Era con queste
parole forti che uno dei miei collaboratori raccomandava un giorno
(1) ai seminaristi di Écône la lettura di buone opere sul
liberalismo. Non si può, in effetti, né comprendere la crisi
attuale della Chiesa, né conoscere il vero volto dei personaggi
della Roma attuale, né di conseguenza comprendere l’atteggiamento
da tenere nei confronti degli avvenimenti, se non si ricercano le
cause, se non si risale il corso storico, se non si scopre la
primitiva fonte di questo liberalismo condannato dai Papi dei due
ultimi secoli.
La nostra
luce: la voce dei Papi
Noi partiremo
dunque dalle origini, come fanno i Sovrani Pontefici quando
denunciano gli sconvolgimenti in corso. Ebbene, quando pongono in
stato d’accusa il liberalismo, i papi vedono più lontano nel
passato, e tutti, da Pio VI a Benedetto XV, riconducono la crisi alla
lotta ingaggiata contro la Chiesa nel XVI secolo dal protestantesimo,
e al naturalismo di cui questa eresia è stata la causa e la
principale propagatrice.
Il
Rinascimento e il naturalismo
Il naturalismo si
annida originariamente nel Rinascimento che, nel suo sforzo di
recuperare le ricchezze delle culture pagane antiche, della cultura e
dell’arte greche in particolare, ha finito per magnificare in
maniera esagerata l’uomo, la natura, le forze naturali.
Esaltando la bontà
e la potenza della natura, si sviliva e si faceva scomparire dallo
spirito degli uomini la necessità della Grazia, la destinazione
dell’umanità all’ordine sovrannaturale e la luce recata dalla
Rivelazione. […]
Il
protestantesimo e il naturalismo
Può sembrare
strano e paradossale tacciare il protestantesimo di naturalismo.
Non c’è nulla
in Lutero di questa esaltazione della bontà intrinseca della natura,
giacché, secondo lui, la natura è irrimediabilmente decaduta e la
concupiscenza invincibile.
Tuttavia, lo
sguardo eccessivamente nichilista che il protestante appunta su se
stesso approda ad un naturalismo pratico: a forza di sminuire la
natura e di esaltare la forza della
sola fede, si
relegano la grazia divina e l’ordine sovrannaturale nella sfera
delle astrazioni.
Per i protestanti
la grazia non opera un autentico rinnovamento interiore: il battesimo
non è la restituzione di uno stato sovrannaturale abituale, è
soltanto un atto di fede in Gesù Cristo che giustifica e salva.
La natura non
viene restaurata dalla grazia, rimane intrinsecamente corrotta, e la
fede ottiene da Dio soltanto che egli getti sui nostri peccati il
pudico mantello di Noè.
Quindi, la forma
sovrannaturale che il battesimo aveva aggiunto alla natura
radicandosi su di essa, tutte le virtù infuse e i doni dello Spirito
Santo sono ridotti a niente, ricondotti come sono a quest’unico
atto disperato di fede-fiducia in un Redentore che fa grazia solo per
ritrarsi lungi dalla sua creatura, mantenendo sempre un tale
colossale abisso tra l’uomo definitivamente miserabile e il Dio
trascendente tre volte santo.
Questo pseudosupernaturalismo,
come lo chiama padre Garrigou-Lagrange, abbandona infine l’uomo,
pur redento, alla sola forza della sue potenzialità naturali, e
sprofonda fatalmente nelnaturalismo;
dopotutto gli estremi opposti coincidono! Jacques Maritain esprime
bene l’esito naturalista del luteranesimo:
«La natura umana
non potrà che rifiutare come un vano orpello teologico il manto di
una grazia che nulla è per lei, e ricondurre su di sé la sua
fede-fiducia, per divenire quella graziosa bestia affrancata il cui
infallibile, continuo progresso incanta oggi l’universo» (2).
E questo
naturalismo si applicherà in modo particolare all’ordine civile e
sociale: ridotta la grazia ad un sentimento di fede fiduciaria, la
Redenzione non consiste più che in una religiosità individuale e
privata, senza presa sulla vita pubblica.
