Il segreto dell'affresco della cattedrale di Orvieto

“Dove stai andando? Napoli è dall'altra parte”.
“Padre Matteo mi ha suggerito di fare visita alla cattedrale di Orvieto”.
“Per quale motivo? C'è una dozzina di cattedrali sulla strada verso il sud, la maggior parte tanto imponenti quanto questa”.
“Hai mai visitato l'interno?”.
“No, ci sono solo passato davanti una volta o due. Ti ha spiegato perché devi venire qui?”.
“Vuole che veda qualcosa. Ma non ho avuto tempo di scoprire che cosa”.
Arrivammo ad Orvieto a metà mattinata. Spruzzate di pioggia avevano cominciato a segnare il selciato all'esterno della cattedrale. L'aria era più fresca rispetto al giorno prima, ma l'umidità era elevata, e si sentivano rombare i tuoni sopra la colte grigia del cielo.
Ci volle un momento perché i nostri occhi si adattassero all'oscurità dell'interno. Profumava d'incenso e di cera d'api. L'abside riecheggiava debolmente di sussurri appena percettibili. Alcune donne anziane stavano pregando facendo le stazioni della Via Crucis.
Io e Billy ci inginocchiammo in direzione del tabernacolo e poi ci alzammo guardandoci intorno. L'interno era bello, ma non particolarmente diverso da quallo delle numerose altre cattedrali che punteggiano l'Italia.
“Bene, dov'è il segreto?”.
“È qui. Qualsiasi cosa sia, padre Matteo pensava che fosse importante per noi fare una deviazione per scoprirlo”.
Entrammo in una cappella laterale. Sulle pareti erano stati dipinti in colori vivaci quattro affreschi monumentali, che rappresentavano la fine del mondo, nello stile grandioso ed epico che doveva essere stato innovativo all'epoca della loro esecuzione.
“Tra il 1499 e il 1500”, disse Billy leggendo una targa di bronzo. “Questi affreschi sono di Luca Signorelli”.
“Chi era?”.
“Un discepolo del pittore Piero della Francesca. Michelangelo ammirava la sua opera”.
“Ha dipinto un'apocalisse”.
“E una allegramente sgradevole! Questo affresco qui rappresenta i dannati gettati all'inferno. Puah! Odio le folle. Quella massa non va certo a un incontro di calcio. Non baratterei la mia testa per l'immaginazione di quest'uomo, nemmeno per un milione di sterline. È orribile!”.
“Sì. Penso che sia quello che voleva trasmetterci. L'orrore della dannazione”. […]


Io andai verso un altro affresco. I miei occhi furono catturati dalla figura centrale dell'immagine, una figura di Cristo. “Che strano”, pensai, “vedere una rappresentazione del Signore con la figura di Satana che gli sussurra all'orecchio. È la mano di Cristo o quella del diavolo che emerge dalle pieghe dell'abito?”.
Non era una rappresentazione pittorica letterale di una scena scritturistica, conclusi; forse poteva essere una libera esecuzione della tentazione nel deserto. Ma c'era qualcosa fuori posto nel modo in cui Cristo si piegava all'abbraccio di Satana e lo ascoltava con attenzione.
Lo fissai a lungo. All'improvviso, il significato dell'affresco mi divenne chiaro, come una scena vista attraverso lenti che occorre ruotare per mettere a fuoco. Le forme sfuocate della realtà convergevano in un panorama netto, penetrante, di disastro morale.
La figura trattenuta dall'abbraccio del diavolo non era Cristo, ma l'Anticristo.
Capii perché padre Matteo aveva voluto che lo vedessi. Voleva che scoprissi da solo il segreto dell'affresco e voleva anche che, in questo processo, osservassi i meccanismi della percezione.
“Cosa stai fissando?”, disse Billy.
“L'Anticristo”.
“Ma non è l'Anticristo. È il Signore”.
“Guarda bene. Prega mentre guardi”.
Billy obbedi e pochi attimi dopo sussultò.
“Riesco a capire quello che intendi”.
“Il dipinto sembra agire a diversi livelli” dissi. “In superficie, narra un racconto drammatico. A un altro livello, è una lettura morale del peccato e del tradimento. A un altro livello ancora, l'artista sta raggiungendo gli organi più profondi della percezione nell'anima. L'artista vuole che ascoltiamo un grido senza suono, un allarme, un avvertimento”. […]

“L'Anticristo assomiglia alla nostra immagine tradizionale di Cristo. Che cosa succederebbe se imitasse anche Cristo nelle sue azioni pubbliche?”.
“Va bene, è possibile”, rispose Billy. “Ma non riesco a immaginarmi un uomo così malvagio capace di ingannare il mondo a lungo”.
“E se il mondo volesse essere ingannato?”.
“Avresti ancora centinaia di milioni di credenti che vegliano. Lo noterebbero”.
“Lo credi davvero? Al momento siamo nel mezzo di una massiccia apostasia. Nella storia della Chiesa non c'è mai stata una mancanza di fede così diffusa. Fra pochi anni ci sarà ancora fede sula terra?”.
“Sei piuttosto pessimista oggi, padre Elia”.
“La Scrittura dice che finché i giorni non si saranno accorciati, anche gli eletti saranno ingannati”.
“Bene, suppongo che l'occhio possa essere ingannato, ma che mi dici della mente? Ogni cristiano con un minimo di sale in zucca ti potrebbe dire se il tuo ipotetico Anticristo sta predicando una dottrina falsa. No?”.
Ma se per una generazione o due prima della sua comparsa la formazione dei cattolici fosse sprofondata nel caos? E se si formasse una generazione di persone incolte dal punto di vista religioso, incapaci di distinguere fra la verità religiosa e il sentimento religioso?”.
“Ok, potrebbe succedere. E capisco il tuo punto di vista così netto. Tu pensi che siamo noi quella generazione”.
“Sì. Ma c'è un altro messaggio importante in questo capolavoro”.
“Aspetta un attimo! L'anima possiede delle facoltà. Riesce a riconoscere cose che l'occhio e la mente non possono vedere, non pensi? Voglio dire, se anche l'Anticristo all'apparenza fosse capace di ingannare i nostri occhi, e riuscisse pure a farlo con le nostre menti attraverso menzogne plausibili, non ci sarebbe qualcosa nel nostro intimo che sarebbe a disagio? Un debole campanello d'allarme che suona e suona, fino a quando non rispondiamo?”.
“Sono d'accordo. Ma tu sai bene come me che questo sistema d'allarme può essere disattivato. Il peccato lo può coprire strato su strato, fino a quando alla fine non sentiamo niente. Ci dimentichiamo che sia mai esistito”.

(IL NEMICO cap. 6, pag.102 – Michael D. O'Brien)