In ricordo di Mario Palmaro

Siamo giunti alla fine dell’Anno, e come sempre gli uomini festeggiano: fuochi d’artificio, cenoni, balli, tappi di spumante che saltano, lenticchie e zampone, fino a giungere a certi eccessi che il tacere è bello.
A patto di non peccare, non c’è niente di male a fare un po’ di allegria il 31 dicembre, anzi: può essere perfino un modo intelligente per mostrare riconoscenza al Padreterno per averci conservato la vita fino a questo punto della storia. Nelle chiese si canta, giustamente, il Te Deum proprio per rendere grazie alla Provvidenza, prendendo per utile e buono tutto quello che ci è capitato nel corso dell’anno, anche se non tutto è filato come noi avremmo voluto.

[...] La fine di un anno e l’inizio di uno nuovo dovrebbero suggerire un po’ di silenzio e di riflessione. E sono anche convinto che il frastuono dei botti e le luci scintillanti del cenone rappresentino il tentativo dell’uomo di soffocare sul nascere certi pensieri. Pascal fa giustamente notare come anche l’uomo più ricco e più potente del mondo, lasciato in pace per un quarto d’ora, si ritrovi a farsi quelle fastidiose domande sul senso della vita che cerchiamo di evitare riempiendoci l’esistenza di impegni e di occupazioni di vario genere.

Gesù Cristo Re delle Repubbliche?

Ho ancora molto da dirvi sul liberalismo. Ma vorrei che comprendeste bene che non sono opinioni personali quelle che io vi propongo. Per questo motivo io mi preoccupo di mettervi a parte dei documenti dei Papi e non di sentimenti personali, che potrebbero facilmente essere attribuiti ad un’originaria formazione ricevuta al Seminario francese di Roma.
Padre Le Floch, che all’epoca ne era il superiore, godeva infatti di una fama segnatamente tradizionalista. Dunque di me si potrebbe dire: «È stato influenzato da quel che gli hanno detto nel suo seminario!». Ebbene, io non nego questa influenza; anzi, ringrazio tutti i giorni il buon Dio di avermi dato come superiore e come maestro padre Le Floch. All’epoca lo si accusò di fare politica; e Dio sa se non è tutt’altro che un crimine fare la politica di Gesù Cristo e suscitare uomini politici che utilizzano tutti i mezzi legittimi, persino legali, per cacciare dalla città i nemici di Nostro Signore Gesù Cristo (49)! Ma di fatto padre Le Floch non si è mai immischiato di politica, neanche nel pieno del complotto montato contro l’Action Française (50) e della crisi che ne seguì quando io ero seminarista.
Invece, ciò di cui padre Le Floch ci ha parlato continuamente, è stato il pericolo del modernismo, del sillonismo, del liberalismo. E fu basandosi sulle Encicliche dei papi che padre Le Floch riuscì ad ancorare in noi una convinzione ferma, solidamente puntellata, fondata nella dottrina immutabile della Chiesa, circa il pericolo di questi errori.
È questa stessa convinzione che io desidero comunicarvi, come una fiaccola che si trasmette alla posterità, come una luce che vi preserverà da questi errori imperanti, più che mai, in ipsis Ecclesiae venis et visceribus, nelle stesse vene e viscere della Chiesa, come diceva san Pio X.

Il clima del pontificato e una nuova voglia di bastone

Mi raccontano questo caso recente, sintomatico del clima cattolico che sta affiorando: da una storica associazione fiorentina di volontariato, mesi fa sono stati espulsi dei membri perché accusati di criticare papa Bergoglio.
Sembra che le prove siano state ottenute penetrando nel social network ove essi dicevano, magari gridavano, il proprio dissenso. Un’espulsione senza processo né confronto, invocando articoli statutari inaccessibili agli accusati.
Anche da altri ambienti toscani arrivano segnali di una disponibilità ad atti sanzionatori contro atteggiamenti “tradizionali”, atti mai rivolti, in passato, contro idee e comportamenti realmente antistituzionali quando non eversivi del rito e del dogma.

La massoneria all'attacco della famiglia

Nel corso di queste ultime settimane, stiamo purtroppo assistendo ad un’aggressione senza precedenti alla famiglia, a pochi giorni dalla conclusione del Sinodo sulla famiglia, nel corso del quale si è discusso con toni anche molto accesi tra gli stessi vescovi di questioni molto importanti come le unioni di fatto, anche quelle omosessuali, e la separazione e l’ammissione al sacramento della comunione da parte dei divorziati risposati.
Ma da cosa è attaccata la famiglia? Innanzitutto, si è diffusa nel mondo, in questi ultimi decenni, una concezione relativistica, gnostica, soggettivistica ed edonistica dell’esistenza di chiaro stampo massonico, nella quale si è posto l’uomo al primo posto, togliendo questo ruolo preminente di guida a Dio. Tutto ciò ha prodotto la cosiddetta rivoluzione sessuale, sin dagli anni ’60, i cui effetti si possono riscontrare tristemente ancora oggi, soprattutto nelle mode e nei costumi.
In questi ultimi decenni, è mutato molto anche il ruolo della donna nella famiglia, a causa del cosiddetto movimento femminista di chiara matrice massonica che, propugnando una falsa idea di libertà, ha invece favorito la ribellione della donna al progetto di salvezza di Dio. Nel capitolo quinto della lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini, l’Apostolo afferma risolutamente:

Don Emanuel Du Chalard su alcune questioni d'attualità

Don Emanuele, Lei è stato uno dei collaboratori più stretti di mons. Lefebvre, sin dall'inizio; personalmente l'ho avuta come predicatore al ritiro sacerdotale di Ecône e ho potuto gustare lo spirito dei nostri statuti. Qual era l'animo di Monsignore verso il sacerdozio, cos'era per il lui il sacerdote?
[...] Parlare di mons. Lefebvre o del sacerdozio è un tutt’uno. Non solo egli era l’esempio della pienezza sacerdotale (che è l’episcopato) ma era anche, come fu scritto, “Doctor” o “Maestro” in sacerdozio. Quante prediche, quante conferenze, quanti ritiri sul sacerdozio! Aveva un vero amore del sacerdozio, come un grande dono di Nostro Signore.
Sappiamo che non poteva parlare del sacerdozio senza parlare della Messa. “Non c’è Messa senza sacerdote, non c’è sacerdote senza Messa” ripeteva volentieri. La S. Messa, essendo la riattualizzazione del sacrificio di Nostro Signore sull’altare, è l’opera della redenzione chi si realizza ogni volta, di nuovo, oggi. E "redenzione" vuole dire salvezza delle anime, salvezza del mondo.
Il nostro fondatore, grande missionario, diceva che la S. Messa e la bella liturgia sono essenzialmente missionarie. La S. Messa è il più grande tesoro della Chiesa, se si perde il suo significato, si perde tutto. Tutto ha cominciato a crollare nella Chiesa quando si è perduto il senso della S. Messa e questo accadde con la riforma liturgica.
Una vera riforma liturgica avrebbe dovuto consistere nel ritrovare il vero significato della Messa e tutta l'infinita ricchezza della Liturgia. Tutto il successo dell’opera di Mons. Lefebvre riposa soprattutto su questo.

Il segreto dell'affresco della cattedrale di Orvieto

“Dove stai andando? Napoli è dall'altra parte”.
“Padre Matteo mi ha suggerito di fare visita alla cattedrale di Orvieto”.
“Per quale motivo? C'è una dozzina di cattedrali sulla strada verso il sud, la maggior parte tanto imponenti quanto questa”.
“Hai mai visitato l'interno?”.
“No, ci sono solo passato davanti una volta o due. Ti ha spiegato perché devi venire qui?”.
“Vuole che veda qualcosa. Ma non ho avuto tempo di scoprire che cosa”.
Arrivammo ad Orvieto a metà mattinata. Spruzzate di pioggia avevano cominciato a segnare il selciato all'esterno della cattedrale. L'aria era più fresca rispetto al giorno prima, ma l'umidità era elevata, e si sentivano rombare i tuoni sopra la colte grigia del cielo.
Ci volle un momento perché i nostri occhi si adattassero all'oscurità dell'interno. Profumava d'incenso e di cera d'api. L'abside riecheggiava debolmente di sussurri appena percettibili. Alcune donne anziane stavano pregando facendo le stazioni della Via Crucis.
Io e Billy ci inginocchiammo in direzione del tabernacolo e poi ci alzammo guardandoci intorno. L'interno era bello, ma non particolarmente diverso da quallo delle numerose altre cattedrali che punteggiano l'Italia.
“Bene, dov'è il segreto?”.
“È qui. Qualsiasi cosa sia, padre Matteo pensava che fosse importante per noi fare una deviazione per scoprirlo”.
Entrammo in una cappella laterale. Sulle pareti erano stati dipinti in colori vivaci quattro affreschi monumentali, che rappresentavano la fine del mondo, nello stile grandioso ed epico che doveva essere stato innovativo all'epoca della loro esecuzione.
“Tra il 1499 e il 1500”, disse Billy leggendo una targa di bronzo. “Questi affreschi sono di Luca Signorelli”.
“Chi era?”.
“Un discepolo del pittore Piero della Francesca. Michelangelo ammirava la sua opera”.
“Ha dipinto un'apocalisse”.
“E una allegramente sgradevole! Questo affresco qui rappresenta i dannati gettati all'inferno. Puah! Odio le folle. Quella massa non va certo a un incontro di calcio. Non baratterei la mia testa per l'immaginazione di quest'uomo, nemmeno per un milione di sterline. È orribile!”.
“Sì. Penso che sia quello che voleva trasmetterci. L'orrore della dannazione”. […]