Dopo il Sinodo, cosa accadrà?

Nel suo intervento [discorso conclusivo tenuto da Bergoglio, ndr], il vescovo di Roma, che a suo dire presiede nella carità l’assemblea delle chiese sorelle, spiega caritatevolmente che la conclusione di questo Sinodo:

Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite.
Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori.
Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della Novità cristiana,qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile
”.

...E si dicono cattolici!

Mi si chiede un parere riguardo i tempi che stiamo vivendo. Intanto si assiste ad un fatto assai curioso: quello di coloro che sono tutti intenti a demolire l'insegnamento di Cristo affermando ciò nonostante di essere cattolici.
Si ha la pretesa di definirsi tali nonostante sia palese il rigetto di quell'insegnamento, tant'è che non lo si sopporta a tal punto dal pretendere che sia esso a doversi modellare alle esigenze e alle voglie dell'uomo (quando il Signore ci richiede l'esatto contrario). Ovvio che nasca il dubbio se chi dice di essere credente lo sia veramente...

Giova ricordare le parole di Papa San Pio X: “Il male dell’epoca moderna è una malattia dell’intelletto che si chiama agnosticismo”. Ciò significa che la fede è in ritirata perché il trascendente è divenuto o ritenuto inconoscibile. L’intelletto umano tuttavia, se dotato di onestà intellettuale e morale, è in grado di conoscere ciò che è bene e ciò che è male.
Sicché spesso l’errore intellettuale ha un’origine pratica o morale, ossia ci si vuol sbagliare e non si vuol ammettere la realtà per non cambiar vita”. (1)

Misericordia per il peccatore o per il peccato?

Proponiamo alla lettura un testo di Padre Garrigou Lagrange, che fu uno dei più grandi cattolici tomisti contemporanei, tratto dal suo trattato di spiritualità Le tre età della vita interiore (T I cap. VIII). Esso è di una stridente attualità e ricorda che la vera carità deve portarci ad essere misericordiosi con il peccatore ma non con il peccato.

«Esiste una falsa carità, fatta di colpevole indulgenza e di debolezza, come la dolcezza di coloro che non urtano nessuno perché hanno paura di tutti. Vi è anche una presunta carità fatta di sentimentalismo umanitario che cerca di farsi approvare dalla vera e che spesso, per il suo contatto, la inquina.
Uno dei principali conflitti dell’ora presente è quello che si erge fra la vera e la falsa carità. Quest’ultima fa pensare ai falsi cristi di cui parla il Vangelo; essi sono più pericolosi prima di essere smascherati che quando si fanno conoscere per veri nemici della Chiesa.

...Fingono di parlare come uomini di fede, per trarci in inganno...

L’epoca in cui visse sant’Atanasio fu di grande crisi della ortodossia, cioè della dottrina autentica. Siamo intorno al 360. In quel periodo (così come oggi) la verità cattolica rischiava di scomparire. Celebre è la frase di san Girolamo che descriveva quei tempi: «E il mondo, sgomento, si ritrovò ariano».
In tale contesto, sant’Atanasio non si piegò. Egli era un giovane vescovo di Alessandria d’Egitto. Rimase talmente solo a difendere la purezza della dottrina che per quasi mezzo secolo la sopravvivenza della fede autentica in Gesù Cristo si trasformò in una diatriba tra chi era per e chi non per Atanasio.

Qualche cenno biografico. Egli nacque ad Alessandria nel 295. Nel 325 presenziò al celebre Concilio di Nicea, in qualità di diacono di Alessandro ch’era vescovo di Alessandria. Concilio famoso quello di Nicea perché fu lì che venne solennemente proclamata la fede nella divinità di Cristo in quanto consustanziale al Padre.