Mi sono giunte non poche email riguardanti i quattro Cardinali che hanno posto i cosiddetti "dubia" a Papa Bergoglio affinchè questi spieghi e chiarisca alcuni passi a dir poco equivoci di Amoris Laetitia. Al di là della disastrosa esortazione apostolica (bocciata su tutti i fronti, per essere chiari), mi si chiede cosa penso di questi Cardinali. Rispondo con una riflessione che riprendo da unavox.it.
p.Elia
[...] Il punto debole, a mio avviso, è che in esso si eludono diversi altri punti inaccettabili di questo documento e, peggio ancora, si elevano i quattro cardinali che espongono i loro «dubbi» (i famosi «dubia») a difensori dell’ortodossia, mentre in verità si tratta di ecclesiastici che, purtroppo, accettano integralmente tutti gli errori conciliari (falso ecumenismo, «dialogo» interreligioso, collegialità episcopale, «libertà» religiosa, laicità dello Stato, nuova ecclesiologia - il subsistit in -, ecc.).
La questione è capitale, perché si potrebbe pensare, illusoriamente, che basterebbe che Francesco facesse marcia indietro, perché la situazione torni alla normalità. Dico di più: non sarebbe questo il caso neanche se Francesco facesse marcia indietro su tutto ciò che ha detto dal marzo 2013. E questa è la trappola (e dico che non lo fanno coscientemente) di questi cardinali (e dei «conservatori» che li sostengono): pretendere di risolvere la crisi volgendosi all’«ermeneutica della continuità» del Vaticano II preconizzata da Benedetto XVI, e così respingendo la «rottura» bergogliana, quando invece la vera rottura si è prodotta nel Vaticano II.
La questione è capitale, perché si potrebbe pensare, illusoriamente, che basterebbe che Francesco facesse marcia indietro, perché la situazione torni alla normalità. Dico di più: non sarebbe questo il caso neanche se Francesco facesse marcia indietro su tutto ciò che ha detto dal marzo 2013. E questa è la trappola (e dico che non lo fanno coscientemente) di questi cardinali (e dei «conservatori» che li sostengono): pretendere di risolvere la crisi volgendosi all’«ermeneutica della continuità» del Vaticano II preconizzata da Benedetto XVI, e così respingendo la «rottura» bergogliana, quando invece la vera rottura si è prodotta nel Vaticano II.