Perché, a parte qualche atto di eroismo, le masse non si ribellano alle politiche sanitarie governative? Perché la Chiesa ha sposato la vulgata dei poteri ufficiali e perchè il nostro Paese è permeato ancora di cultura di Sinistra, dalla scuola ai media. Ma anche perché la democrazia in Italia ha corrotto più che costruito, ha indebolito e fiaccato più che mobilitato e impegnato. Intervento di Stefano Fontana dalle colonne della Nuova Bussola Quotidiana
In Italia la resistenza alle politiche sanitarie governative, motivate politicamente più che scientificamente e fondate sul mantenimento di una emergenza continua che permetta il controllo della popolazione e il congelamento della vita politica, c’è ma dovrebbe e potrebbe essere anche superiore.
Ci sono anche forme “eroiche” di resistenza, come quelle di chi accetta la sospensione dal lavoro, privandosi di stipendio e contributi pensionistici, oppure di chi sistematicamente si sottopone a tre tamponi a settimana, o di chi è prepotentemente spinto a vaccinarsi sotto ricatto dell’ordine professionale cui appartiene pena l’espulsione e tiene duro.
In generale, però, l’opposizione rimane molto significativa ma non sembra sfondare la soglia di un atteggiamento di massa, anche davanti alla prevedibile terrificante decisione di vaccinare i bambini. Mi chiedo il perché di questo fatto, pur tenendo conto che l’informazione ufficiale da due anni è propaganda, sicché anche i dati sulla resistenza non emergono con chiarezza.
Un motivo deriva, credo, dalla scelta fatta dalla Chiesa italiana, che compattamente, senza se e senza ma, si è fatta fin da subito filo-governativa, sposando senza minimamente ragionarci sopra la vulgata fornita dai poteri ufficiali e non ufficiali.
In altri contesti ecclesiali qualche vescovo dissenziente c’è stato e, per esempio, i vescovi della Croazia hanno ribadito la loro contrarietà alla vaccinazione obbligatoria come a quella tramite ricatto, difendendo la libertà sanitaria (peccato che poi abbiano ceduto a pressioni e siano tornati sui loro passi).
In Italia niente di tutto questo è avvenuto e la Chiesa ha contribuito ad imbavagliare i cittadini e a coprire loro gli occhi e le orecchie. In Italia, come in tante altre parti del mondo, la Chiesa ha perso influenza, però questa sua presa di posizione così convintamente allineata non solo ha messo la museruola a molte coscienze titubanti ma anche prestato il destro per venire strumentalizzata dal potere: vedete, anche la Chiesa lo dice!
In Italia la resistenza alle politiche sanitarie governative, motivate politicamente più che scientificamente e fondate sul mantenimento di una emergenza continua che permetta il controllo della popolazione e il congelamento della vita politica, c’è ma dovrebbe e potrebbe essere anche superiore.
Ci sono anche forme “eroiche” di resistenza, come quelle di chi accetta la sospensione dal lavoro, privandosi di stipendio e contributi pensionistici, oppure di chi sistematicamente si sottopone a tre tamponi a settimana, o di chi è prepotentemente spinto a vaccinarsi sotto ricatto dell’ordine professionale cui appartiene pena l’espulsione e tiene duro. In generale, però, l’opposizione rimane molto significativa ma non sembra sfondare la soglia di un atteggiamento di massa, anche davanti alla prevedibile terrificante decisione di vaccinare i bambini. Mi chiedo il perché di questo fatto, pur tenendo conto che l’informazione ufficiale da due anni è propaganda, sicché anche i dati sulla resistenza non emergono con chiarezza.
Un altro motivo dipende dalla diffusione massiccia nel nostro Paese della cultura “di sinistra” e cosiddetta progressista. Mentre la cultura alternativa, conservatrice o di destra, non si fa sentire se non tramite qualche voce isolata, la cultura di sinistra esprime la posizione ufficiale a) delle istituzioni, b) della scuola; c) dei media nazionali; d) degli intellettuali; e) dei sindacati di ogni categoria; f) di molti partiti non solo di sinistra. A questa cultura “di sinistra” appartiene anche l’apparato ecclesiastico e gran parte del mondo cattolico. In questo caso si è quindi prodotto un nuovo “blocco storico” i cui soggetti si sono mossi all’unisono. emarginando sia l’opposizione sia i pochissimi eretici interni come Cacciari e Agamben.
Ora, questo “blocco storico” che in occasione della pandemia ha mosso in combinata tutto il proprio apparato, compresa perfino la “pubblicità progresso”, e che ha imposto un nuovo patriottismo del vaccino, ha molto a che fare con la storia italiana, risalendo infatti a Gobetti e Gramsci e passando per le note vicende del comunismo italiano. Si è visto così attuato il progetto di muoversi come un cervello che pensa con mille cervelli. Si tratta del mito della Resistenza al fascismo riattualizzato e i nuovi partigiani si sentono dalla parte della storia anche perché, avendo ormai conquistato il potere sia culturale che politico, dicono quanto dice anche l’ufficialità. La sintesi del blocco storico è infatti rappresentata oggi da Sergio Mattarella e, in seconda linea ma nella stessa linea, da Mario Draghi. Il nuovo male assoluto è il rifiuto del vaccino e i nuovi fascisti sono coloro che non vogliono vaccinarsi. Il progressismo è sempre molto sbrigativo nei suoi giudizi storici e senza nuovi capri espiatori da “impiccare” non andrebbe molto lontano.
Poi, però, bisognerà anche pensare ad un altro possibile motivo. La democrazia in Italia ha corrotto più che costruito. Ha indebolito e fiaccato più che mobilitato e impegnato. Oggi, infatti, verso la politica prevale scetticismo e distacco. La strategia della paura adoperata in occasione della pandemia colpisce una massa già ampiamente frammentata, indebolita nelle convinzioni, incline alla retorica ufficiale per non avere guai, privata di mezzi reali per criticare e di argomenti per “disobbedire”. La politica ha allontanato le masse da sé, non per un incidente, ma perché in questo modo il governo è più agevole. La impoliticità delle masse può essere molto utile alla politica.
È qui che si coglie il sottile, ma profondo, nesso tra democrazia e forme totalitarie. Anche le democrazie possono assumere atteggiamenti totalitari, come provato oltre ogni possibile dubbio dall’enorme letteratura in proposito. Ma “possono” oppure “devono”? Questa è la cosa da vedersi. Tra democrazia e totalitarismo c’è solo un rapporto accidentale o anche uno sostanziale? La democrazia con presupposti indisponibili ha meno possibilità di diventare totalitaria; la democrazia priva di presupposti indisponibili lo diventa senz’altro. Bene, la storia della democrazia italiana dimostra che essa ha via via eliminato tutti i suoi presupposti indisponibili, nonostante la retorica sui valori democratici, sicché non ha molte difese da opporre a forme incipienti di totalitarismo.