Ho ancora molto da dirvi sul liberalismo. Ma vorrei che comprendeste bene che non sono opinioni personali quelle che io vi propongo. Per questo motivo io mi preoccupo di mettervi a parte dei documenti dei Papi e non di sentimenti personali, che potrebbero facilmente essere attribuiti ad un’originaria formazione ricevuta al Seminario francese di Roma.
Padre Le Floch, che all’epoca ne era il superiore, godeva infatti di una fama segnatamente tradizionalista. Dunque di me si potrebbe dire: «È stato influenzato da quel che gli hanno detto nel suo seminario!». Ebbene, io non nego questa influenza; anzi, ringrazio tutti i giorni il buon Dio di avermi dato come superiore e come maestro padre Le Floch. All’epoca lo si accusò di fare politica; e Dio sa se non è tutt’altro che un crimine fare la politica di Gesù Cristo e suscitare uomini politici che utilizzano tutti i mezzi legittimi, persino legali, per cacciare dalla città i nemici di Nostro Signore Gesù Cristo (49)! Ma di fatto padre Le Floch non si è mai immischiato di politica, neanche nel pieno del complotto montato contro l’Action Française (50) e della crisi che ne seguì quando io ero seminarista.
Invece, ciò di cui padre Le Floch ci ha parlato continuamente, è stato il pericolo del modernismo, del sillonismo, del liberalismo. E fu basandosi sulle Encicliche dei papi che padre Le Floch riuscì ad ancorare in noi una convinzione ferma, solidamente puntellata, fondata nella dottrina immutabile della Chiesa, circa il pericolo di questi errori.
È questa stessa convinzione che io desidero comunicarvi, come una fiaccola che si trasmette alla posterità, come una luce che vi preserverà da questi errori imperanti, più che mai, in ipsis Ecclesiae venis et visceribus, nelle stesse vene e viscere della Chiesa, come diceva san Pio X.
Di conseguenza voi comprendete che il mio pensiero politico personale sul regime che meglio convenga alla Francia, per esempio, ha poca importanza.
Del resto i fatti parlano da soli: quel che la monarchia francese non era riuscita a fare, lo ha realizzato la democrazia: cinque sanguinose rivoluzioni (1789, 1830, 1848, 1870, 1945), quattro invasioni straniere (1815, 1870, 1914, 1940), due spoliazioni della Chiesa, espulsioni degli ordini religiosi, soppressioni delle scuole cattoliche, e laicizzazioni delle istituzioni (1789 e 1901), ecc…
Tuttavia, diranno alcuni, Papa Leone XIII chiese «l’adesione» dei cattolici francesi al regime repubblicano (51) (cosa che, fra parentesi, provocò una catastrofe politica e religiosa). Del resto altri criticano questo atto di Leone XIII definendolo, come il suo autore, liberale.
Io non credo che Leone XIII fosse un liberale e ancor meno un democratico. No: egli semplicemente credette di suscitare una buona combinazione politica per il bene della religione in Francia; ma è chiaro che egli dimenticava l’origine e la costituzione irrimediabilmente liberali, massoniche e anticattoliche della democrazia francese.
Padre Le Floch, che all’epoca ne era il superiore, godeva infatti di una fama segnatamente tradizionalista. Dunque di me si potrebbe dire: «È stato influenzato da quel che gli hanno detto nel suo seminario!». Ebbene, io non nego questa influenza; anzi, ringrazio tutti i giorni il buon Dio di avermi dato come superiore e come maestro padre Le Floch. All’epoca lo si accusò di fare politica; e Dio sa se non è tutt’altro che un crimine fare la politica di Gesù Cristo e suscitare uomini politici che utilizzano tutti i mezzi legittimi, persino legali, per cacciare dalla città i nemici di Nostro Signore Gesù Cristo (49)! Ma di fatto padre Le Floch non si è mai immischiato di politica, neanche nel pieno del complotto montato contro l’Action Française (50) e della crisi che ne seguì quando io ero seminarista.
Invece, ciò di cui padre Le Floch ci ha parlato continuamente, è stato il pericolo del modernismo, del sillonismo, del liberalismo. E fu basandosi sulle Encicliche dei papi che padre Le Floch riuscì ad ancorare in noi una convinzione ferma, solidamente puntellata, fondata nella dottrina immutabile della Chiesa, circa il pericolo di questi errori.
È questa stessa convinzione che io desidero comunicarvi, come una fiaccola che si trasmette alla posterità, come una luce che vi preserverà da questi errori imperanti, più che mai, in ipsis Ecclesiae venis et visceribus, nelle stesse vene e viscere della Chiesa, come diceva san Pio X.
Di conseguenza voi comprendete che il mio pensiero politico personale sul regime che meglio convenga alla Francia, per esempio, ha poca importanza.
Del resto i fatti parlano da soli: quel che la monarchia francese non era riuscita a fare, lo ha realizzato la democrazia: cinque sanguinose rivoluzioni (1789, 1830, 1848, 1870, 1945), quattro invasioni straniere (1815, 1870, 1914, 1940), due spoliazioni della Chiesa, espulsioni degli ordini religiosi, soppressioni delle scuole cattoliche, e laicizzazioni delle istituzioni (1789 e 1901), ecc…
Tuttavia, diranno alcuni, Papa Leone XIII chiese «l’adesione» dei cattolici francesi al regime repubblicano (51) (cosa che, fra parentesi, provocò una catastrofe politica e religiosa). Del resto altri criticano questo atto di Leone XIII definendolo, come il suo autore, liberale.
Io non credo che Leone XIII fosse un liberale e ancor meno un democratico. No: egli semplicemente credette di suscitare una buona combinazione politica per il bene della religione in Francia; ma è chiaro che egli dimenticava l’origine e la costituzione irrimediabilmente liberali, massoniche e anticattoliche della democrazia francese.
L'ideologia democratica
Nata dal postulato liberale dell’individuo-re, l’ideologia democratica si costruisce poi in maniera logica: gli individui giungono allo stato sociale grazie ad un patto convenzionale: il contratto sociale che è, dice Rousseau, una «alienazione totale di ogni associato, con tutti i suoi diritti, in tutta la comunità». Da qui derivano:
- la necessaria sovranità popolare: il popolo è necessariamente sovrano, trae da se stesso il suo potere, e lo mantiene anche dopo aver eletto i suoi governanti.
- l’illegittimità di ogni regime che non abbia alla sua base la sovranità popolare o nel quale i governanti affermino di ricevere il loro potere da Dio.
Da qui per conseguenza, in pratica:
- la lotta per lo stabilimento universale della democrazia;
- la «crociata delle democrazie» contro ogni regime che faccia riferimento all’autorità divina, definita allora regime «sacrale», «assolutista». A tal riguardo, il trattato di Versailles del 1919, che sopprimeva le ultime monarchie veramente cristiane, fu una vittoria liberale, e precisamente massonica (52).
- il regno politico delle maggioranze, che si presume esprimano la sacrosanta ed infallibile volontà generale.
All’occasione mi piace ripetere, dinanzi a questo democratismo che pervade oggi la Chiesa tramite la collegialità, che la maggioranza non fa la verità: e fuori dalla verità e dalla vera giustizia verso Dio e il prossimo, cosa si può costruire di solido?
Condanna dell’ideologia democratica da parte dei Papi
I Papi non hanno cessato di condannare questa ideologia democratica. Leone XII l’ha fatto ex professo nella sua Enciclica Diuturnum della quale vi ho già parlato;
«Che anzi, moltissimi dei tempi nostri, camminando sulle orme di coloro che nel secolo passato si dettero il nome di filosofi, dicono che ogni potere viene dal popolo, per cui coloro che esercitano questo potere, non lo esercitano come proprio, ma come dato a loro dal popolo, e altresì colla condizione che dalla volontà dello stesso popolo, da cui il potere fu dato, possa venir revocato.
«Da costoro però dissentono i cattolici, per i quali il diritto di comandare deriva da Dio, come dal suo naturale e necessario principio.
«Importa però notare qui che coloro i quali siano per esser preposti alla pubblica cosa, possano in talune circostanze venir eletti per volontà e deliberazione della moltitudine, senza che a ciò sia contraria o ripugni la dottrina cattolica. Colla quale scelta tuttavia si designa il Principe, ma non si conferiscono i diritti del principato: non si dà l’imperio, ma si stabilisce da chi deve essere amministrato» (53).
Dunque, ogni autorità viene da Dio, anche in democrazia!
Ogni autorità viene da Dio. Questa verità è una verità rivelata e Leone XIII si sforza di stabilirla solidamente tramite la Sacra Scrittura, la tradizione dei Padri e infine attraverso la ragione: un’autorità che emani soltanto dal popolo non avrebbe la forza di obbligare in coscienza pena il peccato (54):
«Nessuno degli uomini ha in sé o da sé di che potere con sì fatti vincoli di comando legare la libera volontà degli altri. Unicamente a Dio, creatore di tutte le cose e legislatore appartiene questa potestà: e quelli che la esercitano è necessario la esercitino come loro comunicata da Dio» (55).
Infine Leone XIII si dedica a mostrare la falsità del contratto sociale di Rousseau, che è la base dell’ideologia democratica contemporanea.
La Chiesa non condanna il regime democratico
Quel che voglio adesso dimostrarvi è che non tutte le democrazie sono liberali. C’è l’ideologiademocratica e c’è il regime democratico; se la Chiesa condanna l’ideologia, non condanna il regime, cioè la partecipazione del popolo al potere.
Già san Tommaso giustifica la legittimità del regime democratico:
«Che tutti abbiano una certa parte al governo; in tal modo viene infatti serbata la pace del popolo, e tutti amano una simile organizzazione e vigilano per mantenerla, come dice Aristotele nel libro II della sua Politica» (56).
Senza preferire la democrazia, il Dottore comune reputa che in concreto il miglior regime politico sia una monarchia nella quale tutti i cittadini abbiano una certa partecipazione al potere, eleggendo ad esempio coloro che governano sotto il monarca: questo è, dice san Tommaso, «un regime che ben unisce la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia» (57).
La monarchia francese dell’Ancien Régime, come molte altre, era più o meno di questo tipo, checché ne dicano i liberali: a quel tempo esisteva, fra il monarca e la moltitudine dei suoi sudditi, tutto un ordine e una gerarchia di molteplici corpi intermedi, che facevano valere in alto luogo i loro competenti pareri.
Dal canto suo, la Chiesa cattolica non mostra preferenze per il tale o il talaltro regime; essa ammette che i popoli scelgano la forma di governo più adatta alla loro indole e alle circostanze:
«[…] poiché non vi è alcuna ragione, perché la Chiesa non approvi il principato d’uno o di molti, purché esso sia giusto e rivolto al comune vantaggio. Perciò, salva la giustizia, non s’impedisce ai popoli di procacciarsi quel genere di reggimento, che meglio convenga alla loro indole, o alle istituzioni ed ai costumi dei loro maggiori» (58).
Cos’è una democrazia non liberale?
Ammetto che una democrazia non liberale è una specie rara, al giorno d’oggi scomparsa, ma non è proprio del tutto una chimera: prova ne sia la repubblica del Cristo Re, quella dell’Ecuador di Garcia Moreno, nel secolo scorso.
Ecco i tratti caratteristici di una democrazia non liberale:
1) Primo principio. Il principio della sovranità popolare: in primo luogo si limita al regime democratico e rispetta la legittimità della monarchia. Poi, è radicalmente differente da quello della democrazia rousseauiana: il potere risiede sì nel popolo, ma né in maniera originaria né in maniera definitiva; è dunque da Dio che il potere viene al popolo; da Dio autore della natura sociale dell’uomo, e non dagli individui-re. E una volta che i governanti vengono eletti dal popolo, quest’ultimo non conserva l’esercizio della sovranità (59).
- Prima conseguenza: non è una moltitudine amorfa di individui che governa, ma il popolo in corpi costituiti: i suoi capi di famiglie (che potranno legiferare direttamente in Stati molto piccoli, come quello di Appenzell in Svizzera), i suoi contadini e commercianti, industriali e operai, grandi e piccoli proprietari, militari e magistrati, religiosi, sacerdoti e vescovi, cioè, dice Monsignor de Ségur, «la nazione con tutte le sue forze vive, costituita in una rappresentanza seria e capace, tramite i suoi veri rappresentanti, di esprimere i suoi voti, di esercitare liberamente i suoi diritti» (60). Pio XII, a sua volta, distingue nettamente il popolo e la massa:
«Popolo e moltitudine amorfa o, come suol dirsi, “massa” sono due concetti diversi. Il popolo vive e si muove per vita propria; la massa è per sé inerte, non può essere mossa che dall’esterno. Il popolo vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono, ciascuno dei quali – al proprio posto e nel proprio modo – è una persona consapevole delle proprie responsabilità e delle proprie convinzioni. La massa, invece, aspetta l’impulso dal di fuori, facile trastullo nelle mani di chiunque ne sfrutti gli’istinti o le impressioni, pronta a seguire, a volta a volta, oggi questa, domani quell’altra bandiera» (61).
- Seconda conseguenza: i governanti eletti, anche se li si chiama, come fa san Tommaso, «vicari della moltitudine», lo sono solamente nel senso che fanno per la moltitudine ciò che essa non può fare da sé, cioè governare. Ma il potere viene loro da Dio, «dal quale ogni paternità in cielo e sulla terra trae il suo nome» (Ef 3, 15). I governanti sono dunque responsabili dei loro atti innanzitutto davanti a Dio del quale sono i ministri, e solo in seguito dinanzi al popolo, per il bene comune del quale essi governano.
2) Secondo principio: I diritti di Dio (e quelli della sua Chiesa, in una nazione cattolica) vengono posti a fondamento della costituzione. Il decalogo è dunque l’ispiratore di tutta la legislazione.
- Prima conseguenza: la «volontà generale» è nulla se essa va contro i diritti di Dio. La maggioranza non «fa» la verità, essa deve mantenersi dentro la verità, pena una perversione della democrazia. Pio XII sottolinea a ragione il pericolo, insito nel regime democratico, e contro il quale la costituzione deve reagire: il pericolo di depersonalizzazione, di massificazione e di manipolazione della moltitudine tramite gruppi di pressione e maggioranze artificiose.
- Seconda conseguenza: la democrazia non è laica, ma apertamente cristiana e cattolica. Essa si conforma alla dottrina sociale della Chiesa concernente la proprietà privata, il principio di sussidiarietà, e l’educazione affidata alle cure della Chiesa e dei genitori, ecc…
Riassumendo: la democrazia, come ogni altro regime, deve realizzare il regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. La democrazia deve ugualmente avere un Re: Gesù Cristo.
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49) Non è perché i Vescovi sinistrorsi fanno politica socialista o comunista che la Chiesa dovrebbe astenersi dal fare politica! La Chiesa ha un potere, senza dubbio indiretto, ma reale sull’ambito temporale e sulla vita della città. Il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo è una preoccupazione essenziale della Chiesa.
50) Quotidiano e movimento politico diretto da Charles Maurras, l’Action Française lottava, su sane basi naturali, contro il democratismo liberale. La si accusò a torto di liberalismo. Papa Pio XI, ingannato, condannò l’Action Française. Il suo successore, Pio XII, dovette rimuovere questa sanzione. Ma il male era fatto: il 1926 segna in Francia una tappa decisiva nella «occupazione» della Chiesa da parte della frazione liberale, detta «cattolico-liberale».
51) Cfr. Enciclica Au milieu des sollicitudes, del 16 febbraio 1892, ai vescovi e ai fedeli di Francia.
52) Cfr. H. Le Caron, Le plan de domination mondiale de la contre-église, p. 22.
53) PIN, 93-94.
54) Essa potrebbe sì costringere con la minaccia di pene, ma non è così, dirà Giovanni XXIII in Pacem in Terris, che si suscita la ricerca del bene comune da parte di ciascuno! L’autorità è innanzi tutto una forza morale.
55) Diuturnum, PIN 96.
56) I II, 105, I.
57) Ibid.
58) Leone XIII, Enciclica Diuturnum, PIN 94.
59) Cfr. Diuturnum, cit. prima, e anche Monsignor de Ségur, La Révolution, p. 73.
60) Op. cit. p. 73.
61) Radio Messaggio di Natale, 24 dicembre 1944, PIN 843.
(Fonte: MONS. MARCEL LEFEBVRE - Lo hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare)