Getsemani. Riflessioni sul Movimento Teologico Contemporaneo - prima parte

Il testo del cardinale Giuseppe Siri ci aiuterà a comprendere e a farci un'idea chiara, globale, ma al tempo stesso precisa e con sfumature, di quello che si può chiamare «il movimento teologico contemporaneo» ossia quella, chiamiamola così, corrente di pensiero dominante che si respira ovunque nella "chiesa conciliare" e che si rifa a Karl Rahner. 
Dell'opera del card.Siri, a tratti forse un po' complessa per chi non mastica abitualmente di teologia, riporterò degli estratti (con mie sottolineature) per rendere più agevole e comprensibile l'approfondimento, senza ovviamente perdere l'essenza dei concetti e la profondità della spiegazione del Cardinale. 

Criteri fondamentali 

[...] Tutto il problema dell'oggettività pura consiste nel cogliere i riferimenti fondamentali dati dalla Rivelazione e dalla logica sacra. Se non c'è un riferimento fondamentale percettibile e definibile, apportato nell'intelligenza e nella esperienza umana dalla Rivelazione, se non c'è una logica, che esprima nell'uomo l'ordine eterno della Creazione, che sia dunque sacra, ogni problema di oggettività è annullato, ed ogni tentativo di conoscenza è vano. [...] E quando la volontà è libera da ogni influenza che non sia l'amore incondizionato della verità, la logica sacra è vivente e dominatrice nell'intelletto.
Per pensare e parlare in modo giusto e adeguato su ciò che è la teologia, bisogna ritornare a nozioni primarie, a concetti semplici e puri, a principi fondamentali.Questi principi sono conosciuti da tutti, ma è necessario ritornarvi, ed anche spesso, nella nostra vita di pellegrini, nella nostra missione apostolica quotidiana, perché in fondo a tutta questa problematica ansiosa e disordinata, c'è l'oblio, momentaneo o in modo permanente, di quella che è l'origine, l'essenza e la finalità ultima della teologia. 
In generale si dice che la teologia è la scienza di Dio fondata sulla Rivelazione. È una definizione esatta per un'intelligenza esatta della Rivelazione, perché i suoi principi le vengono immediatamente da Dio. Si dice anche che la teologia è la scienza della fede. In quanto la fede è la Rivelazione ricevuta, la definizione è esatta, perché il contenuto e l'essenza della fede è la Rivelazione. La teologia è dunque la scienza della Rivelazione ricevuta, e non abbiamo altra Rivelazione se non quella ricevuta. [...]

Così la teologia, per mezzo dell'affermazione controllata e attestata dall'Alto, tende in ogni tempo a costituire un insieme stabile e organizzato di conoscenza, sempre alla luce delle fonti, cioè di Dio. [...] Questo circolo perenne dalla Rivelazione all'intelligenza della cosa rivelata, dall'affermazione alla dimostrazione e alla deduzione che conduce all'intelligenza della cosa rivelata, questo movimento meraviglioso sorto dalla Bontà infinita di Dio, è stato spesso mal capito, mal espresso e quindi deformato. Invece di vedere in questa manifestazione della Logica eterna, una manifestazione della Carità infinita di Dio e la partecipazione dell'uomo a questa Carità che lo eleva ad una sempre più sublime intelligenza di Dio e della Creazione, spesso vi si è voluto vedere una specie di naturalizzazione inaridente del mistero che conduce l'uomo alla conoscenza della verità eterna e all'unione con Dio.
Con tranquillità di coscienza si può affermare che se la teologia sfugge al controllo delle fonti e dei principi fondamentali [...], non sarà più continuamente illuminata dalla Rivelazione: essa dunque non avrà più come oggetto l'essenza della Rivelazione, Dio. Di conseguenza, questa attività teologica non potrà più costituire un insieme stabile e organizzato di conoscenza alla luce delle fonti. 
Potrà sempre parlare di Dio e delle cose di Dio. Potrà avere qua e là qualche momento di elevazione ed anche qualche luce di fronte a problemi difficili, ma tutto ciò sarà sporadico, senza ordine, ed i riferimenti non saranno sempre quelli immutabili della Rivelazione; non ci sarà la pace della verità e di conseguenza la libertà che soltanto la verità eterna può dare.
In ultima analisi, se la teologia non è sotto il continuo controllo delle fonti cioè se non è costantemente nella luce della Rivelazione, che apre verso l'infinito, nella carità, la via della conoscenza, ed annulla sempre ogni rigidezza artificiale dovuta alla natura ed all'esperienza puramente umana, essa non può essere veramente e santamente istituzionale.[...]

L'uomo ha una struttura intellettuale che è connaturale all'intelligenza, cioè ha una conformazione intellettuale che, possiamo dire, per sua natura è «logica». La logica ordina, classifica e misura. La logica coglie la causa, coglie l'effetto e coglie il rapporto tra causa ed effetto. La logica stabilisce l'ordine di origine, l'ordine di valore e l'ordine di successione degli esseri e dei fatti. Così la logica è una azione pura dell'ordine dell'intelligenza, che riflette nell'uomo l'ordine eterno della creazione. La logica dell'uomo, datagli da Dio sin dalla creazione, permette nella vita di carità di ritrovare l'ordine della logica eterna che manifesta la verità e la carità di Dio.
Ora, secondo questa stessa logica concepiamo che Dio rivelando «ha calato» cose divine nelle forme umane del pensiero umano. In questo senso, è conveniente dire che Dio ha assunto il pensiero umano. Il che vuol dire che le forme nelle quali si produce e si manifesta il pensiero umano sono ordinate al reale oggettivo; sono forme assunte da Dio. Se Dio ha parlato agli uomini, il pensiero dell'uomo deve corrispondere al reale. È per questo che la logica e il pensiero dell'uomo sono connaturali all'intelligenza che nella carità realizza la vera conoscenza di Dio.
E a questo punto la dottrina dell'analogia appare con tutta la sua indefinibile e insieme incontestabile realtà meravigliosa; appare come una via misteriosa di comunicazione nell'intelletto, tra il mondo creato e l'eterna realtà divina. [...]

