In ricordo di Mario Palmaro

Siamo giunti alla fine dell’Anno, e come sempre gli uomini festeggiano: fuochi d’artificio, cenoni, balli, tappi di spumante che saltano, lenticchie e zampone, fino a giungere a certi eccessi che il tacere è bello.
A patto di non peccare, non c’è niente di male a fare un po’ di allegria il 31 dicembre, anzi: può essere perfino un modo intelligente per mostrare riconoscenza al Padreterno per averci conservato la vita fino a questo punto della storia. Nelle chiese si canta, giustamente, il Te Deum proprio per rendere grazie alla Provvidenza, prendendo per utile e buono tutto quello che ci è capitato nel corso dell’anno, anche se non tutto è filato come noi avremmo voluto.

[...] La fine di un anno e l’inizio di uno nuovo dovrebbero suggerire un po’ di silenzio e di riflessione. E sono anche convinto che il frastuono dei botti e le luci scintillanti del cenone rappresentino il tentativo dell’uomo di soffocare sul nascere certi pensieri. Pascal fa giustamente notare come anche l’uomo più ricco e più potente del mondo, lasciato in pace per un quarto d’ora, si ritrovi a farsi quelle fastidiose domande sul senso della vita che cerchiamo di evitare riempiendoci l’esistenza di impegni e di occupazioni di vario genere.

Gesù Cristo Re delle Repubbliche?

Ho ancora molto da dirvi sul liberalismo. Ma vorrei che comprendeste bene che non sono opinioni personali quelle che io vi propongo. Per questo motivo io mi preoccupo di mettervi a parte dei documenti dei Papi e non di sentimenti personali, che potrebbero facilmente essere attribuiti ad un’originaria formazione ricevuta al Seminario francese di Roma.
Padre Le Floch, che all’epoca ne era il superiore, godeva infatti di una fama segnatamente tradizionalista. Dunque di me si potrebbe dire: «È stato influenzato da quel che gli hanno detto nel suo seminario!». Ebbene, io non nego questa influenza; anzi, ringrazio tutti i giorni il buon Dio di avermi dato come superiore e come maestro padre Le Floch. All’epoca lo si accusò di fare politica; e Dio sa se non è tutt’altro che un crimine fare la politica di Gesù Cristo e suscitare uomini politici che utilizzano tutti i mezzi legittimi, persino legali, per cacciare dalla città i nemici di Nostro Signore Gesù Cristo (49)! Ma di fatto padre Le Floch non si è mai immischiato di politica, neanche nel pieno del complotto montato contro l’Action Française (50) e della crisi che ne seguì quando io ero seminarista.
Invece, ciò di cui padre Le Floch ci ha parlato continuamente, è stato il pericolo del modernismo, del sillonismo, del liberalismo. E fu basandosi sulle Encicliche dei papi che padre Le Floch riuscì ad ancorare in noi una convinzione ferma, solidamente puntellata, fondata nella dottrina immutabile della Chiesa, circa il pericolo di questi errori.
È questa stessa convinzione che io desidero comunicarvi, come una fiaccola che si trasmette alla posterità, come una luce che vi preserverà da questi errori imperanti, più che mai, in ipsis Ecclesiae venis et visceribus, nelle stesse vene e viscere della Chiesa, come diceva san Pio X.

Il clima del pontificato e una nuova voglia di bastone

Mi raccontano questo caso recente, sintomatico del clima cattolico che sta affiorando: da una storica associazione fiorentina di volontariato, mesi fa sono stati espulsi dei membri perché accusati di criticare papa Bergoglio.
Sembra che le prove siano state ottenute penetrando nel social network ove essi dicevano, magari gridavano, il proprio dissenso. Un’espulsione senza processo né confronto, invocando articoli statutari inaccessibili agli accusati.
Anche da altri ambienti toscani arrivano segnali di una disponibilità ad atti sanzionatori contro atteggiamenti “tradizionali”, atti mai rivolti, in passato, contro idee e comportamenti realmente antistituzionali quando non eversivi del rito e del dogma.

La massoneria all'attacco della famiglia

Nel corso di queste ultime settimane, stiamo purtroppo assistendo ad un’aggressione senza precedenti alla famiglia, a pochi giorni dalla conclusione del Sinodo sulla famiglia, nel corso del quale si è discusso con toni anche molto accesi tra gli stessi vescovi di questioni molto importanti come le unioni di fatto, anche quelle omosessuali, e la separazione e l’ammissione al sacramento della comunione da parte dei divorziati risposati.
Ma da cosa è attaccata la famiglia? Innanzitutto, si è diffusa nel mondo, in questi ultimi decenni, una concezione relativistica, gnostica, soggettivistica ed edonistica dell’esistenza di chiaro stampo massonico, nella quale si è posto l’uomo al primo posto, togliendo questo ruolo preminente di guida a Dio. Tutto ciò ha prodotto la cosiddetta rivoluzione sessuale, sin dagli anni ’60, i cui effetti si possono riscontrare tristemente ancora oggi, soprattutto nelle mode e nei costumi.
In questi ultimi decenni, è mutato molto anche il ruolo della donna nella famiglia, a causa del cosiddetto movimento femminista di chiara matrice massonica che, propugnando una falsa idea di libertà, ha invece favorito la ribellione della donna al progetto di salvezza di Dio. Nel capitolo quinto della lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini, l’Apostolo afferma risolutamente:

Don Emanuel Du Chalard su alcune questioni d'attualità

Don Emanuele, Lei è stato uno dei collaboratori più stretti di mons. Lefebvre, sin dall'inizio; personalmente l'ho avuta come predicatore al ritiro sacerdotale di Ecône e ho potuto gustare lo spirito dei nostri statuti. Qual era l'animo di Monsignore verso il sacerdozio, cos'era per il lui il sacerdote?
[...] Parlare di mons. Lefebvre o del sacerdozio è un tutt’uno. Non solo egli era l’esempio della pienezza sacerdotale (che è l’episcopato) ma era anche, come fu scritto, “Doctor” o “Maestro” in sacerdozio. Quante prediche, quante conferenze, quanti ritiri sul sacerdozio! Aveva un vero amore del sacerdozio, come un grande dono di Nostro Signore.
Sappiamo che non poteva parlare del sacerdozio senza parlare della Messa. “Non c’è Messa senza sacerdote, non c’è sacerdote senza Messa” ripeteva volentieri. La S. Messa, essendo la riattualizzazione del sacrificio di Nostro Signore sull’altare, è l’opera della redenzione chi si realizza ogni volta, di nuovo, oggi. E "redenzione" vuole dire salvezza delle anime, salvezza del mondo.
Il nostro fondatore, grande missionario, diceva che la S. Messa e la bella liturgia sono essenzialmente missionarie. La S. Messa è il più grande tesoro della Chiesa, se si perde il suo significato, si perde tutto. Tutto ha cominciato a crollare nella Chiesa quando si è perduto il senso della S. Messa e questo accadde con la riforma liturgica.
Una vera riforma liturgica avrebbe dovuto consistere nel ritrovare il vero significato della Messa e tutta l'infinita ricchezza della Liturgia. Tutto il successo dell’opera di Mons. Lefebvre riposa soprattutto su questo.

Il segreto dell'affresco della cattedrale di Orvieto

“Dove stai andando? Napoli è dall'altra parte”.
“Padre Matteo mi ha suggerito di fare visita alla cattedrale di Orvieto”.
“Per quale motivo? C'è una dozzina di cattedrali sulla strada verso il sud, la maggior parte tanto imponenti quanto questa”.
“Hai mai visitato l'interno?”.
“No, ci sono solo passato davanti una volta o due. Ti ha spiegato perché devi venire qui?”.
“Vuole che veda qualcosa. Ma non ho avuto tempo di scoprire che cosa”.
Arrivammo ad Orvieto a metà mattinata. Spruzzate di pioggia avevano cominciato a segnare il selciato all'esterno della cattedrale. L'aria era più fresca rispetto al giorno prima, ma l'umidità era elevata, e si sentivano rombare i tuoni sopra la colte grigia del cielo.
Ci volle un momento perché i nostri occhi si adattassero all'oscurità dell'interno. Profumava d'incenso e di cera d'api. L'abside riecheggiava debolmente di sussurri appena percettibili. Alcune donne anziane stavano pregando facendo le stazioni della Via Crucis.
Io e Billy ci inginocchiammo in direzione del tabernacolo e poi ci alzammo guardandoci intorno. L'interno era bello, ma non particolarmente diverso da quallo delle numerose altre cattedrali che punteggiano l'Italia.
“Bene, dov'è il segreto?”.
“È qui. Qualsiasi cosa sia, padre Matteo pensava che fosse importante per noi fare una deviazione per scoprirlo”.
Entrammo in una cappella laterale. Sulle pareti erano stati dipinti in colori vivaci quattro affreschi monumentali, che rappresentavano la fine del mondo, nello stile grandioso ed epico che doveva essere stato innovativo all'epoca della loro esecuzione.
“Tra il 1499 e il 1500”, disse Billy leggendo una targa di bronzo. “Questi affreschi sono di Luca Signorelli”.
“Chi era?”.
“Un discepolo del pittore Piero della Francesca. Michelangelo ammirava la sua opera”.
“Ha dipinto un'apocalisse”.
“E una allegramente sgradevole! Questo affresco qui rappresenta i dannati gettati all'inferno. Puah! Odio le folle. Quella massa non va certo a un incontro di calcio. Non baratterei la mia testa per l'immaginazione di quest'uomo, nemmeno per un milione di sterline. È orribile!”.
“Sì. Penso che sia quello che voleva trasmetterci. L'orrore della dannazione”. […]

Le parole di un vescovo cattolico

LA CHIESA DI OGGI - […] Mi ricordo una frase di Monsignor Lefebvre estremamente chiarificante sul combattimento e i problemi attuali della Chiesa, che lui ricollega a Cristo Re: «Le cose vanno male perché i prelati, i nostri prelati, i capi della Chiesa, non si curano più, non si preoccupano più del regno di Nostro Signore Gesù Cristo». Poi concludeva dicendo che non è possibile seguirli su questa strada. È vero: è un linguaggio che oggi non viene più compreso, per niente. Invece è una delle disgrazie più grandi, una sorta di riduzione alla regalità di Nostro Signore, che oggi non viene riconosciuta nella pratica, se non, eventualmente, dal singolo individuo… Ma riconoscere che la società, i paesi, le nazioni appartengono a Nostro Signore viene considerato un’idea da marziani dalla società e all’interno della Chiesa stessa. La tragedia è radicale perché lo stesso Signore delle Nazioni è anche il nostro Salvatore, il solo Salvatore dal quale sia possibile essere salvati, che è il capo sia delle Nazioni che della Chiesa: togliere una delle due parti – la parte nella quale si svolge la vita umana, cioè il mondo (infatti noi abbiamo un’anima e un corpo) – è molto grave, difatti corrisponde alla volontà dei nemici della Chiesa e significa togliere lo scettro a Nostro Signore. [...]

A proposito della coscienza

“Il compito finale della morale individuale e sociale consiste nel fatto che Cristo sia formato in tutti e in tutto. Da ciascuno di noi dipende il contribuire al conseguimento di questo scopo, formando Cristo nella nostra attività personale e sociale. […]

Si può non uccidere mai, non rubare, non infrangere nessuna legge criminale ed essere tuttavia disperatamente lontani dal regno di Dio. […] Persino il comandamento più alto e che racchiude tutto in sé – quello dell’amore – può essere compreso e accettato in senso falso, e non solo può, ma lo è stato e lo è […].

Gli uni in nome dell’amore verso Dio disonorano il nome divino con i loro fanatismi, gli altri in nome dell’amore verso il prossimo desidererebbero senza ostacoli consegnare alla rovina molti del loro prossimo. 
Che queste persone vadano consapevolmente contro la loro coscienza, io non mi azzardo a dirlo; ma che non abbiano verificato come si deve la loro coscienza, questo è chiaro.

Un'intervista non del Papa ma sul Papa ha fatto boom

Intervista al vaticanista Sandro Magister

Una semplice intervista data di getto, “impromptu”, al bravo giornalista Goffredo Pistelli per il quotidiano economico “Italia Oggi” ha fatto il giro del mondo al di là di ogni aspettativa.

È tutta e solo su papa Francesco. Ed è forse per questo che ha suscitato tanto interesse. Perché le domande e le inquietudini su di lui sono andate ultimamente crescendo in modo esponenziale.

Chi non l’ha ancora letta la trova qui, nel sito del giornale che l’ha pubblicata lo scorso 13 novembre: > Il papa disorienta molti vescovi

Effetto Bergoglio

Insieme a Fausto Bertinotti e a Eugenio Scalfari è Marco Pannella il più elettrizzato fan di papa Bergoglio (“viva il Papa!”, “noi radicali lo amiamo molto”, “vorrei diventare un cittadino del Vaticano”).
Una “stupefacente” conversione all’“oppio dei popoli”, la religione, come ultimo approdo consigliabile in vecchiaia, perché – non si sa mai – di là si potrebbe anche trovare la sorpresa di Dio?
No. Non c’è traccia di ritorno alla Chiesa cattolica, né di pentimento, né di cambiamento di vita, in questo colpo di fulmine che ha investito il leader di Rifondazione comunista e i due simboli dell’anticlericalismo, del laicismo e della scristianizzazione dell’Italia.
Anzi. C’è l’esatto contrario. C’è – da parte loro – la sensazione di un trionfo inaudito della cultura radicale e laicista – dopo la società italiana – addirittura nella Chiesa.
E da parte di Bertinotti c’è l’entusiasmo per un papa che si pone come nuovo leader rivoluzionario e noglobal del mondo.
Ma è proprio così? Non sarà che Scalfari e Pannella sono semplicemente gratificati dalle telefonate e dai colloqui, visto il loro Ego da sempre arroventato?
E Bertinotti non avrà equivocato l’invito alla “lotta” fatto da Bergoglio al Leoncavallo e compagni?
Ricordo che di intellettuali, giornalisti o politici rimasti folgorati dai papi ce ne sono state molte anche in precedenza. In particolare per il carismatico Giovanni Paolo II e per il sapiente Benedetto XVI.
In quei casi però si trattava di veri e propri ritorni alla fede cattolica o di “conversioni” culturali che inducevano ad aderire almeno all’insegnamento culturale ed etico della Chiesa.
Invece, ha spiegato Sandro Magister, la popolarità di Francesco “non provoca ondate di convertiti. Anzi, con lui c’è un certo compiacimento nella cultura estranea o ostile al cristianesimo”.
In che senso? “Nel vedere che il capo della Chiesa si sposta verso le loro posizioni, che sembra di comprendere e persino accettare”.
Quindi l’esultanza dei vari Scalfari, Pannella e Bertinotti non è quella di chi ha ritrovato la fede, ma di chi ritiene di aver “conquistato” perfino il Vaticano.

I silenzi di papa Bergoglio

Papa Bergoglio lotta col Leoncavallo e con Toni Negri e tace sui cristiani bruciati in Pakistan e sugli altri cristiani martiri dell'Islam, del comunismo e di altri persecutori.

Shahzad Masih aveva 28 anni e sua moglie Shama, 25. Due giovani cattolici con quattro bambini. Lei era incinta del quinto.
Lui lavorava come operaio molto sfruttato in un mattonificio (il cui padrone, musulmano, lo aveva già brutalmente picchiato) a Kasur, vicino a Lahore, in quel Pakistan in cui i cristiani sono considerati spazzatura.
Il 4 novembre scorso i due giovani sono stati falsamente accusati di aver profanato delle pagine del Corano, torturati per due giorni, linciati da una folla inferocita e alla fine gettati in una fornace e bruciati.
Questi macelli non sono rari. E’ un orrore continuo che i cristiani subiscono da una popolazione e da uno stato che quotidianamente li umilia e li tiene sotto minaccia di morte (con la famigerata legge sulla blasfemia).
Non è uno staterello, il Pakistan. Ha la bomba atomica e conta 180 milioni di abitanti (la sesta nazione più popolosa al mondo e il secondo fra i paesi musulmani dopo l’Indonesia).
Il rogo dei due cristiani per la sua ferocia è riuscito ad arrivare anche sulle cronache dei nostri giornali. Ma non ha mobilitato nessuno, né persone, né associazioni, né istituzioni.

Netta presa di posizione del Patriarca Elia

Dichiarazione dell’anatema su Francesco Bergoglio pronunciata dal Patriarca Elia (Patriarcato cattolico bizantino).

Oggi il 2 agosto 2013 la Chiesa Cristiana Orientale celebra la festa del Santo Profeta Elia.

In questo giorno il patriarcato cattolico bizantino in autorità di Dio Uno e Trino dichiara l'anatema, la maledizione di Dio secondo Galati 1,8-9 sul vescovo di Roma Francesco Bergoglio.

Il motivo è che egli ha abusato dell'ufficio ecclesiastico per violare le leggi di Dio.

Egli promuove l’immorale mentalità dell'omosessualità che è contraria all'essenza del Vangelo e distrugge tutti i valori morali.

Con questo, Francesco Bergoglio è escluso dal Corpo Invisibile di Cristo, occupa illegalmente il suo ufficio nell'organizzazione visibile della Chiesa,inoltre, con il suo silenzio ex-papa Francesco ha approvato eresie contemporanee e con i suoi gesti ha inoltre approvato il sincretismo con il paganesimo.

Le eresie contemporanee negano l'ispirazione divina della Scrittura, la Divinità di Cristo, l'Unicità

della sua Morte Redentrice sulla Croce e la Sua Reale e storica Risurrezione.

L'omosessualità promossa da Francesco Bergoglio è il frutto delle eresie contemporanee e del sincretismo.

Ogni vescovo, sacerdote ed ogni credente cattolico sono tenuti a separarsi interiormente dall'apostata Francesco, non possono più obbedire a lui né alla struttura alla guida della quale egli sta.

Se il vescovo, o sacerdote ricorda il suo nome nella divina liturgia dichiara pubblicamente di essere in comunione spirituale con apostata.

Anche su di lui grava la maledizione di Dio, l'anatema.

I credenti sono tenuti all'obbedienza a Dio e devono separarsi da questi traditori di Cristo.

Non possono più obbedirgli; se non l'avranno fatto, anche loro incorreranno in maledizione di Dio, l'anatema.

Francesco Bergoglio già prima ha espulso lo Spirito Santo ed ha accolto lo spirito dell'Anti-Cristo.

Lui non era e non è il vicario visibile di Cristo.

Egli è servo dell'Anti-Cristo e conduce le anime ingannate verso la perdizione eterna.


La presunzione dei dubbiosi

Oggi molti pastori della Chiesa amano seminare dubbi tra i fedeli. Alcuni di loro non seminano dubbi, ma permettono che altri lo facciano senza intervenire. Inutile fare degli esempi. Lo abbiamo visto prima del Sinodo, durante il Sinodo e dopo il Sinodo. Sembra che un fedele che sia saldo, fermo o irremovibile nella fede, come chiede San Paolo nella prima lettera ai Corinzi (15,58) e in quella ai Colossesi (1,23) sia in qualche modo fuori posto.

