Nostro Signore Gesù Cristo e il liberalismo

Dopo aver spiegato perché il liberalismo sia una rivolta dell’uomo contro l’ordine naturale concepito dal Creatore, rivolta che culmina nella città individualista, egalitaria e concentrazionaria, mi rimane da mostrarvi come il liberalismo combatta anche l’ordine sovrannaturale che è il disegno della Redenzione, cioè in definitiva come il liberalismo abbia l’obiettivo di distruggere il Regno di Nostro Signore Gesù Cristo, sia sull’individuo che sulla città.
Nei confronti dell’ordine sovrannaturale, il liberalismo proclama due nuove indipendenze che io adesso esporrò.

1) «L’indipendenza della ragione e della scienza nei riguardi della fede: è il razionalismo, per il quale la ragione, giudice sovrano e misura del vero, basta a se stessa e rifiuta ogni dominio esterno».
È quel che si chiama razionalismo.
Il liberalismo vuole qui liberare la ragione dalla fede che ci impone dei dogmi, enunciati in maniera definitiva e ai quali l’intelligenza deve sottomettersi.
La semplice ipotesi che certe verità possano oltrepassare le capacità della ragione è inammissibile. I dogmi debbono dunque essere sottoposti al vaglio della ragione e della scienza, e in maniera costante, dati i progressi scientifici.
I miracoli di Gesù Cristo, il meraviglioso della vita dei santi devono essere reinterpretati, demitificati.
Bisognerà distinguere accuratamente il «Cristo della fede», costruzione della fede degli apostoli e delle comunità primitive, dal «Cristo della storia», che non fu che un semplice uomo.
Ho già spiegato come la Rivoluzione del 1789 si sia compiuta nel segno della dea Ragione. Già sul frontespizio dell’Encyclopédie di Diderot (1751) figurava l’incoronazione della Ragione. Quarant’anni più tardi, la Ragione deificata diventava l’oggetto di un culto religioso pubblico:
«Il 20 brumaio (10 novembre 1793), tre giorni dopo che alcuni preti, col Vescovo metropolitano Gobel in testa, si furono “spretati” davanti all’Assemblea, Chaumette propose di festeggiare solennemente quel giorno in cui “la ragione aveva ripreso il suo impero”. Ci si affrettò a mettere in pratica un’idea così nobile, e venne deciso che il Culto della Ragione sarebbe stato celebrato, in maniera grandiosa, a Parigi, a Notre-Dame, espressamente addobbata grazie alle cure del pittore David. In cima ad una montagna di cartapesta, un piccolo tempio accoglieva una graziosa ballerina, tutta fiera di essere stata promossa Dea Ragione; schiere di fanciulle coronate di fiori cantavano degli inni. Quando la festa ebbe fine, notando che i rappresentanti non erano stati numerosi, si partì in corteo con la Ragione, per rendere visita alla Convenzione nazionale, dove il Presidente abbracciò la dea» (17).
Ma questo razionalismo eccessivamente radicale non piacque a Robespierre. Quando, nel marzo 1794, ebbe annientato gli «esagerati», «Reputò che la sua onnipotenza dovesse fondarsi su basi nobilmente teologiche e che avrebbe coronato la sua opera stabilendo un Culto dell’Essere Supremo di cui egli sarebbe stato il grande sacerdote. Il 18 floreale dell’Anno II (7 maggio 1794) pronunciò un discorso “sui rapporti delle idee religiose e morali con i princìpi repubblicani e sulle feste nazionali”, del quale la Convenzione votò la stampa.
Vi si garantiva che “l’idea dell’Essere supremo e dell’immortalità dell’anima” è un richiamo continuo alla giustizia, e che dunque tale idea è sociale e repubblicana. Il nuovo culto sarebbe stato quello della virtù.
Fu votato un decreto, secondo il quale il popolo francese riconosceva i due assiomi della teologia robespierriana; un’iscrizione che consacrava il fatto sarebbe stata posta sul frontone delle chiese. Seguiva una lista di festività che prendeva due colonne: la prima della lista era quella “dell’Essere supremo e della Natura”; fu deciso che sarebbe stata celebrata il 20 pratile (8 giugno 1794).
E infatti così fu: cominciava nel giardino delle Tuileries, dove un gigantesco rogo divorava tra le fiamme la mostruosa immagine dell’ateismo, mentre Robespierre pronunciava un discorso mistico, poi la folla cantava degli inni di circostanza, e proseguiva con una sfilata sino al Campo di Marte, dove tutti i convenuti seguivano un carro drappeggiato di rosso, tirato da otto buoi, carico di spighe e di foglie, tra le quali troneggiava una statua della Libertà» (18).
I vaneggiamenti stessi del razionalismo, le «variazioni» di questa «religione nei limiti della semplice ragione» (19), dimostrano a sufficienza la loro falsità.

