Obbedienza e infallibilità papale: cosa insegna veramente la dottrina cattolica?

Normalmente si sentono espressioni del tipo: “il Papa non può sbagliare”, “è assistito dallo Spirito Santo”, oppure:“bisogna comunque e anzitutto obbedire” perché “l’obbedienza è la prima virtù” e “chi obbedisce non sbaglia mai”, per finire con quelle del tipo: “ma lo Spirito Santo nel Concilio (il Vaticano II, ovviamente) ha stabilito che … ecc. ecc.”.Purtroppo spesso i sostenitori di tali espressioni hanno una conoscenza non adeguata del dogma cattolico e degli insegnamenti della Chiesa sui suddetti argomenti e per questo cadono in errore crededo di parlare per il bene della Chiesa stessa. Di qui la necessità di esaminare, una volta per tutte, questi argomenti alla luce della dottrina cattolica.
Le obiezioni che abbiamo appena accennato si possono ridurre sostanzialmente a tre:
1) l’infallibilità papale;
2) l’obbedienza dovuta al Vicario di Cristo;
3) l’autorità dei decreti del Vaticano II che, si sottolinea, essendo stati emanati da un Concilio Ecumenico, sono vincolanti per ogni cattolico.
Vediamo se tali obiezioni sono mischiate a errori:

1) Secondo la dottrina cattolica, i casi in cui il Magistero del Papa è infallibile si riducono a due:
a) Quando egli definisce solennemente ex cathedra una verità di fede o di morale (Magistero straordinario sempre infallibile);
b) Quando egli enuncia una verità che è stata “sempre creduta e ammessa nella Chiesa”.
Ora, a questo proposito:
a) Né Giovanni XXIII, né Paolo VI, né Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI ne Francesco, hanno mai definito alcun dogma di Fede, nemmeno riguardo alle “nuove idee” del Vaticano II.
b) Le nuove idee promosse dal loro Magistero -ecumenismo, liberalismo, collegialità democratica- non fanno parte del Magistero costante ed universale della Chiesa, non sono, cioè, dottrine “sempre credute e ammesse nella Chiesa” (si parla, per l’appunto, di novità): si tratta dunque, in questo caso, di Magistero solo autentico, cioè non garantito dall’infallibilità.
Ne deriva che non ci si può appellare in nessun modo al dogma dell’infallibilità del Papa per reclamare un’adesione alle “nuove dottrine” del Magistero papale postconciliare.

2) Ancor meno ci si può appellare al dovere dell’obbedienza. Le suddette novità del Magistero dei Papi “conciliari”, infatti, sono dottrine già esplicitamente e ripetutamente condannate dal precedente e costante Magistero della Chiesa.
E neppure il Papa o un Concilio ecumenico possono legittimamente ordinare ai fedeli di accettare ciò che la Chiesa stessa, per bocca di una lunga serie di Papi e di Concili, ha già giudicato e condannato (autorevolmente) ufficialmente come errore e male.
Ecco un Dizionario di Teologia Morale:
«È chiaro che non è mai lecito obbedire a un Superiore, che comandi una cosa contraria alle leggi divine o ecclesiastiche. Si pecca contro l’obbedienza per eccesso, obbedendo in cose contrarie a una legge o a un precetto superiore».
Qualora poi, per di più, fossero in pericolo la conservazione della Fede, la salvezza delle anime e la sussistenza stessa della Chiesa, bisognerebbe anche reagire apertamente, come insegna San Tommaso d’Aquino:
“Qualora ci fosse imminente pericolo per la fede, i prelati dovrebbero essere rimproverati dai sudditi anche pubblicamente”. E “lo stesso Pietro offrì un esempio ai superiori, affinché non disdegnassero di essere rimproverati dagli inferiori”.
E, nel suo Commento alla Lettera ai Galati, lo stesso San Tommaso ribadisce: “Nella prima Lettera a Timoteo leggiamo: “Chi sbaglia, rimproveralo davanti a tutti”. Questo deve intendersi delle colpe manifeste, e non di quelle occulte”.

3) Il Concilio Vaticano II, precisò lo stesso Paolo VI, “ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l’infallibilità del magistero ecclesiastico”.
Realtà che anche l’allora card. Ratzinger è stato costretto ad ammettere: “Lo stesso Concilio (Vaticano II) non ha definito nessun dogma ed ha voluto in modo cosciente esprimersi ad un livello più modesto, meramente come Concilio pastorale”.
Riassumendo:
a) non è assolutamente in questione il dogma dell’infallibilità papale;
b) non si può obbedire a direttive che vogliono farci approvare ciò che il Magistero della Chiesa ha sempre condannato;
c) non ci si può appellare in alcun modo all’autorità del Vaticano II, il quale non ha definito nessun dogma, e meno che mai lo ha fatto a riguardo delle novità ( l’ecumenismo, la collegialità episcopale e la democrazia nella Chiesa, la libertà religiosa e la laicità degli Stati).

Questa “Breve cronaca” sarà, soprattutto, una cronaca dei progressivi cedimenti dei Papi “conciliari” e dei loro più stretti collaboratori a livello di Curia Romana.
Non si poteva fare diversamente, perché il Papa non è un Vescovo qualsiasi, bensì il Vicario di Cristo.
È lui a guidare l’intera Chiesa militante, con le parole e ancor più con l’esempio; e nella Chiesa, tutti, clero, religiosi e semplici fedeli, sono giustamente abituati a “seguire Pietro”, vedendo in lui il loro Pastore terreno e una guida spirituale sicura.
Si pensi a cosa potrebbe provocare un’eventuale ascesa al Soglio di Pietro di Papi impregnati di una teologia erronea, già condannata dalla Chiesa (cosa che Dio può benissimo permettere, a punizione dei nostri peccati: tanto che l’ha permessa più volte nel corso della storia): ebbene, sarà la catastrofe, per la stragrande maggioranza delle anime, ciò che appunto si è verificato e continua a verificarsi a partire dal Concilio Vaticano II (speriamo sia una coincidenza!)
Clero e fedeli non si lascino trascinare, per nessun specioso motivo, nell’abisso dallo “spirito del Concilio” e dalle sue nuove dottrine, anche se fossero mai propagate dall’attuale Successore di Pietro.
Al primo Papa e ai suoi Successori “lo Spirito Santo non è stato promesso perché manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa agli Apostoli, cioè il deposito della fede”.
Non è questa certamente la prima volta nella storia che dei Papi mettono a rischio la conservazione della Fede e la stessa sussistenza della Chiesa. La storia insegna e aiuta a non scandalizzarsi di fronte a queste eventualità.
Si pensi, tanto per fare un solo esempio, al noto caso di Papa Liberio (IV secolo) il quale, per cercare a tutti i costi un impossibile ed illecito accordo ecumenico con gli eretici ariani, accettò ambigui compromessi dottrinali, arrivando addirittura al punto di proibire ai cattolici rimasti fedeli di lottare contro l’eresia, scomunicando -del tutto invalidamente, è ovvio – il grande vescovoSant’Atanasio di Alessandria, che non voleva scendere a compromessi a danno della Fede.
È, infine, alla Santissima Madre di Dio sempre Vergine che affido queste pagine, a Lei che ha sempre schiacciato il capo di tutte le eresie: Gaude, Maria Virgo: cunctas haereses sola interemisti in universo mundo!
 
Don Andrea Mancinella