Scoppia la guerra in qualche parte del mondo e il clero, alto o basso che sia, esprime solidarietà con le vittime e le popolazioni colpite. C'è un'alluvione o un terremoto, ed esprime vicinanza nella preghiera, aggiungendo un'invettiva contro le autorità civili che non hanno saputo prevenire il disastro o sono state insufficienti nei soccorsi. Siamo in crisi economica e questo clero insegna agli economisti cosa bisogna fare per affrontarla, propinando allo stato o agli industriali la propria ricetta ricordando i diritti dei lavoratori.
Ci siamo ormai abituati a questi immancabili e scontati bollettini ecclesiastici sulla situazione, partoriti nelle altrettanto immancabili riunioni delle conferenze ecclesiastiche.
Ma tutto questo è compito davvero del sacerdozio cattolico? E se lo è in qualche misura, è tutto qui il suo compito?
Dopo aver tanto parlato di Chiesa profetica, manca la profezia, quella vera, quella cattolica secondo Dio. Manca il richiamo del ritorno a Dio.
No, questo richiamo non lo sentirete più! Non sentirete più quelle parole che tornavano fedelmente in ogni tempo e stagione della vita cristiana e specialmente nei momenti difficili e di dolore: “Cari fratelli, questa sofferenza, questa calamità, questa crisi ci richiamano a tornare a Dio, perché non ci capiti qualcosa di peggio!”.
Mai dai pulpiti di oggi si è alzata una voce chiara. Mai si è ricordato che nel dolore Dio ci parla, non soltanto della sua tenerezza, ma anche della nostra conversione. “Fratelli, è perché abbiamo abbandonato il Signore che tutto questo ci viene addosso; facciamo penitenza e torniamo all'osservanza dei comandamenti.”
Qualcuno dirà che qui si fa terrorismo spirituale; che anche il giusto soffre, che la Croce non è sempre conseguenza del peccato personale. È vero.
Sì è vero, ma il giusto chiamato alla Croce pesante, lo è in riparazione del peccato di tutto il popolo, e quindi non toglie nulla, anzi conferma la verità che le calamità hanno un legame col peccato.
Un testo del grande domenicano P. Calmel (1914-1975) è molto eloquente al riguardo. Scritto nel 1968 (“le pretre et la révolution, 1914-1968”, Itineraire n. 127, novembre 1968, p. 37), denuncia la variazione operata dal clero mondano nello sguardo cristiano sulla storia umana. Un clero mondano che già nella prima metà del '900 passava ad un falso profetismo, ad una falsa lettura della realtà:
“Il clero mondano fece soprattutto delle variazioni sulla pace perpetua, il disarmo e la promozione sociale”, vantava i soldati morti al fronte (si era alla fine della I guerra mondiale) per “l'emancipazione umana secondo la dichiarazione dei diritti dell'uomo” - Invece di parlare di Dio al mondo sofferente per la guerra, lavorava come i socialisti perché i morti della grande guerra fossero utili alla promozione umana; al posto della salvezza eterna questo clero si preoccupava dei diritti dell'uomo!
Ma riprendiamo P. Calmel: “...i preti con il gusto del mondo sono arrivati progressivamente a voler fondere il messianismo soprannaturale del Regno che non è di questo mondo con il messianismo rivoluzionario della massoneria o del comunismo. Questi preti sono entrati nel gioco di Cesare che, dopo la rivoluzione del 1789, aspira più che mai a sostituirsi a Dio, eliminando il peccato originale e le sue conseguenze...”.
Ci siamo ormai abituati a questi immancabili e scontati bollettini ecclesiastici sulla situazione, partoriti nelle altrettanto immancabili riunioni delle conferenze ecclesiastiche.
Ma tutto questo è compito davvero del sacerdozio cattolico? E se lo è in qualche misura, è tutto qui il suo compito?
Dopo aver tanto parlato di Chiesa profetica, manca la profezia, quella vera, quella cattolica secondo Dio. Manca il richiamo del ritorno a Dio.
No, questo richiamo non lo sentirete più! