p.Elia
IL TESTO
«Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm, il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio. I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè. Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato più di ogni altro i Giudei andavano da lui.
In quell’anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: “L’iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo”.
Questi frequentavano la casa di Ioakìm e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro.
Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito.
I due anziani che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un’ardente passione per lei: persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.
Eran colpiti tutt’e due dalla passione per lei, ma l’uno nascondeva all’altro la sua pena, perché si vergognavano di rivelare la brama che avevano di unirsi a lei.
Ogni giorno con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse all’altro:
“Andiamo pure a casa: è l’ora di desinare” e usciti se ne andarono. Ma ritornati indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento opportuno di poterla sorprendere sola.
Mentre aspettavano l’occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo.
Non c’era nessun altro al di fuori dei due anziani nascosti a spiarla.
Susanna disse alle ancelle: “Portatemi l’unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno”.
Esse fecero come aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti.
Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero: “Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle”.
Susanna, piangendo, esclamò: “Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!”.
Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
I servi di casa, all’udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo.
Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna. Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna.
Rivolti al popolo dissero: “Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm”.
Mandarono a chiamarla ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti.
Susanna era assai delicata d’aspetto e molto bella di forme; aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza. Tutti i suoi familiari e amici piangevano. I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa. Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore.
Gli anziani dissero: “Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle. Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei. Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme. Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito. Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l’ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni”.
La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte.
Allora Susanna ad alta voce esclamò: “Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me”.
E il Signore ascoltò la sua voce.
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: “Io sono innocente del sangue di lei!”.
Tutti si voltarono verso di lui dicendo: “Che vuoi dire con le tue parole?”.
Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: “Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei”.
Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: “Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell’anzianità”.
Daniele esclamò: “Separateli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò”.
Separati che furono, Daniele disse al primo: “O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce, quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente. Ora dunque, se tu hai visto costei, dì: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?”.
Rispose: “Sotto un lentisco”.
Disse Daniele: “In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due”.
Allontanato questo, fece venire l’altro e gli disse: “Razza di Cànaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità. Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?”.
Rispose: “Sotto un leccio”.
Disse Daniele: “In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire”.
Allora tutta l’assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui. Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo e applicando la legge di Mosè li fece morire.
In quel giorno fu salvato il sangue innocente. Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto. Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo».
«Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm, il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio. I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè. Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato più di ogni altro i Giudei andavano da lui.
In quell’anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: “L’iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo”.
Questi frequentavano la casa di Ioakìm e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro.
Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito.
I due anziani che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un’ardente passione per lei: persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.
Eran colpiti tutt’e due dalla passione per lei, ma l’uno nascondeva all’altro la sua pena, perché si vergognavano di rivelare la brama che avevano di unirsi a lei.
Ogni giorno con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse all’altro:
“Andiamo pure a casa: è l’ora di desinare” e usciti se ne andarono. Ma ritornati indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento opportuno di poterla sorprendere sola.
Mentre aspettavano l’occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo.
Non c’era nessun altro al di fuori dei due anziani nascosti a spiarla.
Susanna disse alle ancelle: “Portatemi l’unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno”.
Esse fecero come aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti.
Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero: “Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle”.
Susanna, piangendo, esclamò: “Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!”.
Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
I servi di casa, all’udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo.
Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna. Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna.
Rivolti al popolo dissero: “Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm”.
Mandarono a chiamarla ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti.
Susanna era assai delicata d’aspetto e molto bella di forme; aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza. Tutti i suoi familiari e amici piangevano. I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa. Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore.
Gli anziani dissero: “Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle. Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei. Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme. Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito. Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l’ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni”.
La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte.
Allora Susanna ad alta voce esclamò: “Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me”.
E il Signore ascoltò la sua voce.
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: “Io sono innocente del sangue di lei!”.
Tutti si voltarono verso di lui dicendo: “Che vuoi dire con le tue parole?”.
Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: “Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei”.
Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: “Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell’anzianità”.
Daniele esclamò: “Separateli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò”.
Separati che furono, Daniele disse al primo: “O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce, quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente. Ora dunque, se tu hai visto costei, dì: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?”.
Rispose: “Sotto un lentisco”.
Disse Daniele: “In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due”.
Allontanato questo, fece venire l’altro e gli disse: “Razza di Cànaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità. Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?”.
Rispose: “Sotto un leccio”.
Disse Daniele: “In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire”.