2) «L’indipendenza dell’uomo, della famiglia, della professione, soprattutto dello Stato, nei confronti di Dio, di Gesù Cristo, della Chiesa; dipende dai punti di vista, ed ecco il naturalismo, il laicismo, il latitudinarismo (o indifferentismo) (…) da qui l’apostasia ufficiale del popoli che rifiutano la regalità sociale di Gesù Cristo, che disconoscono l’autorità divina della Chiesa».
llustrerò questi errori con alcuni considerazioni:
Il naturalismo sostiene che l’uomo è limitato alla sfera della natura e che non è per niente destinato da Dio allo stato sovrannaturale.
La verità è tutt’altra: Dio non ha creato l’uomo allo stato di pura natura. Dio ha costituito di primo acchito l’uomo nello stato sovrannaturale:
Dio, afferma il concilio di Trento, aveva costituito il primo uomo «nello stato di santità e di giustizia» (Dz 788).
L’uomo fu destituito dalla grazia santificante in conseguenza del peccato originale, ma la Redenzione mantiene il disegno di Dio: l’uomo rimane destinato all’ordine sovrannaturale.
Essere ridotto all’ordine naturale è per l’uomo uno stato violento che Dio non approva. Ecco quel che insegna il Cardinale Pie, dimostrando che lo stato naturale non è in sé cattivo, ma che è la sua destituzione dall’ordine sovrannaturale ad essere cattiva:
«Voi insegnerete, dunque, che la ragione umana ha una sua facoltà propria e i suoi attributi essenziali; voi insegnerete che la virtù filosofica possiede una bontà morale e intrinseca che Dio non disdegna di remunerare, negli individui e nei popoli, con certe ricompense naturali e temporali, talvolta persino con favori più elevati.
Ma voi insegnerete anche e proverete, con argomenti inseparabili dall’essenza stessa del cristianesimo, che le virtù naturali, che i lumi naturali, non possono condurre l’uomo al suo fine ultimo che è la gloria celeste.
«Voi insegnerete che il dogma è indispensabile, che l’ordine sovrannaturale nel quale l’autore medesimo della nostra natura ci ha costituito, con un atto formale della sua volontà e del suo amore, è obbligatorio e inevitabile;
voi insegnerete che Gesù Cristo non è facoltativo, e che al di fuori della sua legge rivelata non esiste, non esisterà mai il giusto ambiente filosofico e pacifico dove chicchessia, anima elevata o anima volgare, possa trovare il riposo della sua coscienza e la regola della sua vita.
«Voi insegnerete che non importa solamente che l’uomo compia il bene, ma importa che lo compia nel nome della fede, per un impulso soprannaturale, senza il quale i suoi atti non conseguiranno mai l’obiettivo finale che Dio gli ha indicato, cioè la felicità eterna dei cieli… » (20).
Così, nello stato dell’umanità concretamente voluto da Dio, la società non può costituirsi né sussistere al di fuori di Nostro Signore Gesù Cristo: è l’insegnamento di san Paolo:
«È in lui che tutte le cose sono state create, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra (…) tutto è stato creato mediante lui e per lui. Egli è prima di tutte le cose, e tutte le cose sussistono in lui» (Col I, 16s.).
Il disegno di Dio è di «tutto ricapitolare nel Cristo» (Ef I, 10), cioè di ricondurre tutte le cose ad un solo capo, il Cristo.
Papa san Pio X assumerà quale suo motto queste stesse parole di san Paolo: «omnia instaurare in Cristo», tutto instaurare, tutto restaurare nel Cristo: non soltanto la religione, ma la società civile:
«No, Venerabili Fratelli, occorre ricordarlo energicamente in questi tempi di anarchia sociale e intellettuale, in cui ciascuno si pone quale dottore e legislatore;
non si edificherà la società diversamente da come Dio l’ha edificata; non si edificherà la società se la Chiesa non ne pone le basi e non ne dirige i lavori; non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole.
Essa è esistita ed esiste; è la civiltà cristiana, è la civiltà cattolica. Non si tratta che di instaurarla, ristabilirla incessantemente sulle sue naturali e divine fondamenta contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà:  “Omnia instaurare in Cristo”» (21).
Jean Ousset, nella seconda parte del suo importante libro Pour qu’il règne, dal titolo «Le contestazioni rivolte alla regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo», ha eccellenti pagine sul naturalismo; egli rileva tre categorie di naturalismo:
un «naturalismo aggressivo o nettamente ostentato», che nega l’esistenza stessa del soprannaturale, quello dei razionalisti (vedi sopra);
poi un naturalismo moderato che non nega il soprannaturale ma rifiuta di accordargli il primato, perché ritiene che tutte le religioni siano un’emanazione del senso religioso: si tratta del naturalismo dei modernisti;
infine c’è il naturalismo incoerente, che ammette l’esistenza del soprannaturale e la sua supremazia tutta divina, ma lo considera come «materia facoltativa»: è il naturalismo pratico di molti cristiani pusillanimi.

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17) Daniel Rops, L’Eglise des révolutions, p. 63.
 18) Ibid. e p. 64.
 19) (Opera di Kant, 1793).
20) Cardinale Pie, Vescovo di Poitiers , Œuvres, T. II, pp. 380-381, citato da Jean Ousset, Pour qu’Il règne, p. 117.
21) Lettera sul Sillon Notre charge apostolique, del 25 agosto 1910, PIN 430.


(Fonte: Mons. Marcel Lefebvre - Lo hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare)