Enzo Bianchi: il tramonto di un falso profeta

Cristina Siccardi sul sito www.corrispondenzaromana.it traccia ottimamente un quadro di Enzo Bianchi, conosciuto ai più come il monaco di Bose. 

Enzo Bianchi, il fondatore della comunità sincretica di Bose, nata l’8 dicembre 1965, nel giorno, non a caso, in cui si chiuse il Concilio Vaticano II, nonché celeberrimo autore della “buona stampa” contemporanea, è stato allontanato dalla Casa madre e rimosso il 13 maggio, giorno della Madonna di Fatima. Per ordine della Santa Sede, con un decreto firmato dal segretario di Stato il cardinale Parolin e l’approvazione del Papa, a causa di un «clima non fraterno» che si era andando creando dopo essersi dimesso, nel gennaio 2017, è stato accusato di aver «continuato a imporre la sua autorità di fondatore, mettendo in difficoltà il suo successore, il priore fratel Luciano Manicardi. Con Bianchi devono andarsene i suoi fedelissimi fratel Goffredo Boselli, fratel Lino Breda e suor Antonella Casiraghi. Tutti decadono dai loro incarichi, come conferma una nota di Bose. “Non ha saputo fare davvero un passo indietro, e neanche di lato”, è l’accusa mossa da decine di confratelli, che hanno “testimoniato liberamente”».
Il monaco laico (non sacerdote) e laicista, che manifesta una soggettiva religiosità fondata sul tutto e, dunque, sul nulla, è da tempo predicatore di insegnamenti acattolici, ed ora afferma su twitter: «Quando giunge il fallimento, la sconfitta, non rinunciare mai alla verità, perché anche nell’umiliazione la verità va glorificata: solo se ferisce la carità la verità può essere celata, e maledetto sia colui per il quale la verità va detta senza pensare alla carità fraterna». Quel concetto di “maledetto” suona molto male e proviene dalla bocca di chi semina la menzogna da decenni con grande leggerezza, senza riconoscere l’unica Verità portata dal Verbo incarnato, Cristo, che inviò gli apostoli a convertire a Sé le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Il suo curriculum è la fotografia perfetta di chi oggi viene indicato come valida ed autorevole guida spirituale. Diplomato in ragioneria, ha studiato Economia e commercio a Torino, poi si è ritirato a Bose, una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica… da qui la sua scalata al successo: riverito, onorato dagli organi ed enti cattolici, da vescovi e pontefici, Enzo Bianchi ha ricevuto innumerevoli premi e riconoscimenti, fra cui due laicissime lauree honoris causa, in Scienze politiche e in Scienze gastronomiche. Nel 2008 e nel 2012 ha partecipato come esperto nominato da Benedetto XVI alle Assemblee generali del Sinodo dei vescovi, dedicate la prima alla Parola di Dio e la seconda alla Nuova evangelizzazione. Il 22 luglio 2014 è stato nominato da papa Francesco consultore del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Lo stesso anno, da gennaio a maggio, due visitatori hanno svolto un’ispezione della sua comunità monastica e hanno consegnato le loro valutazioni alle autorità vaticane competenti e ai vescovi di Biella e delle altre diocesi in cui si trovano le quattro filiali della comunità stessa: Ostuni (diocesi di Brindisi), San Masseo (diocesi di Assisi), Cellole (diocesi di Volterra), Civitella San Paolo (diocesi di Civita Castellana).

Il 26 dicembre 2016 ha annunciato le dimissioni da priore, con effetto a partire dal 25 gennaio 2017, mentre l’anno seguente ha partecipato come uditore, nominato da papa Francesco, all’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi dedicata a «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» e dal 24 al 27 settembre 2018 è stato uno dei relatori al ritiro mondiale dei sacerdoti, nella patria del santo curato d’Ars, nei pressi di Lione. Presente in ogni dove, sulle maggiori testate giornalistiche e in Tv, sui più gettonati palcoscenici accademici ed ecclesiastici, ha scritto centinaia di libri e ha guidato corsi di spiritualità sincretica in molteplici comunità religiose. Egli è la punta di lancia della cattiva stampa eterodossa, in gran voga dal Concilio Vaticano II in poi.

La cattiva stampa, per i cattolici di un tempo, era quella di carattere anticristiano e antiecclesiastico ed era da combattere con forza e determinazione, come fecero due colonne della buona stampa: san Giovanni Bosco e san Massimiliano Kolbe, i quali fecero scuola, per più generazioni, a migliaia e migliaia di operatori in questo settore, raggiungendo milioni e milioni di lettori. Nel nostro tempo, dominato dalla cattiva stampa sedicente cattolica, firme come quella di un Enzo Bianchi o di un Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio, sono le più citate dai giornalisti come dagli intellettuali da salotto.

Fu papa Leone XIII, con l’enciclica Etsi Nos del 1882, ad aprire una vera e propria autostrada alla buona stampa cattolica per fronteggiare il crescente processo di laicizzazione dell’Italia e per rispondere efficacemente alla «pestifera colluvie di libri» e di «giornali sediziosi e funesti», facendo così «argine alla violenza di questo grande male che va ogni giorno più largamente serpeggiando; e per prima cosa conviene con tutta severità e rigore indurre il popolo a guardarsene il più possibile, e ad usare scrupolosamente il più prudente discernimento sulle cose da leggere». Si trattava, quindi, di avviare una grande battaglia culturale su vasta scala, al fine di «contrapporre scritto a scritto, affinché lo stesso mezzo che tanto può nel rovinare, sia rivolto alla salute e al beneficio dei mortali, e i rimedi vengano appunto da dove vengono preparati i micidiali veleni». Il Pontefice auspicava l’istituzione, almeno in ogni provincia, di adeguati organi di stampa, anche quotidiani.

Numerose furono le piccole e grandi imprese tipografiche che risposero all’impegno e alla richiesta della Chiesa, delle diocesi e dei diversi ordini religiosi a diffondere una cultura popolare finalizzata all’educazione e alla formazione di vasti strati della popolazione, che contrastasse la secolarizzazione, il liberalismo e il relativismo. Secondo il censimento compiuto da Luigi Bottaro, su commissione della IV Sezione dell’Opera dei congressi del 1887, erano già più di cento gli stabilimenti tipografici impegnati nella diffusione della «buona stampa»: 65 concentrati nel Nord e 18 presenti al Sud, di cui 16 Napoli e 2 a Catania. Crebbe con ritmo impressionante il numero di tipografi ed editori intenti a stampare materiale liturgico e devozionale, ed opere destinate al clero e ai fedeli in un numero elevato di copie. I Salesiani, in questo campo, furono formidabili, producendo un’editoria educativa e popolare che si rafforzò sempre più in Italia come all’estero, e sulla via della buona stampa raggiungeranno enormi tirature, in particolare, gli editori Marietti e Paoline.

Tutto ciò faceva invidia ai nemici della Chiesa, infatti scriveva Antonio Gramsci nel 1916, a proposito della produzione esposta nelle vetrine delle librerie religiose: «vedo volumi su volumi, di ogni specie, su tutti gli argomenti, e su molte copertine impressa la dicitura: 20a, 30a e persino 50a edizione, e mi domando come mai libri che riescono a raggiungere tirature così elevate siano ignoti o quasi nel mondo della cultura, e nessuno ne parli, e sfuggano così completamente al controllo della critica scientifica e letteraria. Non posso credere che le tirature denunciate siano un bluff editoriale, e perciò sento ammirazione ed invidia per i preti che riescono ad ottenere effetti così palpabili nella loro propaganda culturale. È incredibile la quantità di opuscoli, riviste, foglietti, corrieri parrocchiali che circolano dappertutto, che cercano infiltrarsi anche nelle famiglie più refrattarie, e che si occupano di tante altre cose oltre la religione».

A Gramsci, adesso, non farebbe alcun problema la religione-non religione di Enzo Bianchi, che non sfugge di certo al mondo della cultura imperante perché questo monaco non ha mai chiesto alle anime di convertirsi a Cristo, bensì al mondano buonismo a buon prezzo ; perciò non desterebbero alcuna invidia le stampe e le ristampe dei suoi libri, come non sono da mettere in discussione i suoi insegnamenti laici e interreligiosi neppure per papa Francesco, il quale, però, mandando via dalla sua comunità il fondatore, ha evidenziato, ancora una volta, quanti dissapori di potere alberghino nella Chiesa, dimentica del trascendente e concentrata sulle politiche di questo mondo, basate più sui vizi che sulle virtù.