Allora tutta l’assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui. Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo e applicando la legge di Mosè li fece morire.
In quel giorno fu salvato il sangue innocente. Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto. Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo».
COMMENTO
Introduzione
Nel Libro di Daniele (al capitolo XIII, dai versi 1- 64) si trova inserito in un capitolo il racconto di Susanna, che è quasi un libro nel Libro.
Questo racconto ha un significato spirituale molto profondo e attuale per gli uomini di tutti i tempi: chi vive secondo la retta Fede ed osserva la Legge di Dio è aiutato dalla Provvidenza divina, anche se può sembrare, inizialmente, che Dio lo abbia abbandonato. L’importante è confidare sempre in Dio e non perdere mai la Speranza in Lui.
Nel capitolo XIII del Libro di Daniele non si parla del Tempio di Gerusalemme e neppure del sacerdozio. I personaggi principali sono due giudici iniqui d’Israele che tradiscono la loro vocazione e son messi a morte: le guide d’Israele vengono rimpiazzate grazie all’intervento di un giovane profeta che si chiama Daniele. Tutto ciò apre le porte al Nuovo Testamento che si aggiunge al Vecchio e lo completa. È per questo che il giudaismo talmudico rifiuta come apocrifo questo Libro, il quale invece è ritenuto canonico dalla Chiesa cattolica. Non si dimentichi che Daniele è il profeta che annuncia gli ultimi avvenimenti.
Il profeta Daniele
Daniele ancor giovinetto fu deportato in Babilonia quando Nabucodonosor conquistò per la prima volta (605 a. C.) Gerusalemme. Egli fu prediletto dal Signore per la sua fedeltà alla Legge anche in terra idolatrica (Dan., I). È giudice saggio nell’episodio di Susanna di cui ci occupiamo nel presente articoletto (Dan., XIII). Inoltre è veggente ispirato da Dio nell’interpretare il sogno di Nabucodonosor (Dan., II).
Il sogno di Nabucodonosor riguarda una grande statua dalla testa d’oro, il petto d’argento, il ventre di rame, le gambe di ferro, i piedi di argilla, e, una pietruzza, che staccatasi dalla montagna, ne colpisce i piedi argillosi mandandola in frantumi, rimpiazzandola e diventando una grandissima montagna la quale riempie tutta la terra. La statua composta dai quattro suddetti elementi rappresenta e simboleggia la successione dell’impero babilonese (oro), medio-persiano (argento), greco (rame), siriaco (argilla); ai quali segue, infine, il Regno del Messia (pietra-montagna) cioè la Chiesa di Cristo (Dan., III).
Infine dopo esser stato gettato nella fossa dei leoni ed esserne uscito illeso per divina disposizione (Dan., VI) Daniele pronunzia quattro profezie:
1°) i quattro imperi:
~a) Daniele vede i capi degli imperi rappresentati da bestie: un leone (impero babilonese/oro);
~b) un orso (impero persiano/argento);
~c) un leopardo (impero greco/rame);
~d) una bestia con dieci corna (impero siriaco).
Tra questi quattro capi ne spunta uno nuovo, una potenza malefica, assieme umana e bestiale. Si tratta di un re che proferirà bestemmie contro Dio, opprimerà i Suoi fedeli (Giudei/Cristiani nell’Antica e nella Nuova Alleanza) e progetterà l’abolizione della vera religione (Libro dei Maccabei/ Apocalisse). Inoltre avrà in suo potere i santi (dell’Antico e del Nuovo Testamento) per tre anni e mezzo (un tempo, due tempi e metà tempo) all’epoca di Antioco IV Epifane (175-164 a. C.) e alla fine del mondo con il regno dell’Anticristo finale. Egli però sarà sconfitto e al suo regno seguirà il regno dei Santi (la Chiesa del Nuovo Testamento e il Regno dei Cieli dopo la fine del mondo). Ed ecco venir sulle nubi come un “Figliol dell’uomo” (Gesù) al quale Iddio dà il dominio sul mondo intero.
2°) la profezia o visione del montone (impero persiano/argento) e del capro (impero greco/rame). Il capro abbatte il montone, ma il suo corno si spezza e dà origine a quattro corni, da uno esce un piccolo corno che diviene tosto grandissimo e calpesta il popolo di Dio (Israele/Cristiani), agisce contro Dio (Antioco Epifane/Anticristo finale) facendo cessare l’olocausto giornaliero e profanando il Tempio di Gerusalemme per circa tre anni e mezzo (simbolo della persecuzione contro la Chiesa scagliata dall’Anticristo finale, che la riporterà quasi all’epoca del nascondimento e delle catacombe).
