Getsemani. Riflessioni sul Movimento Teologico Contemporaneo - decima e ultima parte

GETSEMANI

Getsemani, è la porta del santuario attraverso la quale la Storia ritrova il suo vero volto e il suo vero ordine, nell'intendimento e nella coscienza dell'uomo liberato. È il santuario dove si è spiritualmente compiuta, nella solitudine, la suprema offerta, affinché l'uomo, ogni volta unico, e tutta la stirpe degli uomini possano ritrovare l'ordine eterno della loro creazione e avere così la possibilità di entrare per grazia nella gioia della diretta contemplazione del Creatore.

Soltanto nel raggio del Getsemani la teologia può essere spogliata di ogni vano diletto intellettuale, di ogni lettera morta e di ogni rigido schema di pensiero, di ogni aridità del cuore, di ogni illusione di autonomia e di ogni torpore di febbrile attività naturalista. Soltanto in quel luogo l'intendimento e la volontà sono liberati dalla verità conformemente alla parola di Cristo, perché là il Redentore ha vissuto nella sua intimità umana, con tutto il suo amore divino, la Croce della storia degli uomini.

E nel segreto dell'agonia di Gesù di Nazareth, si può intravedere il significato dell'uomo nel mistero della storia degli uomini. Nel mistero del Getsemani si svelano i due più grandi, più struggenti e più dolci misteri: l'Incarnazione di Dio in uomo perfetto in Maria e la generazione della Chiesa santa nella relatività dell'uomo temporale.
Nel popolo d'Israele, ci sono stati molti Santi e molti Profeti. Ci sono state molte anime che hanno sofferto per il loro popolo e che hanno saputo amare Dio fino al sacrificio totale. Ci sono state molte anime forti e grandi che hanno penetrato per grazia di Dio i segreti della Natura, più di quanto non l'abbiano fatto gli uomini di scienza delle future generazioni.

Ma l'uomo della notturna agonia sul monte degli ulivi era l'Essere di un'altra economia; corrispondeva ad un'altra necessità, ad un'altra attesa della creazione. E per tale motivo questa agonia non solo concerne ogni uomo, ma è ontologicamente vincolata ad ogni uomo. L'uomo non è vincolato all'agonia di Cristo soltanto con l'immaginazione e la compassione per qualcuno che soffre ingiustamente. L'uomo vi è vincolato perché è stato il soggetto dell'offerta solitaria nel giardino del Getsemani, che non era un atto morale, ma un'azione di essere.

Il «Fiat» della Vergine Maria ha avuto come immediata conseguenza un evento nella natura dell'essere umano, un evento ontologicamente nuovo. Le parole con le quali il Cristo si abbandona totalmente alla volontà del Padre costituiscono il secondo «Fiat» dell'economia della salvezza dell'uomo. Il «Fiat» del Getsemani fu la conseguenza, in una nuova tappa, del primo «Fiat» dell'essere umano di Maria. Il secondo «Fiat», pronunciato e compiuto dall'Essere generato da Dio nella natura umana, ha avuto come conseguenza l'unione di Dio con le esistenze di tutti gli uomini, cioè con l'esistenza di tutti gli esseri che costituiscono la Storia degli uomini.

Quale potrebbe essere la finalità di tutta la sofferenza della Croce accettata da prima? Una tale offerta non è concepibile senza concepire, fievolmente che sia, il perché di questa offerta. E appare, allora, in tutta la sua luminosa semplicità, l'essenza della misteriosa agonia di Cristo.

«Padre, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu». Quando Gesù ha pronunciato questo «se è possibile», chiedeva di essere liberato dall'onere della salvezza delle anime? Quando il suo spirito ha lanciato questo appello, aveva improvvisamente preferito, non sarebbe che solo per qualche istante, di distaccarsi dalla sua missione e poi vivere, invecchiare e spegnersi un
giorno, secondo la sorte di ogni uomo? Sono pensieri che svaniscono come vane finzioni dell'orgoglio dell'uomo; svaniscono quando il nostro intendimento e il nostro cuore penetrano umilmente e con 
abbandono nel raggio del Getsemani. Là, le nostre categorie, secondo le quali percepiamo e giudichiamo, sfumano, o piuttosto sono trasformate, prendendo un altro tenore e un'altra ampiezza. E così, tanto l'intendimento come il cuore, in un'armonia di pace, ricevono il mistero dell'Essere che pregava prostrato a terra per la salvezza degli uomini. L'appello, infatti, del «se è possibile» non significava la stanchezza e che il Cristo preferisse che un altro si addossasse la salvezza degli uomini. Cristo non pregava soltanto per lui; pregava in nome di tutti gli uomini, ai quali si era vincolato 
con la sua offerta: «come vuoi tu».