L’ordine
pubblico, economico e politico, è dunque condannato a vivere e a
svilupparsi al di fuori di Nostro Signore Gesù Cristo.
Al limite, il
protestante cercherà nella sua riuscita economica il criterio della
sua giustificazione agli occhi di Dio; è in tal senso che scriverà
volentieri sulla porta della sua casa questa frase del Vecchio
Testamento: «Rendi
onore a Dio dei tuoi beni, dagli primizie di tutti i tuoi raccolti, e
allora i tuoi granai saranno abbondantemente colmi e i tuoi tini
traboccheranno di vino»
(Pro 3,
9 s.).
Jacques Maritain
scrive delle belle righe sul materialismo del protestantesimo, che
darà vita al liberalismo economico e al capitalismo:
«Dietro gli
appelli di Lutero all’Agnello che salva, dietro i suoi slanci di
fiducia e la sua fede nel perdono dei peccati, c’è una creatura
umana che alza la testa e fa molto bene i suoi affari nel fango in
cui è piombata per la colpa di Adamo! Si districherà nel mondo,
seguirà la volontà di potenza, l’istinto imperialista, la legge
di questo mondo che è il suo mondo. Dio non sarà che un alleato, un
potente» (op.
cit., pp.
52-53).
Il risultato del
protestantesimo sarà che gli uomini si attaccheranno di più ai beni
di questo mondo e dimenticheranno i beni eterni.
E se un certo
puritanesimo eserciterà una sorveglianza esteriore sulla moralità
pubblica, esso non impregnerà i cuori dello spirito autenticamente
cristiano che è uno spirito sovrannaturale, che si chiama primato
dello spirituale.
Il protestantesimo
sarà necessariamente condotto a proclamare l’emancipazione del
temporale nei confronti dello spirituale. Ebbene, è proprio questa
emancipazione che si ritroverà nel liberalismo.
I Papi ebbero,
dunque, davvero ragione nel denunciare in questo naturalismo di
ispirazione protestante l’origine del liberalismo che sconvolse la
cristianità nel 1789 e nel 1848.
Così Leone XIII:
«Queste audaci macchinazioni degli empi, che minacciano all’umano
consorzio ogni giorno più gravi rovine e tengono in sollecita
trepidazione l’animo di tutti, traggono principio ed origine da
quelle velenose dottrine, che sparse nei tempi passati, quasi viziati
semi in mezzo ai popoli, diedero a suo tempo frutti sì amari. Ben
conoscete, venerabili fratelli, che la guerra implacabile mossa fin
dal secolo decimosesto dai novatori contro la cattolica fede, [e che
venne sempre crescendo sino ai sì nostri], ha per scopo d’aprire
la porta ai ritrovai, e per dir più propriamente, ai deliri della
ragione abbandonata a se stessa, tolta via ogni rivelazione e
rovesciato ogni ordine soprannaturale» (3).
E più vicino a
noi, papa Benedetto XV: «Dopo i tre primi secoli dalle origini della
Chiesa, nel corso dei quali il sangue dei cristiani fecondò l’intera
terra, si può dire che mai la Chiesa ha corso un tale pericolo come
quello che si manifestò alla fine del XVIII secolo. Fu allora,
infatti, che una Filosofia in delirio, prolungamento dell’eresia e
dell’apostasia degli novatori, acquistò sugli spiriti una potenza
universale di seduzione e provocò uno sconvolgimento totale con il
proposito determinato di rovinare i fondamenti cristiani della
società, non solo in Francia, ma, a poco a poco, in tutte le
nazioni» (4).
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
1) Don Paul Aulagnier, 17 settembre
1981.
2) Trois
Réformateurs, p. 25.
3) Enciclica Quod
apostolici, del 28
dicembre 1878.
4) Lettera Anno
jam exeunte, del 7
marzo 1917, PIN 486.
(Fonte: Mons. Marcel
Lefebvre - Lo
hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia
conciliare)