Non si possono però chiudere gli occhi davanti ad un fenomeno di un'importanza capitale per la vita dei cristiani e di conseguenza per tutti gli uomini. Le parole, le più ricche di senso, le parole consacrate da Dio, dalla vita e dalla parola degli Apostoli, dalla vita e dalla parola dei Santi, hanno, più o meno, cessato di essere per molte persone punti di riferimento in sé, sicuri e garanti della pace nel pensiero e nella coscienza; le parole hanno cessato di essere punti di riferimento viventi, con tutta l'unzione del mistero che comportano ed esprimono.
Le parole continuamente ripetute che esprimono verità stabili, fondamentali e controllate, una volta per sempre dalla Rivelazione nella fede, sono ascoltate e trattate da alcuni con diffidenza o indifferenza come se si trattasse di nozioni superate e a volte anche con disprezzo e con un desiderio accanito di andar oltre non solo ai vocaboli, ma alla stessa parola, cioè alle nozioni e ai sensi che essa «incarna». [...] Oggi assistiamo allo sforzo sfrenato di trattare gli argomenti più sublimi della Rivelazione e della Salvezza, con vocaboli forzati, talvolta con linguaggi di un'astrazione artificiale, che in fondo li allontanano dalla parola derivata dal Verbo eterno e dalla vita della Chiesa.
Malgrado, però, tutte le contestazioni e tutte le prestidigitazioni del linguaggio, è sempre certo nel cuore della Chiesa: primo, che quello che si può chiamare criterio teologico è fondato sulle fonti, radicato nelle fonti, e sorto dalle fonti della Rivelazione; secondo, che abbiamo due canali, chiamati anche fonti: la Scrittura e la Tradizione, attraverso i quali la Sorgente unica di ogni verità e di ogni vita si è rivelata e la sua rivelazione giunge fino a noi.
All'inizio del Concilio Vaticano II, si verificò un fatto dolorosissimo: si tentò di negare una delle fonti della Rivelazione [la Tradizione,ndr], dicendo che la Sorgente era unica. Appunto perché la Sorgente della Rivelazione è unica, se uno dei canali viene ignorato, la comunione con la sorgente unica è alterata o ostruita, o ignorata; se una delle fonti è chiusa, significa che la via dell'unica sorgente è ostruita. [...] La sacra Tradizione e la sacra Scrittura sono dunque strettamente tra loro congiunte e comunicanti. Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la sacra Scrittura è parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito divino; la parola di Dio affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli Apostoli, viene trasmessa integralmente dalla sacra Tradizione ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano; accade così che la Chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e rispetto. [...] 

Molti leggendo queste righe potrebbero restare perplessi davanti alla fallibilità degli uomini, davanti a tante inadeguatezze ed errori, davanti alle persone che hanno ed hanno avuto fra loro, in tutta la storia della Chiesa, una grande diversità di opinioni sui problemi fondamentali, e che, malgrado questo, per funzione e per legame sacrale con il Cristo, costituiscono il Magistero della Chiesa.
In un tempo in cui tutte le nozioni, tutti i concetti sono stati rimessi in questione, contestati, rivisti, riesaminati, era inevitabile che la nozione ed il principio del Magistero fossero colpiti e gravemente alterati nella coscienza di molti. [...]. Se si vuole, però, penetrare nella più profonda oggettività della realtà e della storia della Chiesa, non bisogna mai dimenticare una verità: Cristo non ha affidato la trasmissione del sacro deposito alla relatività e all'instabilità dell'uomo storico.
Appunto per liberarlo da questa instabilità e relatività, Egli si è incarnato, ha subito la Passione e fondato la Chiesa per la Redenzione. Gesù Cristo ha affidato la trasmissione del sacro deposito alla sua presenza perenne nell'«opera della trasmissione», cioè nella sua Chiesa in quanto docente. E per questo, attraverso tutte le vicissitudini e fluttuazioni personali o dell'intero corpo della Chiesa, e malgrado ogni confusione di idee e di concetti, per lunghi periodi, il sacro deposito è stato sempre trasmesso nella sua immutabile verità, e lo sarà fino alla fine dei tempi. Non sono le scosse, più o meno violente e profonde, nel corpo dei successori degli Apostoli che potranno prevalere su questa garanzia di verità, che Cristo ha dato alla Chiesa. [...]

Il problema delle due fonti non è una questione di discussione accademica. Rifiutare il carattere di fonte perenne alla Tradizione comporta una profonda alterazione nel modo di riferirsi alle verità essenziali, cosa che attenta più o meno direttamente al contenuto essenziale della Rivelazione, e di conseguenza al contenuto della trasmissione, per mezzo della vita e della pietà, della Rivelazione stessa di Dio su Lui stesso e sulla Salvezza.