Cristo, Persona unica di essenza divina, come Redentore degli uomini, viveva interiormente nella sua pienezza umana, la sofferenza d'inconcepibile amore di fronte alla cattiveria e al peccato che generavano la sua Passione e la sua Morte. Allora l'anima, con tutto il suo potenziale d'intelligenza e di amore, penetra nel mistero dell'Incarnazione e dell'agonia del Getsemani e capisce che la redenzione dell'uomo non è stata opera di un nuovo insegnamento, e l'esempio di una grande perfezione, sconosciuta fino allora. L'uomo capisce che la sua Redenzione non è consistita in un rinnovamento morale, è stata innanzi tutto un atto che ha riguardato il principio dell'essere dell'uomo, che ha riguardato la rigenerazione della legge della generazione dell'uomo.

Se non ci fosse stato un uomo generato dalla Parola del Creatore, la Redenzione dell'uomo sarebbe sempre un'attesa di rinnovamento morale. Questo insegnamento e questo esempio, i Profeti e i Santi d'Israele li avevano compiuti e avrebbero potuto compierli ancora. Ma l'atto iniziale della nuova generazione, per il diretto intervento di Dio, non sarebbe stato compiuto; e l'intervento ontologico divino nella stirpe di Adamo non sarebbe stato compiuto.

Ebbene, l'Essere che pregava prostrato a terra nel giardino del Getsemani era esattamente questa penetrazione ontologica di Dio nella stirpe di Adamo. Dio ha suscitato un essere con il suo proprio Verbo divenuto così uomo, avendo preso «forma» di uomo nell'organismo naturale umano.

L'uomo, nonostante tutte le sue ricerche e le sue indagini, non può penetrare con i propri suoi mezzi il segreto della differenza di livello dei popoli, sia nel passato come nel presente. Raramente si giunge a distinguere da lontano nella profondità del presente la vera immagine iniziale dell'uomo e dell'umanità, perché abbiamo perso la freschezza e il gioioso e continuo stupore della contemplazione, attiva e sempre
nuova, dell'infinita Realtà di Dio Creatore.

Questa perdita c'impedisce di poter sempre percepire la grazia e il continuo miracolo dell'esistenza di ogni cosa, e c'impedisce di percepire il «semplice naturale» delle opere che superano la nostra propria esperienza, delle grandi opere miracolose del nostro Dio Creatore. 
L'uomo non può mai afferrare, con le sue ricerche e le sue invenzioni di curiosità, l'inizio delle cose e degli esseri.

Perciò incontriamo difficoltà nel concepire il misterioso atto di amore e di armonia che si è compiuto con il primo «Fiat» della Vergine Maria. Tuttavia è quest'atto che ha permesso all'Essere, che pregava con il volto coperto di sudore di sangue, di unirsi ontologicamente all'esistenza di ogni uomo, nel disordine anarchico e doloroso della Storia. Ed è questa unione che offre all'uomo la possibilità 
di diventare un essere nuovo e di conoscere che in lui s'innalza una seconda volontà che è in lotta con la prima volontà della sua natura in disordine: il disordine del peccato.

E questa unione particolare fu compiuta dal «Fiat» del Getsemani: «Non come voglio io, ma come vuoi tu». Questa unione, infatti, era il soggetto della preghiera dell'agonia e del «Fiat»; e fu la causa della Croce che sarebbe seguita. L'agonia del Getsemani, nel suo mistero ontologico, non sarebbe stata possibile, se l'Essere dell'agonia non fosse stato l'Essere dell'Incarnazione. L'agonia del Cristo esprime la sofferenza nello spirito e nel cuore e di conseguenza in tutta la natura umana; sofferenza che appartiene a questo unico Fiat d'amore indicibile: unirsi all'esistenza di tutti gli esseri umani che costituiscono la Storia.

L'unica Persona, che da sempre possiede la conoscenza oggettiva di ogni cosa, è Colui che è stato concepito a Nazareth, e Colui che è stato concepito a Nazareth è Dio. Soltanto Colui che al Getsemani, si è unito all'esistenza di ogni uomo, avendo accettato per amore di soffrire, nel suo essere unico, il dolore di tutti i secoli, conosce con assoluta oggettività quella che noi chiamiamo Storia. È Colui che, dopo la sua sofferenza interiore e universale al Getsemani, ha sofferto i dolori fisici e morali del martirio e della morte sulla Croce; Colui che, uomo e Dio per l'eternità, ha risolto per tutti gli uomini nel suo essere il mistero d'iniquità, con la sua Resurrezione.

L'uomo desidera l'oggettività, come desidera la vita eterna. Solo il Maestro della vita eterna può dare all'uomo l'oggettività. L'uomo non può progredire in conoscenza oggettiva se non unendosi sempre più al Signore della Storia, che per lui ha detto il «Fiat» del Getsemani. Quando l'uomo riceve questa verità, tutte le leggi, le norme e le categorie della ragione umana si rigenerano e viepiù si liberano dagli impedimenti delle opere morte e delle parole morte. A misura che l'uomo sottomette Dio e le opere di Dio al suo desiderio spesso molto sottile ma impetuoso di autonomia, svaniscono le vere leggi della ragione umana e si pietrificano le categorie.

Soltanto il soggetto completamente libero può essere totalmente oggettivo. Per questo l'uomo, soltanto nella misura in cui riceve intimamente con amore la Rivelazione del Soggetto assoluto, può ottenere oggettività nella sua visione degli esseri e delle coseL'oggettività del sapere dell'uomo, ossia il grado di vera conoscenza dipende dalla sua unione ontologicamente spirituale con Colui che possiede tutta la realtà oggettiva, perché Egli è l'eterna Verità incarnata per l'eternità.

Questa fondamentale verità esclude dal cammino dell'uomo verso la conoscenza ogni teoria pluralistica. L'uomo non si trova di notte nella foresta, senza sapere dove andare e non è «una successione di momenti». È un essere dotato di memoria, e questo lo pone simultaneamente sia nel tempo come fuori del tempo. Infatti per il dono della memoria valica il tempo, e la «successione dei momenti»; l'uomo nel
corso della sua esistenza, arricchendosi indefinitamente e sviluppandosi continuamente, permane immutabile come essere e come potenziale di arricchimento e di espansione all'infinito. Il Cristo segue tutto il cammino dell'umanità ed è lo stesso ieri e oggi e nell'eternità.

Scartando la Rivelazione per cogitare su Dio e il mondo, fondandoci, per sottile desiderio di autonomia, esclusivamente sui nostri propri mezzi d'indagine, perdiamo ogni possibilità di oggettività ed entriamo nella «notte esistenziale». Infatti per lo spirito è notte fonda, quando l'uomo, tutte le sue facoltà d'intendimento e di azione sono fissate sui «momenti fuggevoli», sull'«essere-qui» o l'«essere-là». Questo sguardo esistenziale, ossia il fatto di considerare tutte le cose senza fare continuo riferimento alla nostra più profonda realtà, al di là di ogni gioco del linguaggio delle parole esterne, elimina, nel nostro andare, la nostra propria realtà di coscienza e di memoria. Ed è impossibile riconoscersi ed essere veridici, perché rifiutare il Signore dell'oggettività equivale a rifiutare ontologicamente la verità.

La relatività dei momenti che trascorrono non può colpire l'essere che conosce e che ama. Quando però l'essere si lascia prendere dalla relatività, entra nel turbinio del discorso esistenziale, cosa che impedisce all'uomo di avere una vera immagine della sua esistenza e della nozione dell'esistenza. Il discorso può essere indefinito; e senza fine la coniatura dei vocabolari e delle espressioni; è il triste gioco di una falsa
filosofia che rifiuta di sottomettersi per ogni cosa al Signore della Storia, che è la Verità incarnata, che è l'eterno ordine di tutto il molteplice dell'universo e della Storia.