Dietro questa visione delle cose c’è l’idea che la fede sia ricerca e non possesso, percorso e non approdo. Essere saldi nella fede passa per arroganza. L’adesione a Cristo sembra che consista nel porsi delle domande e non nell’aver trovato la Risposta. Karl Rahner afferma che «la rivelazione naturale propriamente consiste nell’esistenza di Dio come domanda (e non come risposta)». Dio, per lui, è l’orizzonte che permette all’uomo di farsi domande, senza mai poter uscire da questo domandare esistenziale.

È evidente che qui si confrontano due visioni diverse della fede. Questa è sempre stata definita – per esempio da San Tommaso – come un “assenso” alla verità rivelata da Dio in virtù della sua autorità. La fede è un assenso, una adesione, non un dubbio. [...]

L'ecumenismo riscritto da Enzo Bianchi e Alberto Melloni

I capi della "scuola di Bologna" hanno messo in cantiere una nuova opera molto ambiziosa: una storia del movimento per l'unità dei cristiani finalizzata a una riforma integrale della Chiesa cattolica, a cominciare dallo smantellamento del papato nella sua forma attuale. In papa Francesco credono di avere un alleato.

A fine ottobre scorso papa Francesco ha ricevuto una delegazione di vescovi veterocattolici dell'Unione di Utrecht.

È una realtà, questa, numericamente molto piccola, ma portatrice di un modello di Chiesa che piace a non pochi cattolici progressisti. Riconosce al papa un primato d'onore, ma non accetta che egli sia infallibile né che abbia giurisdizione sui vescovi. Fa eleggere i vescovi da sinodi composti di chierici e laici. Nella messa dà la comunione eucaristica a tutti, basta che siano battezzati in una delle varie confessioni cristiane. Amministra l'assoluzione collettiva dei peccati. Consente le seconde nozze ai divorziati.

Propugna inoltre un ritorno alla fede delle origini e riconosce come pienamente ecumenici solo i primi sette concili, quelli del primo millennio, quando le Chiese d'Occidente e d'Oriente erano ancora indivise.

E su quest'ultimo punto converge con quanto sostiene da tempo la cattolica "scuola di Bologna", fondata da Giuseppe Dossetti e Giuseppe Alberigo e oggi diretta da Alberto Melloni, famosa in tutto il mondo per aver scritto e diffuso in cinque volumi tradotti in più lingue la storia del Concilio Vaticano II indiscutibilmente di maggiore successo, sebbene più volte stroncata da parte vaticana.

Bernanos e la lotta contro l'ipocrisia

Una cristianità può rifarsi, a condizione di correrne i rischi. E il mondo moderno non pare molto deciso a rischiare”[1]. Così si esprimeva Bernanos a proposito del rischio da assumere affinché esso divenga la strada necessaria per raggiungere ogni bene. Perché “il modo migliore di raggiungere la verità, è di andare fino in fondo al vero, qualunque sia il rischio che si corre” [2].

Sono parole che, pur proferite tanti anni fa, ancora oggi risuonano attuali, forse più ancora in questi tempi che non in quelli, perché è evidente che dinanzi ai nostri occhi c'è una cristianità (e ancor più una cattolicità) da difendere e ricostruire, dal momento che contro di essa si è scatenata un'impressionante opera di demolizione (operata persino da quella chiesa deviata che pare abbia preso il sopravvento sulla Tradizione e sul vero insegnamento di Cristo) che sembra ormai giunta al suo epilogo...è solo questione di tempo.

Molti Santi e grandi uomini di Chiesa hanno sempre evidenziato la necessità di cambiare prima se stessi per cambiare il mondo, sicché l'opera per salvaguardare la Fede e ricostruire tutto ciò che è stato e viene distrutto da un modernismo e da un nichilismo sempre più aggressivi, deve partire dal proprio io: ciascuno ha il serio e gravoso compito di migliorare se stesso, di essere un cattolico nei fatti e non a parole, per poter ambire al cambiamento e alla costruzione di un climax realmente cattolico. 

Qui iniziano i problemi perché non c'è nulla di più faticoso che la disputa col proprio io e le sue voglie, le sue ambizioni troppo spesso arroganti, i suoi progetti altrettanto spesso egoistici, la concupiscenza e la tendenza al male che risiede in ogni persona e che come una zavorra la trascina verso il basso.

La guerra interiore

Abba Macario disse: “Le insidie del nemico sono state chiamate con il nome di ‘notte’ e ‘tenebra’, come dice Paolo: Noi non siamo della notte, né della tenebra, ma del giorno (1Ts 5,5.8); certamente il Figlio di Dio è il giorno (cf. Gv 12,35-36) e il diavolo è la notte (cf. Gv 13,30). 
Ma se il cuore vince in parte queste guerre, i demoni per invidia tornano di nuovo da chi li combatte e cominciano a imporgli la guerra. In queste guerre il cuore è debole e l’uomo non è più in grado di custodire la purezza. Il nemico gli presenta la lunghezza del tempo, le fatiche delle virtù e la durezza della vita, perché grande è la fatica e il corpo è debole. 
Ma se il cuore, indebolito in questa lotta e stremato nelle fatiche del combattimento, rigetta lontano da sé il male e invoca Dio con il gemito della sua anima, allora il Dio buono e pieno di misericordia per la sua creatura le invia una potenza santa.

La Legge opprime la Libertà?

Non saprei riassumere meglio i disastri prodotti dal liberalismo in ogni campo, quali sono esposti nel capitolo precedente, che citandovi questo passaggio di una Lettera pastorale vescovile di cent’anni fa, ma altrettanto attuale un secolo più tardi.

«Oggi il liberalismo è l’errore capitale delle intelligenze e la passione del nostro secolo, crea come un’atmosfera infetta che avviluppa da ogni parte il mondo politico e religioso, e che è un pericolo supremo per la società e per l’individuo.

«Nemico tanto gratuito quanto ingiusto e crudele della Chiesa cattolica, esso affastella, in un disordine insensato, tutti gli elementi di distruzione e di morte, al fine di proscriverla dalla terra.

«Esso falsa le idee, corrompe i giudizi, adultera le coscienze, snerva i caratteri, accende le passioni, assoggetta i governanti, solleva i governati e, non contento di spegnere (se ciò fosse possibile) la face della rivelazione, avanza incosciente e audace per spegnere il lume della stessa ragione naturale» (26).

Enunciazione del principio liberale

Ma è possibile scoprire, in un tale caos di disordini, in un errore così multiforme, il principio fondamentale che spiega tutto? Io vi ho detto, seguendo il reverendo Roussel: «il liberale è un fanatico d’indipendenza». È tutto qui. Ma cerchiamo di precisare.

Concedeteci, Signore, un altro San Pio X

Sono già trascorsi cento anni da quando Papa Sarto ha lasciato la terra per il Paradiso, dopo una vita consacrata al servizio della Chiesa nel trasmettere instancabilmente la buona dottrina, infiammato di zelo per la salvezza delle anime.

Nato in una famiglia numerosa, secondo di dieci figli, Giuseppe crebbe all’insegna della Croce di Gesù, nello spirito di sacrificio che respirò fin dalla sua infanzia da genitori profondamente cattolici.

Basti ricordare la grande prova che subì la famiglia Sarto nel 1852, quando il padre Giovanni Battista morì, lasciando la moglie Margherita e la numerosa prole. Giuseppe, che aveva risposto alla chiamata di Dio entrando in seminario, aveva appena 17 anni. Gli amministratori del piccolo Municipio di Riese gli offrirono l’impiego occupato dal padre per aiutare la famiglia, ma l’eroica madre rifiutò per permettere al figlio di seguire la sua vocazione. Avrebbe pensato lei con il suo lavoro di sarta a garantire il pane quotidiano, lavorando giorno e notte. È in queste famiglie che Dio forgia i suoi santi.

Dotato di una salute di ferro il giovane Giuseppe, una volta sacerdote, si consacrò totalmente all’apostolato, sulla base di una profonda vita interiore. Era dotato di una sorprendente capacità di rapportarsi agli altri, traspirava la bonomia e la compassione per i poveri e questo gli apriva facilmente i cuori.

Durante tutta la sua vita si trovò a lottare contro gli errori del tempo che avevano già penetrato la Chiesa e che stigmatizzerà, una volta Papa, con il nome di modernismo, cloaca di tutte le eresie. Vescovo di Mantova nel 1884, diresse la diocesi con un grande realismo e acutezza di spirito, mostrandosi molto fermo riguardo tutto ciò che toccava la fede, nella giusta convinzione che soltanto su quella roccia che è Gesù Cristo si può fondare la società e l’allontanarsi dalla dottrina rivelata può produrre solo delle conseguenze catastrofiche anche per il vivere civile. Una grande fermezza e forza d’animo quindi ma accompagnata da una bonarietà che conquistava i cuori e in questo tratto di carattere è impossibile non percepire la somiglianza con Mons. Marcel Lefebvre, nella lotta che sostenne anche lui contro gli stessi errori, ormai professati dalle più alte autorità della gerarchia ecclesiastica.

Il Sinodo Kasperiano

Quando si nega il principio primo speculativo di identità e non contraddizione (sì = sì, no = no, sì ≠ no), immancabilmente si perde – prima o poi – anche il principio primo di ordine morale, ossia la sinderesi (“bonum faciendum, malum vitandum”), che riposa su quello di identità (bene = bene, male = male, bene ≠ male), come l’agire riposa sull’essere e il modo di agire sul modo di essere; per cui – alla fine – si perde la nozione di bene e di male, li si confonde e si scambia il male per il bene, la destra per la sinistra, il giorno per la notte e viceversa. “Quos Deus vult perdere prius demendat”.

In questi tristissimi tempi anche nell’ambiente ecclesiale più alto (“Sinodo sui Sacramenti ai divorziati” diretto dal cardinal Walter Kasper & da papa Bergoglio) si è persa la ragione speculativa e pratica e quindi si scambia il sì col no, il bene col male e si pretende di poter dare i Sacramenti anche a coloro che non hanno la volontà ferma di lasciare il peccato. Purtroppo è un fatto e “contro il fatto non vale l’argomento”.

Se Pio XII lamentava che il mondo moderno aveva perso il senso del male e del peccato, oggi il mondo ecclesiale post-conciliare e post-moderno vorrebbe rendere addirittura ‘bene’ ciò che è ‘male’ e ‘male’ ciò che è ‘bene’.

Le ultime vicende del “Sinodo sui Sacramenti da conferirsi ai pubblici peccatori”, che si ostinano a restare nel peccato sono di dominio pubblico e sono caldeggiate dai media. Stando così le cose non si può non affrontarle studiando il male nelle sue radici e nelle sue ultime manifestazioni per risalire alle sua causa e poterlo guarire.

Il caso del Sinodo attuale non può non farci pensare e risalire al “Catechismo” della Conferenza episcopale belga, diretta dal cardinal Daneeels, promulgato nel 1984 , che si presentava come un aggiornamento del “Catechismo” olandese, al quale lavorò il domenicano super-modernista padre Edward Schillebeeckhx attorno al 1968, anno in cui anche l’intera Conferenza episcopale francese si schierava contro l’Enciclica Humane vitae di Paolo VI e si pronunciava a favore della contraccezione.

Come mai si potuti arrivare a tanto? È semplice, come si è visto sopra, quando si nega il principio per sé noto speculativo di identità e non contraddizione si perde anche il principio per sé noto di ordine pratico o la sinderesi, che riposa su quello di identità; per cui si smarrisce la nozione di bene e di male, li si confonde e si prende il male per bene e viceversa. “Chi perde la fede perde la testa”.

Il principio d’identità, che ha retto e diretto la filosofia classica da Socrate, Platone, Aristotele, Cicerone, Seneca sino a quella patristica (Sant’Agostino), la scolastica (san Bonaventura e San Tommaso d’Aquino) e la neo-scolastica , è stato negato nell’antichità dai sofisti ed ha caratterizzato il fulcro della filosofia moderna soprattutto hegeliana, la quale si basa sulla contraddittorietà (tesi/antitesi/sintesi) quale mezzo per giungere alla conoscenza filosofica.

Le conseguenze pratiche, etiche e morali di tale rifiuto sono state tratte soprattutto dalla filosofia post-moderna e contemporanea a partire da Nietzsche , Marx e Freud, secondo la quale bisogna sovvertire il sistema di valori morali classici e cristiani per sostituirgliene uno diametralmente opposto, che ritenga bene ciò che era male e male ciò che era bene. Quindi si può fare la seguente equazione: il Vaticano II sta alla Modernità illuminista come il Nichilismo della Post-modernità sta al Post-concilio e specialmente al “Bergoglismo” a-teologico e iper-pastorale.

Infatti il Concilio Vaticano II ha voluto dialogare e far propria la Modernità come categoria filosofica e nel Post-concilio non solo qualche teologo, ma i “periti conciliari” più rinomati (creati poi cardinali) ed intere Conferenze episcopali hanno tirato delle conclusioni sia in campo dogmatico che morale, le quali sono paragonabili allo spirito del Sessantotto, preparato dalla Scuola di Francoforte e dallo Strutturalismo francese .

I “valori” autonomi o soggettivi della Modernità sono stati annichilati dalla Post-modernità, la quale ha reso alla filosofia moderna ciò che essa aveva fatto alla filosofia classica e scolastica. Se la Modernità ha cancellato la oggettività e realtà ontologica di Dio e dell’aldilà, la Post-modernità ha voluto distruggere persino l’idea soggettiva dell’ultra mondano.

Addirittura con Francesco I si è passati dai “valori” soggettivi o autonomi della Modernità ai contro-valori della Post-modernità, il “bene” soggettivo e puramente umano è diventato un contro-valore o un male da schiacciare, dalla morale autonoma o della situazione si è passati all’immoralismo teorico/pratico per principio, il bene è diventato male e il male bene. Francesco I lo ha dichiarato nella sua prima intervista a Eugenio Scalfari: “Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare” (Repubblica, 1° ottobre 2013, pag. 3).

Purtroppo Giovanni XXIII e il Vaticano II invece di guarire l’uomo ferito dal peccato originale, hanno cercato di minimizzare e di assecondare le false idee e di rilassare i precetti morali che il Vangelo contiene ed “hanno reso la piaga cancrenosa”, come dice il proverbio.

Come si può facilmente scorgere il Neo-modernismo è ben peggiore del Modernismo (come la Post-modernità lo è per rapporto alla Modernità), poiché ha rimpiazzato la pur debole “idea soggettiva” di “bene” con il male voluto scientemente e per principio. In breve l’Ultramodernismo porta al parossismo suicida l’errore nichilistico del Neomodernismo.
L’attuale situazione della Chiesa è un vero tormento e non ci deve portare a disprezzare la figura del Papa in quanto tale né il Papato, anzi dobbiamo difenderli quando sono attaccati da coloro (v. Dichiarazione dell’Onu del 5 febbraio 2014) che li odiano in quanto tali, nonostante le edulcorazioni e gli annacquamenti che sono stati apportati per rendersi simpatici all’uomo contemporaneo (“quando il sale diventa insipido viene buttato via e calpestato”).

Nello stesso tempo è lecito mostrare con rispetto le divergenze tra la Tradizione costante della Chiesa e l’insegnamento pastorale oggettivamente innovatore, della kasperiana “evoluzione eterogenea” della pastorale e quindi implicitamente del dogma, poiché Kasper si basa sull’errore modernista della “Tradizione vivente” e quindi cangiante, mentre “vivente” è solo il Magistero nella persona del Pontefice regnante (e quindi fisicamente vivente) e non la Tradizione, il dogma e la morale, le quali possono essere approfondite nello stesso senso o omogeneamente, ma mai evolvere eterogeneamente o in senso sostanzialmente diverso.

Avendo abbandonato la morale naturale e oggettiva per aderire alla “morale della situazione” e al Modernismo ascetico, il Teilhardismo (sin dagli anni Venti-Trenta), la pastorale del Concilio Vaticano II (1962-1965) e il primato della prassi della super-pastoralità del Post-concilio (1965-2014) hanno aperto la porta alla forza propulsiva e annichilatrice delle passioni disordinate. Non si è voluto più insegnare a sublimare, dominare, padroneggiare le passioni per finalizzarle al bene, ma, sotto pretesto di non “reprimere”, le si è lasciate in balìa del disordine, che porta l’uomo ad agire male. In verità nell’uomo, dopo il peccato originale, vi sono delle tendenze o inclinazioni disordinate, che lo spingono al male. Esse sono la Tre Concupiscenze: “Orgoglio, Avarizia e Lussuria”. Quindi l’educazione delle passioni o istinti sensibili umani è di capitale importanza. Non si tratta di annullarle o reprimerle, ma di educarle e subordinarle all’intelletto e alla volontà e ultimamente alla grazia . Ecco come si è giunti al “Catechismo” olandese, belga e all’attuale “Sinodo della pastorale sacramentale” (ottobre 2014-ottobre 2015) diretto da Kasper & Bergoglio.

Bisogna vivere come si pensa (Fede e Buone Opere), altrimenti si finisce per pensare (luteranamente) come si vive (“pecca fortiter sed fortius crede”). Certe teorie incresciose (dare i Sacramenti ai peccatori pubblici, che si ostinano nel peccato e non lo vogliono lasciare) sono stati pianificate e pensate dal Teilhardismo (“l’eterno femminino”), dal Vaticano II (“connubio spurio con la modernità antropo-centrica dei senza Dio”) e dal Post-concilio (“connubio spurio con la Post-modernità nichilistica dei contro Dio”). Ora un errore (Vaticano II) non si corregge con un altro errore (“il Concilio Vaticano III” di Martini, Rahner, Schillebeeckhx, Küng, Kasper & Bergoglio) o con una mezza verità (“l’ermeneutica della continuità balthasariana conclamata da Benedetto XVI, però non provata” ), ma con la verità integralmente affermata e vissuta. “Instaurare omnia in Christo”.

Quando dopo l’Umanesimo e il Rinascimento scoppiò la rivolta protestante, la Chiesa si interrogò e capì che le false idee e i costumi rilassati umanistico/rinascimentali si erano infiltrati nel clero e nel popolo cattolico e volle riformarsi tramite il Concilio di Trento, nel quale la Somma Teologica di san Tommaso d’Aquino era aperta davanti l’altare dell’Assise conciliare tridentina. Da essa nacque la fioritura teologica e ascetica della Controriforma (la seconda Scolastica e la spiritualità ignaziana e carmelitana di S. Giovanni della Croce e S. Teresa d’Avila), che hanno prodotto insigni teologi, Dottori ecclesiastici e grandi Santi.
Oggi bisogna, con la grazia di Dio, ri-educare tutto l’uomo, nel fisico, nelle passioni sensibili, nelle idee e nell’agire morale e soprannaturale. Non è la Modernità che ci salverà, neppure il dialogo inter-religioso, ma la Verità, che è Gesù Cristo heri, hodie et in saecula.

Che fare?

A scuola di perdizione: la nuova educazione di Stato


La scuola, sotto l’ombrello legittimante delle normative internazionali europee recepite con solerzia dall’ordinamento interno, si sta trasformando, con rapidità sconcertante, in un laboratorio della follia del gender e della più spinta pedo-pornografia. La poderosa macchina da guerra messa in campo dal movimento omosessualista internazionale, forte delle sue potenti lobbies e dei relativi formidabili finanziamenti, è riuscita a penetrare negli uffici governativi – in particolare in quelli che hanno a che fare con la Pubblica Istruzione, o che agiscono in sua vece (Pari Opportunità, UNAR) – ed a condizionare i programmi scolastici dalla scuola materna all’Università.

Così, su pressante sollecitazione delle istituzioni centrali e locali, nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado – ma anche nelle scuole cattoliche che, quasi dovessero scontare un complesso di inferiorità, si lanciano in clamorose fughe in avanti – si stanno attivando in orario curricolare (e spesso all’insaputa dei genitori) corsi di educazione all’affettività ed alla sessualità, per i quali vengono stanziate ingenti risorse di denaro pubblico.

L’intento dichiarato è quello di educare gli alunni alla conoscenza di sé e all’autostima, al rispetto dell’altro, all’accettazione delle diversità, al superamento degli stereotipi sessuali e sociali, alla pacifica convivenza in contrasto anche al fenomeno del c.d. bullismo. Ma dietro queste formule attraenti si nasconde in realtà una propaganda micidiale, che sta investendo ogni ambito della vita sociale e che ora mira ad impossessarsi dei bambini e degli adolescenti proprio attraverso l’educazione scolastica di Stato.

Si pretende di inoculare loro: che maschio e femmina non si nasce, ma si diventa come e quando si vuole secondo la percezione che si ha di sé stessi ed anche in contrasto col dato biologico; che la famiglia non si fonda sull’unione tra l’uomo e la donna, ma su ogni forma di convivenza, anche tra persone dello stesso sesso; che l’omosessualità è una normale variante della sessualità, da promuovere come un valore per la società; che fin dalla più tenera età è necessario conoscere il linguaggio e le pratiche della sessualità (tanto per intenderci, e giusto per fare un esempio, nelle direttive dell’OMS si parla di “esplorazione del proprio corpo e di quello altrui” e di “masturbazione infantile precoce” per la fascia di età da 0 a 4 anni).

In sintesi si mira:

- alla destrutturazione dell’identità sessuale del bambino durante la sua formazione;

- alla demolizione della famiglia;

- alla promozione della omosessualità e delle sessualità “diverse”;

- alla erotizzazione precoce dei bambini, secondo una visione pansessualista della esperienza umana.

Nel corso degli ultimi decenni si è assistito alla progressiva erosione di quei princìpi etici in cui la società bene o male si riconosceva compatta, senza distinzione di credo religioso e di fede politica, perché indiscussi capisaldi di ogni consesso umano. In questo processo di sfilacciamento del tessuto sociale, la legge ha sempre avuto il ruolo decisivo di far scattare il cambio di paradigma etico: ciò che viene reso giuridicamente lecito diventa automaticamente accettabile anche dal punto di vista morale; la norma ha il potere di affievolire il disvalore percepito dalla coscienza collettiva, che tende via via ad identificare il bene e il male con ciò che la legge consente e non consente. La natura (intesa come ciò che afferisce intrinsecamente all’umano) viene sacrificata sull’altare della autodeterminazione, della libertà onnipotente, e viene di fatto vilipesa da un “diritto positivo” che, nel frattempo, ha perso per strada la sua funzione.

Divorzio, aborto, fabbricazione degli esseri umani in laboratorio, eutanasia, sono tutte tappe in certo modo previste e prevedibili di questa avanzata antiumana, sempre peraltro oliata dalle forze sedicenti cattoliche dell’apparato politico e clericale.

Ma ora ci troviamo di fronte ad un passaggio ulteriore, che si sta realizzando con una accelerazione impensabile, e che ci coglie – questo sì – davvero impreparati e inermi.

Dopo l’attacco alla vita più indifesa, la vita nascente e morente, e alla struttura stessa della famiglia, l’obiettivo è stato puntato sull’educazione dei bambini e degli adolescenti. L’invasione del campo della educazione è l’ultima tappa di questa avanzata, ed è anche la prova provata che si tratta di un vero e proprio piano di matrice totalitaria lanciato su scala internazionale da fortissimi gruppi di potere. In senso cronologico seguiranno certamente passaggi ulteriori, perché una volta rotte le paratie l’onda montante non può che avanzare (se ora si propagandano l’indifferentismo sessuale e l’omosessualismo, sono alle porte pedofilia e incesto, e poi sarà la volta di zoofilia e di chissà cos’altro, si giungerà al cannibalismo legalizzato forse…), ma dal punto di vista logico questa è la tappa che assorbe tutto il resto: è infatti qualcosa a cui, nel disegno diabolico, nessuno deve sfuggire.

Il cerchio si chiude: tolta di mezzo la famiglia, espropriata del suo ruolo educativo, si hanno finalmente in pugno le nuove generazioni, da allevare come polli in batteria in ossequio all’ideologia dominante: da programmare, da indottrinare, da omologare. Teniamo presente, poi, chi saranno questi bambini: saranno i sopravvissuti – letteralmente – tra quelli che, sempre più, verranno prodotti, selezionati, congelati, comprati, scartati, eliminati se difettosi o non corrispondenti ai desiderata di adulti variamente accoppiati (tanto, si sa, basta l’amore).

Per realizzare appieno la costruzione di questo mondo nuovo di ominidi tutti uguali, eterodiretti ma persuasi ad essere fieramente autodeterminati e capaci di controllare e comandare persino la natura (vedi gender), il primo scoglio da abbattere per avere a disposizione soltanto individui destrutturati e plasmabili a piacimento è la famiglia.

È già successo con tutte le rivoluzioni totalitarie; ma quella “silenziosa” che ci tocca in sorte di vivere è la più insidiosa, perché per tanto tempo ha lavorato sottotraccia e ora si presenta con uno spiegamento capillare di forze sotto le vesti subdole della normalità: il nemico è ovunque, non si riconosce più nemmeno dalla divisa che indossa, ed è saldamente titolato dal mito del progresso.

La stagione di tutte le libertà inaugurata alla fine degli anni ’60 è davvero finita nel pozzo di tutte le follie. Le idee degenerate che pretendono di creare, di inventare la realtà delle cose, hanno osato abolire la legge morale naturale e, al fondo, la legge di Dio che la sostanzia. Contro questa legge immutabile è stata ora innalzata l’idolatria delle pulsioni e dei capricci dell’uomo, delle sue voglie e delle sue ambizioni, delle sue viltà, dei suoi egoismi primordiali e delle sue miserie; di una pura animalità non più al guinzaglio della ragione. E la nostra capacità di reazione è incredibilmente fiaccata, siamo tutti mediaticamente traviati, ipnotizzati dagli imbonitori di turno che ci martellano in testa in gergo televisivo le nuove categorie dell’irrealtà, e siamo così indotti a recitare a soggetto nel teatro dell’assurdo.

Nel quadro di questo graduale scollamento dalla realtà, la verità delle cose è stata scalzata via dalla fluidità delle opinioni e dalla suggestione collettiva. L’arma risolutiva si rivela, ancora una volta, la legge dello Stato, che non presuppone più un’etica, ma la costruisce a piacimento dell’eletto di turno e del suo tutore mediatico, in ossequio alla dittatura egemone degli organismi sovranazionali.

È così che l’ultimo attacco portato alla vita umana, alla vita individuale e a quella collettiva, proveniente dal mostruoso programma di educazione sessuale, risponde al disegno di colpire i più piccoli, di distruggere in loro il senso del pudore ed il senso di cose che appartengono ad un altro tempo della vita. Di violentare la loro libertà morale e la loro sensibilità attraverso l’iniziazione forzata all’esperienza dei fenomeni legati alla sfera sessuale.

C’è, in tutto questo, la feroce invidia dell’adulto per l’innocenza di cui non è più capace, e che vuole rapinare a chi non è in grado di difendersi.

C’è la precisa volontà di costringere la famiglia a consegnare i propri figli, quali vittime sacrificali, al Leviatano statale.

Questi programmi, infatti, sono approntati in seno a quegli organismi internazionali (OMS e affini) nati per combattere la vita e la famiglia in nome del benessere, della salute, della solidarietà, dell’equità, della democrazia, dell’autodeterminazione, del rispetto delle diversità, al fine di essere recepiti negli ordinamenti interni. E l’intenzione manifestata apertamente è quella di sollevare i genitori – che sarebbero per definizione sprovvisti di adeguati strumenti tecnici – dall’onere di accompagnare i propri figli nella crescita. L’educazione viene trasferita di autorità allo Stato, che la esercita per mezzo dei suoi “esperti”, secondo i famigerati modelli di ben noti regimi totalitari.

Ora, in condizioni normali, sarebbe legittimo chiedersi se tutto ciò non sia frutto di un delirio paranoide e maniacale. Invece, i tempi sono tali che il programma è stato commentato con malcelato compiacimento persino dal più diffuso organo di stampa “cattolico” — il quale, invero, si adopera instancabilmente per normalizzare ogni dissenso, sino a renderlo tanto innocuo da non disturbare il manovratore. Il che contribuisce poi a spiegare l’apparente inerzia delle persone, private della normale capacità di reazione da un’informazione fuorviante e capziosa, somministrata anche da chi spende, abusandone, la qualifica rassicurante di “cattolico”.

Il vero problema – a ben vedere – è proprio questo: che una mostruosità conclamata possa, anziché venire rigettata come un’allucinazione, essere assorbita quasi passivamente da una società narcotizzata che ha perso i naturali criteri di giudizio.

Proviamo ad analizzare le cause del fenomeno.

L’uomo-misura-di-tutte-le-cose, quello che si dà le proprie leggi senza un parametro superiore, approda inevitabilmente al proprio suicidio. Un po’ come la barca che perde il timoniere o gli strumenti di bordo, e non vede più le stelle sopra di sé a darle l’orientamento. Molto di quello che accade oggi è già accaduto nelle antiche città bibliche, nella dissoluzione della società romana, negli orrori rivoluzionari e di ogni regime sanguinario.

Di orrori, l’uomo è sempre stato capace, ma fin quando ha avuto un dio od un’etica superiore a cui rispondere, ha sentito pur sempre le proprie nefandezze come trasgressione, come peccato: e il peccato riconosce la legge che lo precede, la quale legge, a sua volta, non è cancellata dall’eventuale perdono. Resta vigente, a segnalare il dover essere.

La degenerazione della società attuale – che è la somma di tante degenerazioni –, ha un aspetto nuovo rispetto al passato: il peccato, ora, è cancellato perché è cancellata la legge, sostituita da un suo simulacro, dalla volontà legittimatrice dell’uomo sotto le spoglie della legge. Il senso della trasgressione è così riassorbito. O meglio, la trasgressione è normalizzata.

L’approdo ultimo di questa corsa verso il baratro è il desiderio – autentica libidine – di appropriarsi dell’infanzia, per distruggerne l’innocenza, quella dote unica con cui ognuno viene al mondo.

Il bambino coglie d’istinto ciò che appartiene all’anima, quindi alla parte spirituale dell’uomo, perché egli è vicino all’origine delle cose; si sente dipendente, e per natura riconosce una legge superiore. La sua innocenza, infatti, si manifesta anche nel senso del pudore – il pudore del corpo e quello dei sentimenti – così come nel senso del sacro, nella percezione del mistero. Tutto questo entrerà prima o poi in conflitto, in lui, con le pulsioni naturali della crescita. Ed è qui che entra in gioco l’educazione, che ha il compito di comporre questo dissidio in vista di una maturazione complessiva dell’individuo.

Da sempre, la funzione dell’adulto è stata quella di mettere la propria sapienza, che è conoscenza di sé e della vita, al servizio di chi quella vita deve ancora imparare. E-ducere significa “tirare fuori” ciò che di buono è connaturato, quel seme naturale che è racchiuso in ciascuno di noi, insegnando a controllare l’istinto.

Nel nostro tempo questo rapporto atavico tra il bambino e chi ha la responsabilità di accompagnarlo nella vita è stato già incrinato e, a poco a poco, capovolto: l’adulto, tanto spesso incapace di custodire il mondo sacro dell’infanzia perché incapace di immedesimarsi in una sensibilità di cui ha perduto il ricordo, vi proietta una nostalgia che gli fa osservare il bambino come lo specchio dei propri desideri, delle proprie curiosità, dei propri rimpianti, delle proprie ambiguità.

Ma ora, improvvisamente, si va oltre tutto questo: l’adulto onnipotente allunga le sue mani sul bambino per appropriarsene come un giocattolo da fabbricare e manipolare a piacimento, e magari da distruggere e buttare via. Quale fenomeno isolato, in fondo, è ciò che è raccontato dalle favole di sempre, che mettono in guardia il piccolo dalle insidie dell’uomo nero. L’uomo nero, adesso, è un mostro diffuso, e indossa le vesti borghesi dell’accademico, del burocrate, del politico, dello scienziato, del filosofo impegnato, del moralista di avanguardia, persino del prete “aggiornato”. Costoro, tutti insieme – agghiacciante paradosso! – si presentano come esperti benefattori, sensibili alle presunte esigenze delle vittime disvelate attraverso l’occhio, penetrante e infallibile, della psicologia militante. Il rapporto, comunque, è definitivamente quello tra un soggetto ed un oggetto: è la prevaricazione dell’uomo sull’uomo, dell’uomo più forte nei confronti del suo simile più debole e privo di difese.

La fede inquinata da errori

La fede è inquinata da errori

Lo stato del mondo nel quale viviamo oggi, dolorosamente, non è diverso da quello in cui si ridusse l’uomo dopo il peccato. Mai forse come oggi, il mondo è dominato da satana. Anche nelle nazioni, come la nostra, che si chiamano cristiane, regna l’idolatria del peccato, in tutte le sue manifestazioni più turpi. Il mondo, redento dal sacrificio di Gesù Cristo, praticamente lo rinnega e nello svolgimento della vita civile è apostata, in quella della vita religiosa è in profondo decadimento, nonostante la parvenza di attività, che è l’indefettibile vitalità della Chiesa, ma alle quali si mescola non raramente lo spirito del mondo.

La fede è inquinata da errori, e le più pericolose eresie s’insinuano nelle anime sotto l’aspetto di progresso, di critica, di autenticità storica, ecc… I giovani nelle scuole dello stato diventano atei, facile preda del comunismo che cancella dalla loro mente la verità. È un fatto dolorosissimo che i giovani, appena raggiungono il liceo, se non sono ben saldi nella fede e nella morale, decadono fino alla incredulità ed alla immoralità, per colpa di professori scellerati, comunisti e massoni, che si fanno propagandisti di errori. E lo stato non solo lo tollera, ma per insinuazioni settarie dà loro posti di preminenza. Nei Seminari e negli Ordini religiosi, i giovani non sono formati alla santità: langue la pietà, langue la virtù, spira tra essi lo spirito del mondo.

L’arte sacra è in pauroso decadimento, e le immagini sacre che dovrebbero dilatare l’anima nella fede ed il cuore nell’amore, ne diventano la parodia.

Il mondo tutto è sconvolgimento; i delitti raggiungono estremi di perversità che spaventa: l’immoralità giunge a degradazioni che avviliscono, le nazioni sono sconvolte da rivoluzioni che le fanno sanguinare; guerre e voci di guerre, danno un senso di sgomento, nonostante le voci di pace che ipocritamente si levano da quelli che le suscitano e le fomentano.

Noi non esageriamo, accenniamo appena e fugacemente, allo stato nel quale è il mondo moderno, che pure orgogliosamente si gloria di civiltà e di progresso. In tanta desolazione il male maggiore è l’incoscienza. Il mondo non si accorge o non vuole accorgersi dell’abisso nel quale è caduto, ed in quello nel quale sta per cadere.

Don Dolindo Ruotolo

L'avanzata del "nuovo ordine mondiale"

Il mondialismo ha cercato di “dissolvere e coagulare” anche il vicino e medio oriente (Egitto, Libia, Tunisia), ma – arrivato alla Siria (2011) – ha trovato la Russia di Putin a sbarrargli il passo ed infine dopo quasi quattro anni ha dovuto recedere, almeno temporaneamente.

Quanto a Putin occorre sapere che di fronte allo sfacelo dell’Urss (1989) ha capito che il comunismo non poteva salvare la sua Patria come neppure il liberismo transatlantico/europeo e, divenuto Presidente della Russia nel 2000, è corso ai ripari.

Vladimir Putin è nato il 7 ottobre 1952 a San Pietroburgo. Il nonno era cuoco di Lenin e poi di Stalin, il padre sommergibilista nell’armata rossa. Egli è stato membro del Pcus e colonnello del Kgb. Nel 2000 è diventato Presidente della Russia e continua la sua opera ancora oggi, dopo aver risollevato la sua Patria dal fallimento in cui l’avevano gettata il marxismo e Eltsin, che l’aveva svenduta a pochi “oligarchi” e “magnati” quasi tutti israeliti.

In un discorso tenuto il 19 settembre 2013 al Valdai Club Putin ha enunziato il suo nuovo pensiero politico diametralmente opposto al marxismo leninista e al mondialismo israelo/statunitense: “ci siamo lasciati alle spalle l’ideologia sovietica senza ritorno, ma nello stesso tempo non ci ispiriamo al liberalismo occidentalista. […]. Una neo-barbarie morale bussa alle porte e vuol distruggere le Patrie mediante la depravazione morale, soprattutto la parificazione della famiglia tradizionale e naturale con le coppie omosessuali, la perdita di fede in Dio e la credenza in satana. Occorre difendere i valori naturali e tradizionali. […]. Ogni Stato deve avere forze militari, tecnologiche ed economiche, ma quel che conta soprattutto è la forza morale, intellettuale e spirituale dei suoi cittadini. Il tragico passato dell’Urss è stato dovuto soprattutto alla mancanza di valori morali e spirituali. […]. Bisogna tornare alla mentalità della responsabilità verso se stessi, verso la società e il diritto; se non sapremo uscire dalla attuale crisi morale e spirituale non ci risolleveremo”.

Poi Putin è passato alla pratica ed ha legiferato a favore dell’incremento della natalità, contro la pratica dell’aborto, contro la pedo/pornografia via web e contro i matrimoni omosessuali, ha eliminato ogni riferimento ideologico e “liturgico” a Lenin, Stalin e al Pcus.

Naturalmente un uomo così e a capo di una Nazione malgrado tutto ancora potente e forte dà fastidio al “Nuovo Ordine Mondiale” transatlantico e neo/europeistico, che va dagli Usa a Israele passando per l’Europa. Quindi, avendo osato impedire l’invasione statunitense della Siria e poi dell’Iran, deve essere abbattuto. Ecco il perché della rivoluzione ucraina e crimeana, che ha indotto il Presidente statunitense Barac Obama a stanziare 1 miliardo di dollari (3 maggio 2014) a favore delle difese armate dell’Europa orientale ai confini con la Russia e a chiedere all’Europa occidentale di armarsi maggiormente in vista di un eventuale conflitto. La triste realtà è questa: siamo in stato di avan-guerra con la Russia, l’Iran e la Siria, a rimorchio di Netanyahu, Obama e Cameroon.

Naturalmente i mass media politicamente corretti presentano Putin come l’attuale Male assoluto, il nuovo Hitler da abbattere.

Quindi dopo aver tentato invano, tramite i ribelli di al-Qaida foraggiati dall’Arabia Saudita, da Israele e dagli Stati Uniti, di invadere la Siria, il “Nuovo Ordine Mondiale” ha dovuto fermarsi un momento e prendere atto che l’ostacolo da rimuovere è soprattutto la Russia di Putin.

Gordon Duff, un marine veterano del Vietnam e consultato dai Governi della sicurezza, capo-redattore della rivista online New Oriental Outlook, scrive: “in Siria nel 2011 le forze speciali statunitensi, aiutate dal Qatar e dall’Arabia Saudita, da Israele e dalla Giordania, istituirono vari campi d’addestramento e cominciarono un diffuso reclutamento da tutto il mondo integralista musulmano ed hanno messo in piedi al-Qaeda in maniera ben strutturata. Ora al-Qaeda, sostenuta dagli islamisti della Georgia e della Cecenia, va in Ucraina, si affianca al regime filo-europeo di Kiev, ma sempre diretta dalla Cia e dall’MI6”.

Lada Ray, inoltre, ha scritto su Trencast (6 maggio 2014): “L’organizzazione islamista dell’Ucraina, affiliata ad al-Qaeda, ha annunciato che 5.000 mercenari islamisti qaedisti arriveranno in Ucraina dalla Germania, Turchia, Georgia e Azerbaigian”. Oggi (4 giugno 2014) circa 200 paramilitari filorussi sono stati uccisi in Ucraina, che da sola non avrebbe la forza per compiere azioni simili. I siti alternativi parlano di paramilitari polacchi addestrati dalla Cia. La storia delle rivoluzioni primaverili (Egitto, Libia, Tunisia e Siria) continua e si sposta in Ucraina con l’appoggio in pompa magna degli Usa stanziatisi in Europa. Ma ora non ci si trova più davanti a Mubarak, Gheddafi, Ben Alì, occorre fare i conti con la Russia di Putin, che già si è alleata con la Cina.

(Fonte: Don Curzio Nitoglia - doncurzionitoglia.net)

Il laicismo e l'indifferentismo

Il laicismo è un naturalismo politico:
esso sostiene che la società può e deve essere costituita e che può sussistere senza tenere affatto conto di Dio e della religione, senza tener conto di Gesù Cristo, senza riconoscere i diritti di Gesù Cristo a regnare, cioè ad ispirare della sua dottrina tutta la legislazione dell’ordine civile.
Di conseguenza, i laicisti vogliono separare lo Stato dalla Chiesa (lo Stato non favorirà la religione cattolica e non riconoscerà come suoi i principi cattolici) e la Chiesa dallo Stato (la Chiesa sarà ridotta al diritto comune di tutte le associazioni dinanzi allo Stato e la sua autorità divina e la sua missione universale non saranno affatto prese in considerazione).
Si istituirà poi un’istruzione e anche un’educazione «pubblica», talvolta addirittura obbligatoria, e laica, cioè atea. Il laicismo è l’ateismo di Stato tranne il nome! […]


L’indifferentismo proclama indifferente per l’uomo la professione di una o dell’altra religione;
Pio IX condanna questo errore: «l’uomo è libero di abbracciare e di professare la religione che, guidato dalla luce della sua ragione, avrà giudicato vera» (Sillabo, proposizione condannata n. 15); oppure: «gli uomini possono trovare la via della salvezza nel culto di qualunque religione» (n. 16); o ancora: «si deve ben sperare della salvezza eterna di tutti coloro che non si trovano affatto nella vera Chiesa del Cristo» (n. 17).
È facile intuire le radici razionaliste o moderniste di queste proposizioni.
A questo errore si aggiunge l’indifferentismo dello Stato in materia religiosa: lo Stato afferma per principio di non essere capace (agnosticismo) di riconoscere la vera religione come tale e di dover accordare la stessa libertà a tutti i culti.
Acconsentirà eventualmente ad accordare alla religione cattolica una preminenza di fatto, dal momento che è la religione della maggioranza dei cittadini, ma riconoscerla come vera, dichiara, sarebbe voler ristabilire la teocrazia;
in ogni caso, sostiene, domandare allo Stato di giudicare della verità o della falsità di una religione significherebbe attribuirgli una competenza che questo non ha.
Monsignor Pie (non ancora Cardinale) osò esporre questo profondo errore, insieme alla dottrina cattolica del Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, all’imperatore dei francesi, Napoleone III.
In un colloquio memorabile, con un coraggio tutto apostolico, egli impartì al principe una lezione di diritto cristiano, di quel che si chiama il diritto pubblico della Chiesa. Ed è con tale celebre conversazione che terminerò questo capitolo.
Era il 1856, il 15 marzo, ci dice padre Théotime de Saint Just, dal quale attingo questa citazione (22). All’Imperatore, che si vantava di aver fatto per la religione più della Restaurazione (23) stessa, il Vescovo rispose:
 «È mia premura rendere giustizia alle inclinazioni religiose di Vostra Maestà e so riconoscere, Sire, i servigi che avete reso a Roma e alla Chiesa, in particolare nei primi anni del vostro governo. Forse che la Restaurazione ha fatto più di voi?
Ma lasciatemi aggiungere che né la Restaurazione, né voi, avete fatto per Dio quel che bisognava fare, giacché né l’una né l’altro avete risollevato il suo trono, giacché né l’una né l’altro avete rinnegato i princìpi della Rivoluzione, della quale avete però combattuto le conseguenze pratiche,
giacché il vangelo sociale al quale si ispira lo Stato è ancora la dichiarazione dei diritti dell’uomo, che altro non è, Sire, che la negazione formale dei diritti di Dio.
«Ora, è il diritto di Dio comandare agli Stati come agli individui. Questo è ciò che Nostro Signore è venuto a cercare sulla terra.
Egli deve regnarvi ispirando le leggi, santificando i costumi, illuminando l’insegnamento, dirigendo le opinioni, regolando le azioni sia dei governanti che dei governati. Ovunque Gesù Cristo non esercita questo regno, c’è disordine e decadenza.
«Ebbene, io ho il diritto di dirvi che Egli non regna fra di noi e che la nostra Costituzione non è quella di uno Stato cristiano e cattolico, tutt’altro.
Il nostro diritto pubblico stabilisce sì che la religione cattolica è quella della maggioranza dei francesi, ma aggiunge che gli altri culti hanno diritto ad un’eguale protezione. Ciò non equivale a proclamare che la Costituzione protegge allo stesso modo la verità e l’errore?
Orbene! Sire, sapete quel che Gesù Cristo risponde ai governati che si rendono colpevoli di una tale contraddizione? Gesù Cristo, Re del cielo e della terra, risponde loro: “E anch’io, governanti che vi succedete rovesciandovi a vicenda, anch’io vi accordo un’eguale protezione. Ho accordato questa protezione all’imperatore vostro zio; ho accordato la stessa protezione ai Borboni, la stessa protezione a Luigi Filippo, la stessa protezione alla Repubblica, e anche a voi sarà accordata la medesima protezione”».
L’imperatore interruppe il Vescovo: «Ma dunque voi credete che l’epoca nella quale viviamo implichi questo stato di cose, e che sia giunto il momento di stabilire quel regno esclusivamente religioso che mi chiedete? Non pensate, Monsignore, che ciò significherebbe scatenare tutte le malvagie inclinazioni?».
«Sire, quando i grandi politici come Vostra Maestà mi obiettano che non è giunto il momento, non posso che piegarmi perché non sono un grande politico.
Ma sono Vescovo, e in quanto Vescovo rispondo loro: “Non è venuto per Gesù Cristo il momento di regnare, bene! Allora non è venuto il momento per i governanti di durare”» (24).
 
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 22) Padre Théotime de Saint Just, La Royauté sociale de N.S. Jésus-Christ, d’après le Cardinal Pie, Beauchesne, Paris 1925 (2ª edizione), pp. 117-121.
 23) La Restaurazione designa la restaurazione della monarchia con Luigi XVIII, dopo la Rivoluzione Francese e il Primo Impero. Questa Restaurazione aveva ahimè consacrato il principio liberale della libertà di culti.
 24) Histoire du Cardinal Pie, T. I, L. II, cap. II, pp. 698-699.

(Fonte: Mons. Marcel Lefebvre - Lo hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare)

Nostro Signore Gesù Cristo e il liberalismo

Dopo aver spiegato perché il liberalismo sia una rivolta dell’uomo contro l’ordine naturale concepito dal Creatore, rivolta che culmina nella città individualista, egalitaria e concentrazionaria, mi rimane da mostrarvi come il liberalismo combatta anche l’ordine sovrannaturale che è il disegno della Redenzione, cioè in definitiva come il liberalismo abbia l’obiettivo di distruggere il Regno di Nostro Signore Gesù Cristo, sia sull’individuo che sulla città.
Nei confronti dell’ordine sovrannaturale, il liberalismo proclama due nuove indipendenze che io adesso esporrò.

