Dove andiamo? Quale sarà
il termine di tutti gli sconvolgimenti attuali? Non si tratta tanto
di guerre, di catastrofi atomiche o ecologiche, ma soprattutto della
rivoluzione all’esterno e all’interno della Chiesa, insomma
dell’apostasia che conquista popoli interi un tempo cattolici e
anche la gerarchia della Chiesa fino al suo vertice.
Roma sembra piombata in
un totale ottenebramento, la Roma di sempre è ridotta al silenzio,
paralizzata dall’altra Roma, la Roma liberale che la occupa. Le
fonti della grazia e della fede divine si inaridiscono e le vene
della Chiesa assimilano ovunque in lei il veleno mortale del
naturalismo.
È impossibile
comprendere questa crisi profonda senza tener conto dell’avvenimento
fondamentale di questo secolo: il secondo concilio del Vaticano. I
miei sentimenti a suo riguardo sono sufficientemente noti, credo,
perché io possa esprimere di primo acchito il nocciolo del mio
pensiero: senza rigettare in blocco questo concilio, penso che sia il
più grande disastro di questo secolo e di tutti i secoli passati,
sin dalla fondazione della Chiesa.
In questo, io non faccio
che giudicarlo dai suoi frutti, utilizzando il criterio che ci ha
dato Nostro Signore (Mt 7,
16).
E quando si chiede al
Cardinale Ratzinger di mostrare alcuni buoni frutti del Concilio, non
sa cosa rispondere (1). E mentre io chiedevo un giorno al Cardinale
Garrone come un «buon» concilio avesse potuto produrre frutti così
cattivi, egli mi rispose: «Non è il Concilio, sono i mezzi di
comunicazione sociale!» (2).
È qui che un po’ di
riflessione può aiutare il buon senso: se l’epoca postconciliare è
dominata dalla rivoluzione nella Chiesa, non è semplicemente perché
il Concilio stesso ve l’ha introdotta?
«Il Concilio è il 1789
nella Chiesa», dichiarò il Cardinale Suenens. «Il problema del
Concilio fu quello di assimilare i valori di due secoli di cultura
liberale», dice il Cardinale Ratzinger. E si spiega:
Pio IX, con il Sillabo,
aveva rigettato senza appello il mondo nato dalla Rivoluzione,
condannando questa proposizione: «Il Pontefice romano può e deve
riconciliarsi e venire a patti con il progresso, con il liberalismo e
con la civiltà moderna» (n. 80).
Il Concilio, dice
apertamente Joseph Ratzinger, è stato un «Contro-Sillabo»,
operando questa riconciliazione tra la Chiesa e il liberalismo, in
particolar modo con Gaudium
et spes, il più
lungo documento conciliare. I Papi del XIX secolo, in effetti, non
avevano saputo, sembra, discernere quel che c’era di verità
cristiana, e dunque di assimilabile da parte della Chiesa, nella
Rivoluzione del 1789.
Una tale affermazione è
assolutamente drammatica, soprattutto in bocca a rappresentanti del
magistero della Chiesa! Cosa fu, difatti, essenzialmente, la
Rivoluzione dell’89?
Fu il naturalismo e il
soggettivismo del protestantesimo, ridotti a norme giuridiche e
imposte ad una società ancora cattolica. Da qui la proclamazione dei
diritti dell’uomo senza Dio, da qui l’esaltazione della
soggettività di ciascuno a spese della verità oggettiva, da qui
l’aver messo sullo stesso piano tutte le «fedi» religiose dinanzi
al Diritto, da qui infine l’organizzazione della società senza
Dio, al di fuori di Nostro Signore Gesù Cristo. Una sola parola
designa questa teoria mostruosa: il LIBERALISMO.
Ahimè, è qui che noi
giungiamo al «mistero d’iniquità» (2
Ts 2,7):
all’indomani della Rivoluzione, il demonio fece sorgere all’interno
della Chiesa uomini colmi dello spirito d’orgoglio e di novità,
che si atteggiavano a riformatori ispirati, e che, vaneggiando di
riconciliare la Chiesa con il liberalismo, tentarono di realizzare
un’unione adultera fra la Chiesa e i princìpi della Rivoluzione!
Come, in effetti,
conciliare Nostro Signore Gesù Cristo con un ammasso di errori cosi
diametralmente opposti alla sua Grazia, alla sua Verità, alla sua
Divinità, alla sua Regalità universale?
No, i Papi non si
sbagliarono quando, fondati sulla Tradizione e muniti a tal titolo
dell’assistenza dello Spirito Santo, condannarono in forza della
loro autorità suprema e con una continuità degna di nota il grande
tradimento cattolico liberale.
Allora, com’è
riuscita la setta liberale a imporre le sue opinioni in un concilio
ecumenico? In che modo l’unione contro natura fra la Chiesa (3) e
la Rivoluzione ha partorito il mostro i cui deliri riempiono adesso
di orrore anche i suoi più caldi sostenitori? È a tali domande che
io mi sforzo di rispondere in queste conversazioni sul liberalismo,
mostrando come, una volta penetrato nella Chiesa, il veleno del
liberalismo la conduca per una conseguenza naturale all’apostasia.
«Dal liberalismo all’apostasia»: tale dunque il tema di questi
capitoli.
Certo, vivere in
un’epoca di apostasia non ha in sé nulla di esaltante!
Consideriamo però che tutti i tempi e tutti i secoli appartengono a
Nostro Signore Gesù Cristo: Ipsius
sunt tempora et sæcula,
ci fa dire la liturgia pasquale. Questo secolo di apostasia, senza
dubbio in maniera diversa dai secoli della fede, appartiene a Gesù
Cristo:
per un verso l’apostasia
del grande numero manifesta la fedeltà eroica del piccolo numero;
era così anche al tempo del profeta Elia in Israele, quando Dio non
preservò che settemila uomini, che non caddero in ginocchio dinanzi
a Baal (3
Re 19,18).
Non inginocchiamoci dunque dinanzi all’idolo del «culto dell’uomo»
(4), «stabilito nel santuario, assiso come se fosse Dio» (2
Ts 2,4).
Restiamo cattolici, adoratori del solo vero Dio, Nostro Signore Gesù
Cristo, con Suo Padre e lo Spirito Santo!
D’altra parte, come
testimonia la storia della Chiesa, ogni età di crisi prepara un’età
di fede e, nella fedeltà alla tradizione, un rinnovamento autentico.
A voi tutti
contribuirvi, cari lettori, ricevendo umilmente quel che la Chiesa ci
ha trasmesso, fino alla vigilia del Vaticano II, per bocca dei Papi,
e che io vi trasmetto a mia volta. È questa dottrina costante della
Chiesa che io ho ricevuto senza scopi reconditi, è questa che io vi
trasmetto senza riserva:quam
sine fictione didici, sine invidia communico (5).
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
1) Cardinale Joseph
Ratzinger, Entretien
sur la foi, Fayard,
Paris 1985, pp. 45-48.
2) Conversazione del 13 febbraio 1975.
3) O piuttosto uomini di Chiesa, o
l’apparato esteriore della Chiesa.
4) Espressione di Paolo VI.
5) Sap 7,
13
(Fonte: Mons. Marcel Lefebvre - Lo hanno detronizzato.
Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare)