Se il nostro amore per la verità ci rende liberi da ogni pregiudizio e ci pone in armonia con i principi e gli insegnamenti fondamentali derivati dalle fonti della Rivelazione, possiamo discernere alcune caratteristiche generiche del movimento teologico del nostro tempo.
[...] Appaiono, subito, nel movimento due correnti principali: da una parte, un'attività multipla che tende a conservare, più o meno fedelmente, la dottrina professata dalla Chiesa; dall'altra, un'attività molto perseverante che tende a superare ogni limite ed ogni ostacolo stabilito fino allora dall'insegnamento e dal culto della Chiesa. Da una parte la resistenza più o meno energica, più o meno intelligente, ed anche più o meno giusta, alle nuove tendenze di trasformazione radicale dell'insegnamento e della vita spirituale nella Chiesa; dall'altra, uno sforzo di affrancamento da ogni esigenza di ordine soprannaturale riguardo alla percezione della verità e alla salvezza.
È necessario, per approfondire le cose e gli avvenimenti, di non dimenticare mai che ciò che è, deriva da ciò che era.
[...] Infatti solo e sempre alla luce dei principi fondamentali della Rivelazione, si possono cogliere i motivi reali e le cause profonde che legano il passato alle nuove manifestazioni. Senza questo, e al di fuori di questa luce, non si potranno mai discernere le vere cause dalle apparenze.
Va qui confessato con molta semplicità e chiarezza che una parte, grande o piccola, delle opere presentate come teologiche, è sprovvista di vero criterio teologico, e quindi i giudizi, i pareri, i postulati sono senza conseguenza, senza reale legame logico, dunque senza verità.
In ogni caso, in seno alla corrente che tende all'affrancamento totale, appaiono simultaneamente: una ripresa pura e semplice del razionalismo protestante del secolo scorso, ed una rottura con ogni barriera di ordine teologico ed anche filosofico. E questa rottura, questa volontà di affrancamento totale si verifica sia tra i teologi protestanti sia in seno alla Chiesa Cattolica.
Quali possono essere le cause di questa singolare tendenza del movimento teologico?
Se è difficile reperire le cause nella loro multipla origine e natura, è tuttavia possibile reperire i caratteri particolari di ogni tendenza.
Ora, prima di ogni altra manifestazione, si delinea una mentalità che esprime un ritorno all'eresia pelagiana. Circa quindici secoli fa, Pelagio con il suo discepolo Celestius, ha messo alla prova la Chiesa. All'inizio il Papa Innocenzo I, detto «Il Grande», non si era accorto del pericolo. I vescovi orientali si avvidero della pericolosa eresia, e riunendosi in Concilio, la condannarono; e solo allora Roma se ne rese conto, e Pelagio fu di nuovo condannato. Seguirono poi le differenti prese di posizione, soprattutto nei due Concili provinciali di Cartagine - che da un certo punto di vista hanno valore di Concili generali; a seguito di essi ci fu la condanna promossa dal Concilio d'Orange.
Dopo quindici secoli, durante i quali qua e là, l'uno o l'altro errore di Pelagio si manifestava esplicitamente o implicitamente nella vita dottrinale della Chiesa, assistiamo ad una apparizione, sottile ed evidente insieme, della dottrina, secondo cui non esiste peccato originale, secondo cui l'uomo può vivere senza peccato con le proprie forze e senza l'aiuto della grazia. È noto che Pelagio e i Pelagiani hanno voluto far dipendere ad ogni costo la salvezza dell'uomo da lui stesso, e per le stesse ragioni hanno considerato la grazia - questa grazia costretti a riconoscere - come dipendente dai meriti dell'uomo. Si sa fino a qual punto la difesa e il culto di una falsa concezione della libertà umana hanno condotto Pelagio e i suoi seguaci ad un errore capitale, ad un oscurantismo e ad una deformazione degli scritti dei Padri.
Accanto a questa eresia di esaltazione dell'uomo, appare anche l'errore ancora più vecchio, secondo cui il Figlio di Dio era una creatura, errore che colpiva profondamente la concezione della Santissima Trinità e la realtà del Redentore. Ario ha avuto una grande influenza, ma la verità è stata sempre preservata e l'errore messo a nudo; così la Chiesa proclama durante la Santa Messa, nel Credo, l'eterna verità del Figlio di Dio.
Un terzo carattere della tendenza che come ultima conseguenza, conduce all'affrancamento totale di cui abbiamo parlato, è quell'insieme di pensiero costituente il modernismo, che San Pio X ha condannato fermamente e voluto estirpare dalla vita della Chiesa. Ma questo non fu pienamente realizzato, perché le tendenze moderniste sono sopravvissute più o meno apertamente, e in uno stato latente. Il modernismo, ora come all'inizio del secolo, con parole e sfumature nuove, all'inizio implicitamente ed esplicitamente dopo, offende il principio della Rivelazione, che è sostituito dalle elaborazioni del «senso religioso» nel subco-sciente.
Oggi, forse più che all'origine, il modernismo spinge verso un agnosticismo quasi «trascendentale» e verso un «evoluzionismo dogmatico» in modo da distruggere ogni nozione di oggettività nella Rivelazione e nella conoscenza acquisita. [...]
Questi tre orientamenti caratteristici, ariano, pelagiano e modernista, si trovano combinati più o meno coscientemente, con più o meno sottigliezza ed anche a volte astuzia, in un amalgama speculativo senza contorno preciso e senza riferimenti fondamentali, che serve di base per una precipitazione verso l'umanizzazione integrale di tutta la religione. Questo amalgama costituisce una specie «d'iniziazione» nuova di origine protestante, che si fa sentire in tutti i campi e in tutti gli ambienti.
Molto significativa, per esempio, è la reazione del teologo protestante Oscar Cullmann, osservatore luterano al Concilio Vaticano II: «Se mi è permesso, come protestante, di fare questa costatazione, direi che da allora (il Concilio Vaticano II) certi ambienti cattolici, ben lungi dal lasciarsi ispirare dalla necessità di osservare i limiti dell'adattamento che non vanno superati, non si accontentano di cambiare le forme esteriori, ma prendono le stesse norme del pensiero e dell'azione cristiana, non dal Vangelo, ma dal mondo moderno. Più o meno inconsciamente, seguono così i protestanti, non in ciò che hanno di migliore, la fede dei Riformatori, ma nel cattivo esempio che loro offre un certo protestantesimo, detto moderno. Il grande colpevole non è il mondo secolarizzato, ma il falso comportamento dei cristiani riguardo a questo mondo, l'eliminazione dello «scandalo» della fede. Si ha «vergogna del Vangelo». (Rom. I, 16)». (34)