Quando, nel nostro spirito e nel nostro cuore, si svela il mistero del Getsemani e il suo rapporto con il «Fiat» dell'Annunciazione, un intero linguaggio diviene caduco, infatti ci si accorge che la Storia non può svelare alcun segreto né in merito alle leggi che la governano, né in merito ai fini ultimi dell'uomo. Essa non lo può, perché non ha né conoscenza né coscienza. Una sola cosa può insegnare: il Sovrano della Storia ha detto il «Fiat» della sofferenza e dell'unione con l'esistenza di tutti gli uomini, per 
liberare ogni uomo, ogni volta unico, dalla morte e farlo entrare in un'altra realtà di vita eterna.

Riferirsi ogni volta, alla Storia, per evitare di riferirsi al Sovrano della Storia, è voler parlare alla polifonia, senza rivolgersi né a colui che ne ha composto la musica né a coloro che la eseguono. Solo il Creatore delle leggi e dei fini può conoscere la realtà dei fini ultimi di ogni cosa, il Creatore e coloro ai quali Egli lo rivela e che accolgono con umiltà e amore la sua Rivelazione.

Ogni uomo non può essere redento come società. E' la Redenzione di ogni persona a creare un insieme di persone redente. È per amore per ogni persona d'Israele, per ogni Israelita, che Simeone ha avuto la gioia di ricevere nelle sue braccia il Redentore. Aveva ricevuto il messaggio divino, secondo il quale avrebbe dovuto vedere il Redentore prima di morire. E quando l'ha visto, ha provato gioia per la redenzione non di un'entità astratta, ma per tutti coloro che sarebbero redenti, e non a causa di un 
desiderio di uno stato forte e fiorente nella storia, per questo ha detto: «Nunc dimittis servum tuum, Domine».

È stato lieto per la Luce di tutti gli uomini, che era il Cristo e per la gloria d'Israele. Questa Gloria era il Cristo, che chiamava ogni Israelita alla salvezza. Giacché Israele non era un'idea; era un insieme in cui ciascun membro era chiamato alla redenzione. Il giovane, il carissimo giovane potrà trovare nel mistero del «Fiat» del Getsemani, la via della conoscenza del mistero dell'uomo nella Storia, via nascosta ma piena di luce. E vedrà rischiararsi davanti a lui l'enigma della Chiesa, e conoscerà una profonda gioia, la gioia che come il Cristo ha detto, nessuno può togliere.

Avrà grandi certezze sulle realtà naturali e soprannaturali. E avrà una grande pace, la pace di verità, che soltanto il Cristo dà. Capirà con tutto il suo essere che il mistero dell'Incarnazione del Dio inconcepibile, nella nostra povera e debole carne contiene l'intero segreto dell'origine dell'uomo, del dolore della terra e dei veri fini ultimi. Capirà che soltanto il Maestro dell'oggettività, tramite l'accoglienza da parte nostra
della sua identità divina e nel contempo umana, può istruirei sul senso del tempo e dell'eternità, e sulla vanità di credere che si possa alterare la nozione dell'eternità e della speranza nell'eternità, invitando gli uomini, in nome di Dio, a «scoprire il tempo».

Capirà perché il Cristo ha rifiutato di essere giudice della divisione dei campi di due fratelli, e perché in tutto il suo insegnamento, presenta agli sguardi degli uomini di ogni condizione la medesima via per entrare nella vita eterna. Capirà nella più profonda intimità del suo essere, che tutto quel che evolve, prima di evolvere e dopo, è,. e che tutto quel che muta, ogni arricchimento e impoverimento non distrugge né altera questa realtà dell'essere che si arricchisce o s'impoverisce. E nell'impalpabile e aspaziale realtà di essere dell'uomo c'è un'immensità: la coscienza e la memoria. Chi rinnega questa immensità, si rinnega ed entra nell'anarchico ed esistenziale vicolo cieco, dove non può realmente incontrare il Maestro di ogni oggettività. È una folle corsa dietro il miraggio dell'«essere-là» o l'«essere-qui»; il miraggio di poter stabilire un linguaggio e fondare una scienza dell'uomo sul mutevole, e non su quel che è, che si ricorda e che ha coscienza di essere, e che è portato ad adorare; essere portato significa che ci si muove, e l'adorazione significa una stabilità che abbraccia e armonizza quanto si muove ed ogni movimento. 

Capirà che comprendere la Storia al di fuori del «Fiat» del Verbo incarnato, dell'Uomo-Dio al Getsemani è una vana finzione, che può offrire l'occasione di creare veri miti di filosofia della storia, o anche di teologia della storia. Non si può strappare, a forza d'informazione e di parallelismi, il segreto della vita dell'insieme degli uomini. Tutte le esperienze di tutte le scienze umane e naturali, tutte le profezie sull'avvenire dei popoli e sull'avvenire della Chiesa riguardano, coscientemente o meno, la vita al massimo nel limite di un secolo, di quest'uomo che ha un'anima immortale.

Capirà che la Chiesa, sin dall'inizio, a causa della sua origine e della sua intima essenza, ha avuto e avrà fino alla fine del mondo la fervente preoccupazione del bene di tutti gli uomini. Tale bene comporta ogni cosa che addolcisca il cuore e mantenga la vita fisica fino alla fine quando l'uomo lascia la storia per l'eternità. Capirà che è una vana o perversa finzione di opporre l'identità e la missione della Chiesa al bene reale, naturale e sociale degli uomini; è una vana finzione alterare la sua missione e adattarla alle prospettive temporali, che sempre sono temporanee.

Capirà che l'avvenire dell'umanità non può essere la liberazione dell'uomo nel suo secolo, che nella misura in cui quest'uomo avrà pensato e operato, acciocché gli innumerevoli uomini, che popoleranno il tempo in fuga, possano uscire dalla Storia, alla fine della loro vita, verso la luce eterna.

Capirà che è una vana finzione, incosciente o perversa, mettere in contrapposizione, nella coscienza dei battezzati: persona e gruppo, essere umano e comunità, anima chiamata alla vita eterna e umanità. L'”Apocalisse”, parlando e profetizzando a proposito dell'avvenire della Chiesa e dell'umanità, parla della fede e della salvezza di ciascun uomo. La nuova Gerusalemme che discende dal Cielo non può significare - in qualunque interpretazione dell'immagine - se non un insieme ordinato, dove ciascun essere umano adora e gode l'immenso mistero del Signore. «Vieni, Signore Gesù». Sì, vieni per far entrare tutti gli uomini, se è possibile, nella vita eterna del tuo Regno.

Capirà che tutti i tradimenti conosciuti e sconosciuti di pochi o di molti membri della Chiesa, la grettezza d'animo, la ristrettezza di mente, la crudeltà ed ogni infedeltà, che la Chiesa ha potuto avere e vivere nel suo seno, non sono che la corrispondenza del sudore di sangue al Getsemani e delle piaghe e del sangue della Croce. Per questo occorre pensare al santo Essere dell'Uomo-Dio. Non si può né cambiare né abbandonare il Signore a motivo delle sue piaghe.

Capirà che la Chiesa, malgrado le sue piaghe, porta non soltanto nella sua bocca, ma nel suo cuore la Verità e la Vita, perché il suo cuore è quello di Cristo. Capirà che tutta la Creazione, tutto quel che è, è il segno di una realtà immutabile, e l'uomo può leggere e riconoscere indefinitamente questo immutabile. L'uomo può, in seno ad ogni situazione, situazione calma, o esplosiva come nei nostri giorni, imparare a leggere questo linguaggio che è il creato. Lo può, perché la sua propria parola, nonostante tutta la sua relatività, ha la sua origine, come l'uomo stesso, nel Verbo eterno di Dio.

Capirà allora, perché nella stirpe degli uomini, c'è un essere privilegiato. È l'essere che ha detto il primo «Fiat» nella storia della salvezza, Maria; e capirà perché non si tratta di una letteratura composta da una pia sentimentalità, il fatto che la Chiesa chiami la Vergine Maria, Madre di Dio.

Capirà che nessuna urgenza, nessun pericolo personale o generale, nessuna ostilità verso il Verbo incarnato e la Madre del Verbo incarnato, debbono alterare, nella mente e nel cuore, la reale base della santa teologia e dell'unica finalità storica: ossia l'Incarnazione del Verbo, del Cristo Gesù nella Santissima Vergine Maria. Capirà che l'unica via per servire la verità è di far nascere o rinascere negli 
uomini la vera speranza apportata dalla Persona e dalla Parola del Cristo. E si ricorderà che il Signore ha detto nel Vangelo di San Giovanni: «Nel mondo voi avrete tribolazioni, ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo», e nell’"Apocalisse": «Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona di vita».