Il tradimento della Messa difesa a Trento ha condotto la società alla rovina

Riporto stralci della risposta che il giornalista e saggista Alessandro Gnocchi ha fornito ad una lettrice in merito alla questione della Liturgia e della Messa. Parole chiare...
p.Elia

Cara Letizia, insisto tanto su questi temi perché la qualità e l’efficacia della vita cristiana, che è anche vita civile mai disgiunta dalla fede, stanno o cadono con la Messa. E qui serve una precisazione, forse inutile se lei segue quanto scrivo, ma che è meglio non dare per scontata: quando parlo della Messa, intendo quella giunta intatta dall’epoca apostolica fino all’invenzione del nefasto messale elaborato da monsignor Bugnini e pubblicato da Paolo VI nel 1969.

Non si tratta di una distinzione dettata dal piacere per l’accademia o da quella che viene definita, con vezzo crudelmente effeminato, “sensibilità liturgica”. Cara Letizia, qui abbiamo a che fare con la sostanza della fede e si può osservare facilmente quanto la questione spirituale abbia sempre una ricaduta su quella sociale o, se preferisce, sulla vita civile. È un fatto che la liturgia seguita al Vaticano II, infettata dal culto per l’uomo e atrofizzata fino a non avere quasi più nutrimento per le anime e le menti, ha potuto ben poco, quasi nulla, contro gli assalti portati al gregge di Cristo dal mondo e dal suo principe. Non è un caso se il decadere della società, anche sul piano civile, ha preso a correre sempre più pazzamente man mano prendeva piede il nuovo rito.
È vero che, sul limitare degli Anni Sessanta del secolo scorso, la società occidentale era già marcia fino al midollo. Ma, in molte legislazioni e nei costumi, si percepiva ancora una forza capace di trattenere quel male che avrebbe fatto la sua inarrestabile irruzione appena tolta di mezzo la Messa gradita a Dio. Per estremo sberleffo del demonio, e non per caso, in Italia la legge sul divorzio è stata controfirmata da un Presidente del Consiglio cattolico e quella sull’aborto è stata controfirmata e promulgata da politici cattolici. Il resto è storia e cronaca di questi giorni e dimostra che chi non si fida di Dio viene sempre tradito dagli uomini o se ne fa complice. “Se il Sacrificio della Messa dovesse cessare” diceva l’abate Guéranger ai monaci di Solesmes “non tarderemmo a ricadere nell’abisso di depravazione in cui si trovavano i pagani, e questa sarà l’opera dell’Anticristo”.

[...] In questa chiave, cara Letizia, sarebbe una gran cosa se una piccola, piccolissima, frazione dei due milioni del Circo Massimo manifestasse pubblicamente contro un evento ben peggiore dell’approvazione della legge Cirinnà anche nel suo disegno integrale. Sarebbe un gran segno se una manciata di irriducibili gridasse allo scandalo quando Bergoglio andrà pellegrino in Svezia il prossimo 31 ottobre per celebrare con il primate della chiesa luterana locale, la signora Antje Jackelén, i cinquecento anni della riforma protestante. Quel giorno [...] verrà mostrato agli occhi e alle anime indifese di tanti fedeli l’abbraccio tra una donna qualsiasi travestita da papa e un Papa travestito da uomo qualsiasi. L’inversione, che sul piano naturale si manifesta nella sodomia, qui troverà simbolicamente compimento sul piano soprannaturale tra un uomo e una donna che si scambiano i ruoli. Si celebrerà così la fine di quel poco che ancora rimaneva in piedi tra le rovine dell’edificio riportato al suo antico splendore con il Concilio di Trento. La Chiesa cattolica, nella persona del suo capo visibile, si consegnerà alla ferocia di Lutero, capace di operare simbolicamente quella distruzione di Roma che aveva vagheggiato cinque secoli fa. Se il tradimento della Messa difesa a Trento ha condotto la società alla rovina, mette i brividi pensare a cosa potrà portare il rinnegamento definitivo della fede che ne stava a fondamento. Le celebrazioni della riforma protestante si protrarranno fino al 31 ottobre del 2017, l’anno del centenario di Fatima: se si dovesse arrivare a uno scontro tra i due fronti, sappiamo già da che parte starà il Vicario di Cristo.

[...] È difficile per tutti noi orientarci nel caos in cui ci hanno gettato i lupi travestiti da pastori. Lentamente, giorno dopo giorno, con tenacia maligna, i predatori di anime tentano di sottrarre agli uomini almeno un po’ di alimento spirituale e lo fanno con efficacia sempre più grande poiché hanno minato le fondamenta della vita cristiana, la Messa e la fede nella presenza reale di Nostro Signore nell’Eucaristia. Hanno trasformato la liturgia in un happening e sono giunti là dove neanche Lutero osava sperare, lui che ripeteva ossessivamente: “Giriamo i loro altari e avremo distrutto Roma”.

Malefico, ma geniale, il riformatore eresiarca aveva previsto con quasi cinque secoli di anticipo ciò che sarebbe accaduto anche dentro la Chiesa cattolica in pochi decenni di liturgia libera e creativa. Ma, forse, neanche lui sperava tanto e magari si troverebbe persino a disagio davanti alla comunione distribuita come al McDonald, alla simbologia sacra sostituita da segni oscuri e incomprensibili, alle chitarre ululanti, agli abiti indecenti, all’incapacità di stare in silenzio, alle formule liturgiche inventate, ai preti showman, alla cosiddetta “bellezza del trovarsi a messa per stare insieme”. “Bisogna fare così” gli spiegherebbe qualche pio sacerdote “perché altrimenti in chiesa non ci viene più nessuno”. Come se, in questi decenni, le chiese fossero andate riempiendosi invece che svuotarsi.

Non ci si rende conto che l’uomo ha continuamente bisogno di anticorpi per sostenere la lotta quotidiana con il male. O più probabilmente, cara Letizia, si vuole che ne sia privo. Un tempo, i fedeli, durante la Messa della domenica, vivevano la santa normalità che li fortificava per il resto della settimana nella lotta contro lo sberleffo invertito di satana. Oggi, travolta da un arte che ha disintegrato la figura umana e deformato il concetto di Dio, la liturgia non trasmette più quel senso di santa normalità. “Gesù Crocifisso” è divenuto “Uomo condannato a morte”, poi una “Forma colorata” e poi “Puro colore”. Non è rimasto più nulla, non si parla più all’anima e neppure al corpo.

In un capitolo della Mistagogia, San Massimo il Confessore spiega che l’edificio della chiesa è anche simbolo dell’uomo poiché “ha per anima il sacrario, per intelligenza il divino altare e per corpo il tempio. (…) E per mezzo del tempio, come del corpo, propone la filosofia morale; per mezzo del sacrario, come dell’anima, spiritualmente espone la contemplazione naturale; e per mezzo del divino altare, come dell’intelletto, muove verso la teologia mistica”. Bastano queste considerazioni per comprendere come l’uomo contemporaneo, che nel suo distorto rapporto con Dio ha perso la corretta percezione di se stesso, costruisca chiese in cui è impossibile pregare. Evidentemente, si è persa la vera nozione di questi edifici. I quali sono anche luoghi dove i fedeli si radunano per pregare e partecipare alla liturgia, ma di per sé sono luoghi sacri indipendentemente da tale funzione a cui sono preesistenti. Le chiese, anche quando non accolgono dei fedeli che pregano, sono case che pregano da se stesse.

Ma oggi gli uomini si sentono padroni di usare la liturgia per le proprie esigenze più private. Sarà accaduto anche a lei, cara Letizia, di partecipare a un funerale trasformato in un reality show. L’unica persona seria presente alla cerimonia, di solito, è il morto, del cui destino eterno non importa nulla a nessuno, visto che si insegna che l’inferno non esiste o, se c’è, è vuoto. Nessuno è lì a pregare in suo suffragio, ma per manifestare il proprio dolore, il proprio grazie, il proprio rincrescimento, il proprio senso di colpa, il proprio affetto, ma niente di più. Tutto perché si ritiene che la liturgia debba esprimere i sentimenti caduchi degli uomini e non il senso ultratemporale del destino eterno. Da un piano ontologico, che riguarda l’essere, si è passati a uno psicologico, che riguarda il percepire. Dall’oggettivo si è caduti nel soggettivo. Per questo la cosiddetta assemblea vale di più della Presenza Eucaristica e il popolo di Dio prevale sul sacerdote. Qualche anno fa, il vescovo ausiliare della diocesi in cui abito venne a celebrare la Messa di inizio anno nella scuola di mia figlia e, ai bambini che facevano chiasso subito dopo la consacrazione, disse con fare da vecchio zio: “Ragazzi, se qui ci fosse Gesù, vi comportereste così?”. Eppure Gesù era proprio lì, davanti a lui, sotto le specie eucaristiche.

Quanto sono lontani i tempi di San Giovanni Crisostomo che, nel trattato Il sacerdozio, scriveva: “Quando vedi il Signore sacrificato e giacente, e il sacerdote che celebra il sacrificio e prega, e tutti arrossati di quel sangue prezioso, credi ancora di essere tra gli uomini e di stare in terra? Ma non ti senti subito trasportato nei cieli e, spoglio lo spirito di ogni pensiero della carne, con l’anima nuda e con la mente pura, contempli le cose celesti? O meraviglia! O amore di Dio verso gli uomini! Chi siede in alto col Padre, in quel momento, è tenuto dalle mani di tutti e dona se stesso a quelli che vogliono abbracciarlo e stringerlo”.

Ecco perché, cara Letizia, insisto tanto sulla Messa e sulla questione liturgica. Perché il cuore della nostra vita sta lì, dove si trova il “Signore sacrificato e giacente”. La nostra debolezza sta nel dimenticarcelo, anche se lo facciamo per adempiere a compiti che ci paiono più urgenti: ma non lo sono.
(riscossacristiana.it)