, prendi possesso della Casa del Nemico. Entra nel palazzo che è stato preparato per Te. Discendi tra i Tuoi Fedeli Servitori, che hanno preparato il Tuo letto, che hanno eretto il Tuo Altare e lo hanno benedetto con infamia».
Era giusto e adeguato che il Vescovo Leo offrisse l’Ultima Preghiera d’Investitura della Cappella Satellite: «Nel rispetto delle Istruzioni Sacrosante della Vetta della Montagna, nel nome di tutti i Confratelli, ora Ti adoro, Principe delle Tenebre. Con la Stola di tutte la Empietà, io ora pongo nelle Tue mani la Triplice Corona di Pietro, secondo la adamantina volontà di Lucifero, cosicché Tu possa regnare qui, cosicché ci possa essere un’unica Chiesa, una Chiesa Universale, una Vasta e Potente Congregazione fatta di Uomini e Donne, di animali e piante, cosicché il nostro Cosmo possa essere di nuovo uno, immenso e libero».
Dopo queste ultime preghiere e dopo l’ultimo gesto di Leo, tutti si sedettero. Il Rito passò alla Cappella Madre di Roma.
L’Intronizzazione del Principe in seno alla Cittadella del Debole era ormai quasi terminata. Rimanevano ancora la Legge di Autorizzazione, la Legge delle Istruzioni e la Prova. Il Guardiano guardò dall’Altare il Delegato Internazionale Prussiano che aveva portato la Borsa di pelle con le Lettere di Autorizzazione e le Istruzioni. Tutti cominciarono a guardarlo quando egli lasciò il suo posto e si diresse verso l’Altare. Prese la borsa in mano, rimosse le carte e lesse la Legge di Autorizzazione con un forte accento: «Come voluto dagli Anziani Sacrosanti e dall’Assemblea, istituisco, autorizzo e riconosco questa Cappella da ora in avanti come la Cappella Interna, presa, posseduta e appropriata da Lui, Colui il quale abbiamo insediato Signore e Comandante del nostro destino umano.
Chiunque, attraverso questa Cappella Interna, sarà designato e scelto come successore finale dell’Ufficio Papale, dovrà giurare lui stesso e tutti coloro che egli comanderà di essere il volonteroso strumento e collaboratore dei Fondatori della “Casa dell’Uomo sulla Terra” e su tutto il Cosmo dell’Uomo. Dovrà trasformare l’antica Ostilità in Amicizia, Tolleranza e Assimilazione, perché queste saranno applicate ai modelli di nascita, educazione, lavoro, economia, commercio, industria, apprendimento, cultura, modi di vita e dare la vita, morte e come affrontare la morte. Così sarà modellata la “Nuova Era dell’Uomo”».
Il successivo ordine dei Rituali, la Legge delle Istruzioni, era una promessa solenne di tradimento con la quale ciascun chierico, presente nella Cappella di San Paolo, Cardinale, Vescovo o Monsignore che fosse, avrebbe dissacrato intenzionalmente e deliberatamente il Sacramento dell’Ordine Sacerdotale con cui gli erano stati conferiti grazie e potere.
Il Delegato Internazionale alzò la mano sinistra. «Voi tutti, avendo udito questa autorizzazione, ora giurate solennemente di accettarla intenzionalmente, inequivocabilmente, immediatamente e senza alcuna riserva?».
«Lo giuriamo!».
«Voi tutti giurate solennemente che la vostra amministrazione sarà volta a soddisfare il volere della “Chiesa Universale dell’Uomo?”».
«Lo giuriamo solennemente!».
«Voi tutti siete pronti a firmare questa volontà con il vostro stesso sangue, che Lucifero vi punisca se non siete stati fedeli a questa Promessa d’Impegno?».
«Siamo pronti e disposti!».
«Voi tutti accettate che, con tale Promessa, trasferirete la vostra Anima dall’Antico Nemico, il Debole Supremo, nelle mani dell’Onnipotente nostro Signore Lucifero?».
«Lo accettiamo!».
Poi fu il momento del Rito Finale, la Prova.
Con i due documenti posti sull’Altare, il Delegato porse la sua mano sinistra al Guardiano. Con uno spillo d’oro, il Guardiano punse il pollice sinistro del Delegato e fece imprimere l’impronta del dito insanguinato sul nome del Delegato scritto sulla Legge di Autorizzazione.
Subito dopo, fu il turno di tutti gli altri Partecipanti del Vaticano.
Quando tutti i membri della Falange ebbero soddisfatto quest’ultima richiesta Rituale, una piccola campana d’argento suonò nella Cappella di San Paolo.
Nella Cappella Americana, la Campanella dell’Eternità suonò tre volte. Din! Don! Dan!
In ordine di rango i Partecipanti iniziarono ad uscire: prima, gli Accoliti; poi, Fratello Medico, con Agnes tra le braccia; alla fine, l’Arciprete e il Vescovo Leo che continuavano a cantare, mentre si stavano ritirando in sagrestia.
I membri della Falange Romana uscirono dalla Corte di San Damaso, all’alba della festa dei SS. Pietro e Paolo. Alcuni dei Cardinali e alcuni Vescovi ricambiarono i saluti delle rispettose guardie di sicurezza con un distratto segno di croce di benedizione sacerdotale tracciato in aria, mentre entrarono nelle loro limousine. Dopo poco, le mura della Cappella di San Paolo brillarono di luce, come sempre, con i meravigliosi affreschi e dipinti di Cristo e dell’Apostolo Paolo, il cui nome è stato preso dall’ultimo
discendente di Pietro».