3°) la visione profetica delle settanta settimane, partendo dal ritorno di Israele dall’esilio babilonese (Ier., XXV, 12) sino al termine rappresentato dalla persecuzione e morte di Antioco IV Epifane (164 a. C.). Le settanta settimane si suddividono in tre periodi.
# Il 1° (composto di sette settimane ossia quarantanove anni), dalla fine del regno di Giuda al 538 a. C. in cui Ciro di Persia concederà il ritorno dei Giudei in Patria e permetterà loro di ricostruire il Tempio di Gerusalemme.
# Il 2° consta di sessantadue settimane (quattrocentotrentaquattro anni), in cui sarà compiuta la ricostruzione suddetta.
# Il 3° al termine di questa seconda era quando Onia III (un pio Sommo Sacerdote) sarà ucciso nel 172 a. C. ed avrà inizio la feroce persecuzione scatenata da Antioco IV Epifane che è l’ultima settimana, nella quale “per metà della settimana” (tre anni e mezzo) cesserà il Sacrificio e nel Tempio avverrà un’orrenda abominazione (la statua di Giove è introdotta nel Tempio) che durerà sino alla morte del persecutore.Ma alla fine delle settanta settimane cesserà la trasgressione e inizierà il regno del Messia. Tutte le visioni sono correlative e si completano a vicenda e tutte pongono l’inizio del regno messianico dopo la morte di Antioco IV. Un anno dopo questa morte, nel 165 Giuda Maccabeo, vittorioso, purificò il Tempio e vi ristabilì il culto. Le profezie circa l’era messianica simboleggiano ciò che avverrà prima della fine del mondo e alla Parusia.
Tuttavia una parte del giudaismo posteriore ad Antioco IV (i Farisei) leggerà la resistenza dei fratelli Maccabei in maniera strettamente nazionalistica, sciovinistica e razziale, scivolando, così, verso l’odio contro lo straniero, il Gentile o il goy, ritenenuto escluso dalla salvezza messianica, interpretata in chiave strettamente temporale e politica (cfr. l’articolo sulla “Apocalittica giudaica e Messianismo” apparso in questo sito) e quindi al rifiuto di Gesù Cristo (il “Figlio dell’uomo” predetto da Daniele) da parte dei capi di Israele.
Il capitolo XIII del Libro di Daniele
Il Libro di Daniele e in maniera specifica il capitolo XIII che ci interessa tratta della storia di una giovane donna di nome Susanna, ma contiene un significato morale molto alto che si avvicina allo spirito del Vangelo: “vuole insegnarci come la Provvidenza divina salvi chi vive nella fedeltà alla Legge, protegga cioè l’innocente. Dio guida i passi del giusto e non abbandona mai fino in fondo chi confida in Lui”.
Susanna è il simbolo di Israele: il popolo che Dio aveva scelto nella Vecchia Alleanza per preparare il terreno al Messia e farlo conoscere al mondo intero. Ma la maggior parte del popolo prescelto da Dio si è dimostrata infedele alla sua vocazione quando è venuto il Messia nella persona di Gesù.
Come i due giudici malvagi del Libro di Daniele anche la parte infedele di Israele sarà rigettata da Dio e al suo posto subentrerà chi ha mantenuto la Fede nel Messia annunciato dai Profeti ed ha osservato la sua Legge a differenza degli scribi e dei farisei “qui dicunt sed non faciunt / i quali dicono e parlano bene ma non mettono in pratica ciò che predicano”.
La fedeltà del popolo è compromessa dai suoi capi: i due giudici del racconto di Susanna nel Vecchio Testamento e i Farisei del tempo di Gesù. Coloro che dovrebbero guidare i fedeli si pervertono e son causa di sventure per il popolo che dovrebbero portare verso Dio. I due giudici ci fanno capire già nell’Antico Testamento che una parte di Israele (e la parte “nobile”) ha rinunziato alla Fede, alla Legge e all’accettazione del Messia che sta per venire.
Inoltre il libro descrive, con una grande perizia psicologica, le tappe della tentazione diabolica, che se non è rigettata subito dall’uomo lo porta alle peggiori nefandezze. “Lo scrittore ispirato analizza con cura il processo della tentazione che, prima sconvolge il cuore, e porta poi ad atti di per sé così poco onorevoli, anzi ridicoli: i due vecchi che spiano la donna, la contemplano e rivelano la loro passione. Tutto è analizzato con grande finezza”.
Questo racconto ci propone un modello di vita e di santità, ci infonde fiducia e coraggio nelle prove, e preannunzia l’avvento messianico, la fine della Vecchia Alleanza e in ultima istanza la Parusia e il Regno dei cieli. “Daniele è il profeta che annuncia gli ultimi avvenimenti, il compimento di tutta la storia nel giudizio di Dio”.
Ioakim lo sposo di Susanna
Ioakim non interviene con azioni e parole nel racconto (compare solo alla fine), ma la sua presenza lo pervade e in un certo senso lo domina. Susanna è fedele allo sposo, la casa e il giardino ove si svolge la storia di Susanna e dei due vecchioni perversi sono di Ioakim. Ma chi rappresenta questo sposo di Susanna? In un certo senso si può dire che la fedeltà di Susanna a Ioakim rappresenta la fedeltà di Israele all’Alleanza fatta con Dio. Tuttavia i capi del popolo una volta scelto da Dio (i due vecchi giudici) sono perversi, infedeli a Dio e corruttori del popolo che invece dovrebbero guidare verso Dio. L’Alleanza si fa tra due parti e se una non è fedele cessa. “Deus non deserit nisi prius deseratur / Dio abbandona solo se prima è abbandonato dall’uomo”. Così è stata per la Vecchia Alleanza infranta dai capi d’Israele che hanno rifiutato Gesù ed è stata sostituita dalla Nuova ed Eterna Alleanza nel Sangue divino di Cristo.
Nel racconto di Susanna Dio, tramite il giovine profeta Daniele, salva il popolo, Susanna e la sua famiglia dal tradimento perpetrato dai due giudici, che altrimenti avrebbero trascinato tutti nella rovina. Purtroppo alla venuta del Messia, Gesù di Nazareth, la maggior parte del popolo si fa trascinare dai Sacerdoti, dagli scribi e dei farisei e rifiuta Gesù condannandolo alla morte di croce.
Qui nel Libro di Daniele il popolo all’inizio si lascia fuorviare dai suoi capi, ma grazie alla sapienza del giovane profeta illuminato da Dio capisce il loro inganno, li ripudia, si stringe attorno alla sventurata Susanna e al suo sposo. Il popolo è rimasto fedele alla tradizione, a Dio e alla Sua Legge; non così i suoi capi. È per l’intervento di Dio, e non dei capi, che la Nazione è salvata.
La trama del drammatico racconto
Nei primi cinque versi si parla della persona di Ioakim, lo sposo di Susanna, il quale domina tutto il racconto anche se appare fisicamente solo alla sua fine.
Dal verso 6 al 28 è descritta la tentazione dei giudici, che vorrebbero indurre al peccato Susanna, ma ella rimane fedele a Dio e preferisce morire piuttosto che peccare. Forse non sarebbe esagerato vedere qui un invito di Dio al Suo popolo a restare fedele al Messia malgrado l’opposizione e le pressioni dei Sacerdoti, del Sinedrio, degli scribi e dei farisei. Tuttavia nell’avvento di Gesù il popolo è meno fedele che nella storia di Susanna. Solo pochi resteranno fedeli al Messia promesso.
Dal verso 29 al 45 Susanna viene condannata a morte dal popolo che in buona fede crede ai suoi capi.
Dal versetto 46 al 63 si manifesta l’intervento di Dio che salva l’innocente, il quale ha sperato solo in Lui e ha preferito la morte, la vergogna e la condanna piuttosto che offendere il Signore. Il giudizio è capovolto, i giudici sono smascherati e saranno loro ad essere condannati.
L’indurimento del cuore
Oltre la descrizione del procedere della tentazione (dalla suggestione al consenso), il racconto colpisce per l’indurimento del cuore dei due giudici che vogliono corrompere un’innocente e non essendovi riusciti la vogliono far condannare a morte, ricoperta di vergogna assieme alla sua famiglia (genitori, figli e sposo).
Forse questa ostinazione nel male è la parte più grave del loro peccato mortale.
“Il peccatore che trova un ostacolo al soddisfacimento della sua passione, arriva al proposito criminale di accusare l’innocente, arriva al delitto di una sua condanna a morte. E l’autore ispirato ci descrive la donna la quale presa dall’angoscia non attende altro soccorso che da Dio. E Dio prova la fedeltà della donna sino all’ultimo. La fedeltà alla Legge divina può chiedere, può esigere perfino la morte. Dio non interviene nella sua difesa se non nell’ultimo istante. L’intervento di Dio è libero: se l’uomo può invocarlo non ha il diritto di pretenderlo”.
La grazia è un dono gratuito di Dio e non è dovuta alla natura umana come vorrebbe il modernismo.
Analogia tra la tentazione della Genesi, quella di Susanna e il dramma del Calvario
Il diavolo tenta Eva e Adamo nel giardino del Paradiso terrestre presso l’albero della scienza del bene e del male. I due vecchioni tentano Susanna nel giardino di suo marito sotto un albero. Il Maligno sotto l’albero della Croce spinge i farisei e i Sacerdoti a crocifiggere Gesù nel giardino del Gòlgota. Susanna cambia il peccato di Eva in obbedienza a Dio, e, Maria, ai piedi della Croce, tramuta l’Eva in Ave. Se Eva, la prima donna, ha ceduto, Susanna, che è la figura della Madonna, non solo non cede ma è sorretta da una Speranza eroica nell’aiuto del Signore. La condanna non colpisce Susanna né Maria, ma i loro avversari (i due giudici e i capi del popolo d’Israele che hanno condannato Gesù). Ma qui nel racconto di Susanna l’uomo, lo sposo non compare se non alla fine, come una sorta di Messia liberatore. “La salvezza della donna già prelude all’avvenimento finale, che sarà la manifestazione dello sposo. Così il racconto di Susanna ha carattere messianico”.In effetti lo sposo è un mistero, non appare, non parla, non interviene, si parla di lui all’inizio del racconto come se dovesse essere il suo personaggio principale. Poi il silenzio, anche se la sua presenza pervade il racconto intero. Anche quando Susanna viene condannata alla lapidazione e sta per essere condotta sul luogo dell’esecuzione Ioakim non appare, non la difende né la rimprovera.
Poi ci sono i giudici che dovrebbero guidare la Nazione verso Jhaveh. In questo racconto se ne vedono solo due e sono entrambi malvagi, empi, infedeli; rovinerebbero la Nazione se non intervenisse il profeta Daniele e facesse liberare la casta Susanna e condannare i due vecchioni. La Nazione illuminata da Daniele rimane fedele a Dio e ripudia il male.
La psicologia dello svolgimento della tentazione
«I due anziani furono presi da un’ardente passione per Susanna: persero il lume della ragione. […]. I due anziani le dissero: “acconsenti e datti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te”. Susanna, piangendo, esclamò: “Meglio per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!”» (Dan., XIII, 14, 22-24). Come siamo vicini alla Nuova Alleanza! Non sono i capi, i giudici ma un giovanissimo profeta a presentare la sposa (la Nazione) allo Sposo che sta venendo (il Messia). La fedeltà della Nazione al Signore prepara l’avvento dell’era messianica. Infatti, dopo la prova, lo Sposo (il Messia) appare, pur essendo rimasto invisibile sino ad allora e come assente. L’attesa della manifestazione dello Sposo è il simbolo dell’attesa della Nazione dell’avvento del Messia da tanti secoli invocato e sospirato. Ai due giudici iniqui del Libro di Daniele (vedi Anna e Caifa nei Vangeli) subentra lo Sposo a governare personalmente la sua casa ossia la Nazione e poi il mondo intero.
“Susanna, figura della Nazione santa, è nelle mani dei due giudici. Non è nelle mani del suo Sposo. Essi le dicono apertamente che possono fare di lei quello che vogliono. Ma essa non tradirà il suo Sposo e il suo Dio. Di fatto la faranno condannare a morte; ma non potranno ottenere la sua complicità, non potranno ottenere che sia infedele al suo Sposo e al suo Dio. […]. Essi la vogliono infedele; se non ottengono l’infedeltà, vogliono la sua condanna. […]. Solo l’intervento di Dio potrà liberare Susanna. […]. Andrà verso la morte senza che vi sia per lei prospettiva di salvezza. Nulla fa presentire l’intervento di Dio. Questo intervento sarà imprevisto e libero. Dio la salverà dalla morte all’ultimo istante”. Come non pensare al comportamento degli Apostoli dopo la Pentecoste davanti al Sinedrio che voleva obbligarli a disobbedire a Dio e a rinnegare Gesù Cristo? Allo stesso modo i due giudici “custodi della Legge, non credono in Dio. […]. I custodi della Legge si mostrano zelanti della Legge nell’atto stesso che la conculcano”.
La condanna a morte
Quando i due loschi vecchioni emisero la condanna a morte di Susanna ella “alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore”. Naturalmente la moltitudine prestò fede ai giudici, poiché erano le guide del popolo e aderì alla condanna. “Il popolo non sa credere all’accusa e tuttavia non ha il coraggio di opporsi alla loro falsa testimonianza con un esame più attento”. Come non pensare alla manipolazione delle coscienze del popolo di Gerusalemme (quando Pilato chiese se volevano libero Gesù o Barabba) operata dal Sinedrio tramite i suoi sgherri inviati nella piazza a sobillare le folla affinché chiedesse la liberazione di Barabba…
Si noti, inoltre, come il racconto di Susanna ci fa capire la negatività della lussuria, oggi tanto esaltata! Infatti è proprio la lussuria dei due vecchioni che genera in loro l’odio e il desiderio di vendetta nei confronti di Susanna.
Freud, la Scuola di Francoforte, lo Strutturalismo francese, il nominalismo nichilistico di Umberto Eco si servono della forza propulsiva della lussuria per scatenare la rivolta non solo sociale, ma familiare e persino in interiore homine. L’odio, la vendetta, l’omicidio che oggi imperversano ogni giorno nel nostro povero mondo impazzito sono stati scatenati dalla lussuria eretta a nuova “divinità” dalla post-modernità. Non ci dobbiamo meravigliare della crudeltà della nostra epoca; essa va di pari passo con le coppie di fatto, le adozioni dei bambini da parte delle “famiglie” omosessuali. Questa è veramente l’epoca della globalizzazione. Il mondo intero o il “Nuovo Disordine Mondiale” ha universalizzato e mondializzato Sodoma. Se tanto dà tanto, il castigo che incombe sulle nostre teste sarà molto più grave per estensione e intensità di quello che toccò a Sodoma.
Don Divo Barsotti commenta: “Il lussurioso non ama. I due vecchi […] vogliono asservire Susanna alle loro voglie”. “Amare est velle alicui bonum / amare significa volere e procurare il bene di qualcuno” (Aristotele). L’amore riguarda il bene dell’altro, l’egoismo e la lussuria il proprio soddisfacimento. Certamente i due giudici non vogliono il bene di Susanna e non vogliono bene a Susanna, cercano se stessi, il proprio piacere e quando Susanna si rifiuta di soddisfare le loro brame per non offendere il Signore, ne vogliono il male estremo: la morte accompagnata da un’accusa vergognosa e infamante, che ricade non solo su di lei, ma sulla sua famiglia: genitori, sposo e figlioli.
Il silenzio apparente di Dio
Nessuno sembra intervenire a favore di Susanna, nonostante la sua innocenza, il suo pianto e le sue preghiere piene di Speranza in Dio.
Lo Sposo non appare neppure in questo drammatico momento in cui Susanna sta per essere condotta a morte. Come mai? Per far risaltare ancor meglio che la vera e definitiva difesa dell’innocente viene da Dio. Egli, invisibile e silenzioso, vede tutto e ascolta tutto. La preghiera di Susanna è ascoltata e solo all’ultimo istante, quando umanamente tutto sembra perduto, Dio interviene suscitando il profeta Daniele, che illuminato dal Signore scopre l’inganno dei due giudici e rivela l’innocenza di Susanna.
La Legge morale non è fondata sul volere umano dei capi del popolo, in questo caso dei due giudici, e neppure su quella del “popolo sovrano”. La Legge è fondata sulla natura e ultimamente in Dio Creatore della natura. Susanna lo sa e non risponde ai giudici, che pur sono i custodi della Legge e i capi del popolo d’Israele, del suo agire morale. Sa che secondo la Legge naturale e divina la fornicazione è un disordine gravemente immorale e quindi decide che per restar fedele a Dio e alla Sua Legge deve disobbedire ai cattivi custodi della Legge, i quali sono i primi a violarla con i fatti anche se la insegnano con le parole, proprio come i farisei al tempo di Gesù, che violavano la Legge mentre erano assisi sulla cattedra di Mosè a giudicare secondo la Legge.
Susanna “distingue la volontà di coloro che le rappresentano la Nazione, dalla Volontà di Dio. Per compiere la Sua Volontà, deve rifiutarsi alla volontà dei suoi capi”. È la drammatica alternativa in cui la crisi neo-modernista del Concilio Vaticano II ha posto le coscienze dei cattolici fedeli.
La preghiera di Susanna è “l’invocazione di un’anima che si trova in un’angoscia mortale, ma sente Dio vicino e si affida a Lui. Essa non è sola: va verso la morte , ma non si ribella, non rimprovera Dio del suo silenzio”.
Oggi purtroppo va di moda la “teologia del silenzio di Dio”, che, avendo permesso Aushwitz, ha taciuto e quindi o non esiste o non è onnipotente. Tutto il contrario la casta Susanna: Dio tace, ma lei non si lamenta, anzi “alza gli occhi al cielo con il cuore pieno di fiducia nel Signore” poiché sa che è onnipresente e onnipotente e se permette un male è per trarne un bene maggiore. Dio vede tutto, è onnisciente; anche se noi non Lo vediamo, Lui ci vede, invisibile e muto è presente e ascolta.
Dio ascolta Susanna, anche se ci sembra che sia totalmente assente. Tutti (anche i genitori, i figli e le serve) la condannano seguendo i capi del popolo, ma ella continua a riporre in Dio la sua fiducia che non verrà delusa. Susanna ci ricorda Giobbe: “etiam si occiderit me, ego sperabo in Eum / anche se Dio mi uccidesse, io spererò in Lui”.
“I fedeli a Dio sono tutti coloro che sono oppressi, perseguitati, soli, senza difesa. Il potere del mondo è contro di loro ed essi vivono nel mondo senza altro aiuto che Dio. Dio stesso sembra ignorarli, eppure vede la loro angoscia e ascolta la loro preghiera. […]. Non li preserva dalla prova, ma dà loro fiducia e li sorregge nel loro cammino”.
“Cuor di Gesù che puoi, Cuor di Gesù che sai, Cuor di Gesù che vedi, Cuor di Gesù provvedi! Cuor di Gesù pensaci Tu!”.
L’intervento improvviso di Dio
«Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò lo spirito profetico di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: “Io sono innocente del sangue di lei! […]. Siete così stolti Israeliti? Avete condannato a morte una figlia di Israele senza indagare la verità!”» (Dan., XIII, 45).
Come non ripensare a Ponzio Pilato che dice ai Sacerdoti d’Israele: “Mi lavo le mani del sangue di questo innocente”, ossia non voglio entrare in una faccenda così sporca come la condanna a morte dell’innocente Gesù e quindi per non sporcarmi le mani in questa losca sentenza mi lavo le mani come segno esterno evidente a tutti che non ne partecipo.
Quini Daniele interroga i due giudici e li fa cadere in contraddizione, che per il buon senso rappresenta una prova di falsità e di errore, nonostante che la modernità, con Hegel, ne abbia fatto il criterio della verità e della vita. Perciò i due giudici vengono condannati a morte e Susanna è riabilitata con somma gioia di tutto il popolo. Certissimamente “Dio salva coloro che sperano in Lui” (Dan., XIII, 60).
Il profeta Daniele compie il giusto giudizio e lo compie in nome di Dio. Assolve Susanna e il popolo con lei, condanna i giudici con la stessa condanna di cui si erano serviti ingiustamente contro Susanna. “La Nazione è liberata da un governo che vuol farla prostituire e renderla infedele alla Legge”. Nella condanna a morte di Gesù le cose andranno diversamente. Gesù sarà crocifisso, solo una piccola parte della Nazione gli resterà fedele. Ma Roma circa quaranta anni dopo distruggerà Gerusalemme, il Tempio, ucciderà i sacerdoti, e la Vecchia Alleanza sarà rimpiazzata dalla Nuova ed Eterna nel Sangue di Gesù.
Alla fine appare lo Sposo
“Il padre di Susanna (Chelkia) e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakim” (Dan., XIII, 64).
Finalmente al termine del racconto appare lo sposo. Tuttavia la sua figura domina, anche se non parla e non agisce, tutta la storia di Susanna. Lo sposo non può negare nulla alla preghiera della sua sposa. Dio interviene sempre in risposta della preghiera. È questa la grande fiducia che ci dà il racconto di Daniele: a chi chiede sarà dato! Anche qui siamo vicinissimi agli insegnamenti dei Vangeli.
(doncurzionitoglia.wordpress.com)