1) «L’indipendenza della ragione e della scienza nei riguardi della fede: è il razionalismo, per il quale la ragione, giudice sovrano e misura del vero, basta a se stessa e rifiuta ogni dominio esterno».
È quel che si chiama razionalismo.
Il liberalismo vuole qui liberare la ragione dalla fede che ci impone dei dogmi, enunciati in maniera definitiva e ai quali l’intelligenza deve sottomettersi.
La semplice ipotesi che certe verità possano oltrepassare le capacità della ragione è inammissibile. I dogmi debbono dunque essere sottoposti al vaglio della ragione e della scienza, e in maniera costante, dati i progressi scientifici.
I miracoli di Gesù Cristo, il meraviglioso della vita dei santi devono essere reinterpretati, demitificati.
Bisognerà distinguere accuratamente il «Cristo della fede», costruzione della fede degli apostoli e delle comunità primitive, dal «Cristo della storia», che non fu che un semplice uomo.
Ho già spiegato come la Rivoluzione del 1789 si sia compiuta nel segno della dea Ragione. Già sul frontespizio dell’Encyclopédie di Diderot (1751) figurava l’incoronazione della Ragione. Quarant’anni più tardi, la Ragione deificata diventava l’oggetto di un culto religioso pubblico:
«Il 20 brumaio (10 novembre 1793), tre giorni dopo che alcuni preti, col Vescovo metropolitano Gobel in testa, si furono “spretati” davanti all’Assemblea, Chaumette propose di festeggiare solennemente quel giorno in cui “la ragione aveva ripreso il suo impero”. Ci si affrettò a mettere in pratica un’idea così nobile, e venne deciso che il Culto della Ragione sarebbe stato celebrato, in maniera grandiosa, a Parigi, a Notre-Dame, espressamente addobbata grazie alle cure del pittore David. In cima ad una montagna di cartapesta, un piccolo tempio accoglieva una graziosa ballerina, tutta fiera di essere stata promossa Dea Ragione; schiere di fanciulle coronate di fiori cantavano degli inni. Quando la festa ebbe fine, notando che i rappresentanti non erano stati numerosi, si partì in corteo con la Ragione, per rendere visita alla Convenzione nazionale, dove il Presidente abbracciò la dea» (17).
Ma questo razionalismo eccessivamente radicale non piacque a Robespierre. Quando, nel marzo 1794, ebbe annientato gli «esagerati», «Reputò che la sua onnipotenza dovesse fondarsi su basi nobilmente teologiche e che avrebbe coronato la sua opera stabilendo un Culto dell’Essere Supremo di cui egli sarebbe stato il grande sacerdote. Il 18 floreale dell’Anno II (7 maggio 1794) pronunciò un discorso “sui rapporti delle idee religiose e morali con i princìpi repubblicani e sulle feste nazionali”, del quale la Convenzione votò la stampa.
Vi si garantiva che “l’idea dell’Essere supremo e dell’immortalità dell’anima” è un richiamo continuo alla giustizia, e che dunque tale idea è sociale e repubblicana. Il nuovo culto sarebbe stato quello della virtù.
Fu votato un decreto, secondo il quale il popolo francese riconosceva i due assiomi della teologia robespierriana; un’iscrizione che consacrava il fatto sarebbe stata posta sul frontone delle chiese. Seguiva una lista di festività che prendeva due colonne: la prima della lista era quella “dell’Essere supremo e della Natura”; fu deciso che sarebbe stata celebrata il 20 pratile (8 giugno 1794).
E infatti così fu: cominciava nel giardino delle Tuileries, dove un gigantesco rogo divorava tra le fiamme la mostruosa immagine dell’ateismo, mentre Robespierre pronunciava un discorso mistico, poi la folla cantava degli inni di circostanza, e proseguiva con una sfilata sino al Campo di Marte, dove tutti i convenuti seguivano un carro drappeggiato di rosso, tirato da otto buoi, carico di spighe e di foglie, tra le quali troneggiava una statua della Libertà» (18).
I vaneggiamenti stessi del razionalismo, le «variazioni» di questa «religione nei limiti della semplice ragione» (19), dimostrano a sufficienza la loro falsità.

2) «L’indipendenza dell’uomo, della famiglia, della professione, soprattutto dello Stato, nei confronti di Dio, di Gesù Cristo, della Chiesa; dipende dai punti di vista, ed ecco il naturalismo, il laicismo, il latitudinarismo (o indifferentismo) (…) da qui l’apostasia ufficiale del popoli che rifiutano la regalità sociale di Gesù Cristo, che disconoscono l’autorità divina della Chiesa».
llustrerò questi errori con alcuni considerazioni:
Il naturalismo sostiene che l’uomo è limitato alla sfera della natura e che non è per niente destinato da Dio allo stato sovrannaturale.
La verità è tutt’altra: Dio non ha creato l’uomo allo stato di pura natura. Dio ha costituito di primo acchito l’uomo nello stato sovrannaturale:
Dio, afferma il concilio di Trento, aveva costituito il primo uomo «nello stato di santità e di giustizia» (Dz 788).
L’uomo fu destituito dalla grazia santificante in conseguenza del peccato originale, ma la Redenzione mantiene il disegno di Dio: l’uomo rimane destinato all’ordine sovrannaturale.
Essere ridotto all’ordine naturale è per l’uomo uno stato violento che Dio non approva. Ecco quel che insegna il Cardinale Pie, dimostrando che lo stato naturale non è in sé cattivo, ma che è la sua destituzione dall’ordine sovrannaturale ad essere cattiva:
«Voi insegnerete, dunque, che la ragione umana ha una sua facoltà propria e i suoi attributi essenziali; voi insegnerete che la virtù filosofica possiede una bontà morale e intrinseca che Dio non disdegna di remunerare, negli individui e nei popoli, con certe ricompense naturali e temporali, talvolta persino con favori più elevati.
Ma voi insegnerete anche e proverete, con argomenti inseparabili dall’essenza stessa del cristianesimo, che le virtù naturali, che i lumi naturali, non possono condurre l’uomo al suo fine ultimo che è la gloria celeste.
«Voi insegnerete che il dogma è indispensabile, che l’ordine sovrannaturale nel quale l’autore medesimo della nostra natura ci ha costituito, con un atto formale della sua volontà e del suo amore, è obbligatorio e inevitabile;
voi insegnerete che Gesù Cristo non è facoltativo, e che al di fuori della sua legge rivelata non esiste, non esisterà mai il giusto ambiente filosofico e pacifico dove chicchessia, anima elevata o anima volgare, possa trovare il riposo della sua coscienza e la regola della sua vita.
«Voi insegnerete che non importa solamente che l’uomo compia il bene, ma importa che lo compia nel nome della fede, per un impulso soprannaturale, senza il quale i suoi atti non conseguiranno mai l’obiettivo finale che Dio gli ha indicato, cioè la felicità eterna dei cieli… » (20).
Così, nello stato dell’umanità concretamente voluto da Dio, la società non può costituirsi né sussistere al di fuori di Nostro Signore Gesù Cristo: è l’insegnamento di san Paolo:
«È in lui che tutte le cose sono state create, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra (…) tutto è stato creato mediante lui e per lui. Egli è prima di tutte le cose, e tutte le cose sussistono in lui» (Col I, 16s.).
Il disegno di Dio è di «tutto ricapitolare nel Cristo» (Ef I, 10), cioè di ricondurre tutte le cose ad un solo capo, il Cristo.
Papa san Pio X assumerà quale suo motto queste stesse parole di san Paolo: «omnia instaurare in Cristo», tutto instaurare, tutto restaurare nel Cristo: non soltanto la religione, ma la società civile:
«No, Venerabili Fratelli, occorre ricordarlo energicamente in questi tempi di anarchia sociale e intellettuale, in cui ciascuno si pone quale dottore e legislatore;
non si edificherà la società diversamente da come Dio l’ha edificata; non si edificherà la società se la Chiesa non ne pone le basi e non ne dirige i lavori; non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole.
Essa è esistita ed esiste; è la civiltà cristiana, è la civiltà cattolica. Non si tratta che di instaurarla, ristabilirla incessantemente sulle sue naturali e divine fondamenta contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà:  “Omnia instaurare in Cristo”» (21).
Jean Ousset, nella seconda parte del suo importante libro Pour qu’il règne, dal titolo «Le contestazioni rivolte alla regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo», ha eccellenti pagine sul naturalismo; egli rileva tre categorie di naturalismo:
un «naturalismo aggressivo o nettamente ostentato», che nega l’esistenza stessa del soprannaturale, quello dei razionalisti (vedi sopra);
poi un naturalismo moderato che non nega il soprannaturale ma rifiuta di accordargli il primato, perché ritiene che tutte le religioni siano un’emanazione del senso religioso: si tratta del naturalismo dei modernisti;
infine c’è il naturalismo incoerente, che ammette l’esistenza del soprannaturale e la sua supremazia tutta divina, ma lo considera come «materia facoltativa»: è il naturalismo pratico di molti cristiani pusillanimi.

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17) Daniel Rops, L’Eglise des révolutions, p. 63.
 18) Ibid. e p. 64.
 19) (Opera di Kant, 1793).
20) Cardinale Pie, Vescovo di Poitiers , Œuvres, T. II, pp. 380-381, citato da Jean Ousset, Pour qu’Il règne, p. 117.
21) Lettera sul Sillon Notre charge apostolique, del 25 agosto 1910, PIN 430.


(Fonte: Mons. Marcel Lefebvre - Lo hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare)