Getsemani. Riflessioni sul Movimento Teologico Contemporaneo - quinta parte

3 Jcques Maritain

Un filosofo che nello stesso periodo, cioè sin dagli anni '30, ha molto influenzato la formazione delle tendenze contemporanee, sia filosofiche che teologiche, è Jacques Maritain. (87) In tutto il suo pensiero, non solo non ha cercato di assimilare l'ordine naturale all'ordine soprannaturale, ma al contrario, li ha separati in modo tale da riconoscere nella creazione e nella storia umana due vocazioni distinte, legate certamente da un principio di subordinazione, ma essenzialmente autonome, con fine e mezzi propri: la vocazione e la missione terrestre, e la vocazione soprannaturale.

Se qualcuno volesse rendersi conto e cogliere immediatamente - se si può dire – la caratteristica del pensiero di Maritain circa l'autonomia delle due vocazioni distinte, basterebbe che leggesse l'ultima frase del suo libro «Humanisme Intégral», pubblicato nel 1936, e che costituì il riferimento fondamentale di alcune tendenze teologiche ed anche dell'azione temporale e politica in molti ambienti cristiani: «I mondi che sono sorti nell'eroismo, tramontano nella fatica, affinché vengano a loro volta nuovi eroismi e nuove sofferenze che faranno sorgere altri mondi.

La storia umana cresce così, perché non si ha là un processo di ripetizione, ma di espansione e di progresso; cresce, come una sfera di espansione, ravvicinandosi insieme alla sua doppia consumazione: nell'assoluto di quaggiù, ove l'uomo è dio senza Dio, e nell'assoluto dell'alto, ove è dio in Dio». (88)

Questi due assoluti costituiscono una specie di intimo segreto di tutto il pensiero di Maritain e, si potrebbe dire, anche di tutta la sua sensibilità. Essi sono alla base di tutti i suoi scritti, sono il leitmotiv e il prisma fondamentale attraverso cui vede tutte le cose, dalle più piccole alle più grandi.

Già nel 1927, nel suo libro «Primauté du Spirituel», afferma in molti modi che: «Ognuno di noi appartiene a due città, una città terrestre che ha come fine il bene comune temporale e la città universale della Chiesa che ha per fine la vita eterna».

E, rifacendosi a una frase di Etienne de Tournai, specifica: «Nella medesima cerchia e nella medesima moltitudine umana ci sono due popoli, e questi due popoli suscitano due vie distinte, due principati, un duplice ordine giuridico». (89)

Nell'«Umanesimo Integrale», Maritain esprime più diffusamente la sua visione della Creazione e della realtà del mondo spirituale. In esso la dottrina della distinzione e del carattere autonomo dell'ordine temporale e dell'ordine spirituale è stata esposta con una vasta prospettiva di applicazione nell'azione in vista di «un ideale storico concreto d'una nuova cristianità», cioè «un'immagine prospettica significante il tipo particolare, il tipo specifico di civiltà al quale tende una data età storica». (90) E sempre attraverso questo principio di autonomia degli ordini, iniziale o acquisita, intravede il cammino del mondo: «In virtù d'un processo di differenziazione normale in sé stesso (benché viziato dalle più false ideologie) l'ordine profano o temporale, nel corso dei tempi moderni, si è costituito nei confronti dell'ordine spirituale o sacro in una relazione d'autonomia tale da escludere di fatto la strumentalità. In altri termini è giunto alla sua maggiorità. E questo è ancora un guadagno storico che una nuova cristianità dovrebbe conservare».(91)

Verso il declino della sua vita, con i suoi due libri: «Le Paysan de la Garonne» (1966) e «De l'Eglise du Christ» (1970), Maritain ha voluto presentare la grande crisi dottrinale e morale del mondo e della Chiesa. Ha voluto anche denunciare gli «abusi» di certi concetti, di certe dottrine e formule come per esempio l'espressione «personalista e comunitario» utilizzata da Emmanuel Mounier, il fondatore della rivista «Esprit»: «Grazie soprattutto ad Emmanuel Mounier - scrive - l'espressione 'personalista e comunitario' è divenuta un ritornello per il pensiero cattolico. Anch'io in questo non sono esente da una qualche responsabilità ... Penso che Mounier l'abbia presa da me. Essa è giusta, ma vedendo l'uso che se ne fa ora, non ne sono molto fiero». (92)

Pur desiderando fondamentalmente una più profonda unità, Maritain resta sempre, nonostante tutto, impregnato di questa visione generale di distinzione e di autonomia. Basta per questo vedere nella prefazione del suo ultimo libro «De l'Eglise du Christ», con quale preoccupazione e quale perseveranza si applica a difendere l'autonomia della filosofia in rapporto alla teologia, manifestando la stessa preoccupazione che aveva venti anni prima quando scriveva: «Il filosofo terrà conto degli apporti della scienza teologica, senza cessare per questo d'essere filosofo (se veramente è filosofo, allora lo sarà più che mai) richiedendo però a fonti d'informazioni degne di fede il supplemento d'informazione di cui ha bisogno». (93)

Non è questo il luogo per parlare più profondamente e più dettagliatamente della portata di tutta l'opera di Maritain, e di tutta l'influenza che ha avuto nella teologia e nell'azione dei cristiani di questo secolo. Ciò sarà fatto in seguito, come per gli altri autori di cui abbiamo appena parlato. È stato necessario, però, ricordare innanzi tutto, a proposito del rapporto tra l'ordine naturale e l'ordine soprannaturale, il principio di distinzione degli ordini nel significato particolare che ha avuto per Maritain; le ripercussioni infatti, sono state grandi in tutte le direzioni, e spesso contrarie al senso del suo pensiero e alle sue intime aspirazioni.

A titolo di esempio e prima di parlare in altro luogo della «teologia della liberazione», si può riportare il giudizio di Gustavo Gutierrez (94) su Maritain, nel suo libro «Teologia della liberazione». Si comprende allora l'importanza di questo argomento della distinzione degli ordini che può sembrare per alcuni troppo astratto, anodino o antiquato; e si comprendono anche le preoccupazioni e le tristezze che la nobile persona di Jacques Maritain ha provato nell'ultimo periodo della sua vita.

Ecco per ora le parole di Gutierrez: «I gravi problemi che la nuova situazione storica pone alla Chiesa a partire dal secolo XVI e che si acutizzano con la rivoluzione francese, danno origine ad un'altra prospettiva pastorale e ad un'altra mentalità teologica, che, grazie a Maritain, riceveranno il nome di «nuova cristianità». La troviamo esposta, con tutta la chiarezza voluta, nella sua opera conosciuta 'Humanisme Intégral'. Essa cercherà di far tesoro delle lezioni venute dalla rottura fra fede e vita sociale, intimamente legate in un'epoca di cristianità, ma con categorie che non riusciranno a liberarsi completamente, e lo notiamo meglio ora, dalla mentalità tradizionale ... Tommaso d'Aquino, sostenendo che la grazia non sopprime la natura né la sostituisce ma la perfeziona, apre la strada per un'azione politica più autonoma e disinteressata. Su questa base, Maritain elabora una filosofia politica che cerca pure di fare propri alcuni elementi moderni. Il pensiero di Maritain ebbe molta influenza su certi settori cristiani dell'America Latina». (95)

Ecco un discorso molto significativo. Gutierrez, con il suo giudizio, ci permette di scorgere chiaramente la natura particolare dell'influenza esercitata dal pensiero di Maritain. Nello stesso tempo, Gutierrez critica Maritain perché non si è abbastanza liberato dal corpo della Chiesa. Ironizza anche sul suo attaccamento alla tradizione ecclesiale. Tutto ciò però concorre a mostrare ancor più la portata dottrinale del principio fondamentale di Maritain circa la distinzione degli ordini e l'autonomia del temporale.

In fondo, la filosofia di Maritain è una «filosofia-teologia» della storia, che ha avuto profonde ripercussioni nella vita teorica e sociale della Chiesa

«L’Impalpabile» 

Le pagine che precedono sono una specie d'introduzione all'esame di tutta la realtà teologica in sé e in rapporto alla vita della Chiesa. Questo esame deve essere fatto con una grande, e, se si può dire, sacra oggettività; e malgrado l'acuità dei problemi e delle situazioni, deve essere compiuto nella immutabile speranza evangelica e nella pace di Cristo.

Ora, è bene rammentare a proposito dei rapporti tra l'ordine naturale e l'ordine soprannaturale. Non c'è problema, astratto che sia, che possa essere discusso o trattato nell'ambito della Chiesa senza avere ripercussione diretta o indiretta sulla formazione del pensiero, della morale e della pietà. Ci sono problemi che restano sempre con un grande alone d'impalpabile, e che sono tuttavia fondamento di conoscenza santa, luminosa e apportatrice di pace.

Quando, però, si vuole violentare i misteri di Dio e giungere a forza di volontà e di intelletto a mettere una mano pesante su questo «impalpabile», si rischia seriamente di perdere la visione della realtà universale e la giusta percezione della verità eterna, il tanto che è permesso all'uomo di averla, e ciò può causare grandi danni nell'opera della Chiesa riguardo alla salvezza e alla verità.

Che l'uomo sia creato in stato di grazia, che sia destinato ad un fine soprannaturale, che ci sia una disposizione naturale della creatura al soprannaturale fa parte dell'insegnamento fondamentale della Chiesa, insegnamento fondato sulla rivelazione.

Non è detto, però, che questo fine soprannaturale sia questa stessa disposizione della natura al soprannaturale, né che questo fine soprannaturale sia totalmente presente, sia come conoscenza cosciente, sia come «desiderio naturale assoluto» della visione beatifica, nella creatura sin dal momento della sua creazione.

Tutte queste nozioni di creazione, di grazia, di disposizione, di finalità, di natura, di soprannaturale, sono certamente nozioni dal contenuto molto ricco e dalle molte sfumature, e non possono essere trattate riducendo il loro significato fino al soffocamento e alla pietrificazione, né dilatandolo, al di là di ogni norma ed ogni limite, fino all'evaporazione. Tutto dipende dalla fedeltà a certe norme di linguaggio scaturite esse stesse direttamente dalla Rivelazione e confermate da essa.

Quando per esempio San Giacomo dice nella sua Epistola che Dio «ci generò per sua volontà per mezzo di una parola di verità, affinché noi fossimo come le primizie delle sue creature» (96), quando San Paolo dice: «Poiché l'essere o il non essere circonciso non conta nulla; conta solo l'essere una nuova creatura» (97), e «se uno è in Cristo è una nuova creazione, ciò che era antico è passato: ecco, il nuovo è sorto» (98); quando San Pietro dice: «noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra» (99); ed in generale quando la Sacra Scrittura parla di rinnovamento e di nuova creazione, ci rivela un nuovo avvenimento non solo morale, ma che comporta ripercussioni ontologiche nell'uomo. Se si vuole restare fedeli al messaggio evangelico, non si può architettare dottrine e postulati con intellezioni forzate, che - direttamente o indirettamente - sopprimono questa nuova creatura, questo «nuovo» apportato dalla grazia di Cristo nell'uomo attuale storico, nell'uomo «in breve».

Il fatto che una creatura spirituale sia creata per un fine al di sopra della sua creazione, non significa che la pienezza di questa finalità sia posta nella creatura come parte costitutiva al momento della creazione. Tutti i dati rivelati e tutta l'esperienza dell'uomo affermano il contrario: è il Creatore che porta in lui la pienezza della finalità. Dio, Creatore insondabile, manifestatosi gratuitamente all'uomo, contiene Egli stesso il mistero dell'ultima finalità, la svela e l'imprime nella creatura, quando l'ha già chiamata e secondo il grado della sua risposta; e segue di tappa in tappa, grazia dopo grazia, il cammino di perfezione e di elevazione della natura, verso il fine soprannaturale supremo.

L'insieme delle considerazioni dottrinali di tutti i Padri e Dottori della Chiesa, Duns Scot compreso, riguardo alla finalità della creazione e dell'uomo, e riguardo alla natura della grazia in generale e al carattere delle grazie particolari, non permettono di emettere come postulato il concetto del rapporto tra naturale e soprannaturale, così come emerge dalle dottrine di H. de Lubac e di K Rahner.

In questi ultimi anni il P. de Lubac, venerabile religioso, ha mostrato con i suoi scritti la sua grande preoccupazione per la difesa della fede, del corpo e della vita della Chiesa nel mondo. Abbiamo, però, parlato qui dei principi e dei concetti dottrinali che hanno contribuito, più o meno intensamente e più o meno coscientemente, alla formazione del movimento teologico contemporaneo.

Ed in questo movimento, il messaggio evangelico e l'insegnamento della Chiesa sulla nuova creazione, sul rinnovamento dell'uomo e di ogni cosa, sono stati fondamentalmente alterati. E quindi è stata alterata la speranza della Chiesa. È certo, però, che niente potrà arrestare il compimento dell'opera vera di Cristo nella sua Chiesa. Già David nel suo centotreesimo salmo, cantava il consolante annuncio: «Manderai il Tuo spirito, verranno creati e rinnoverai la faccia della terra».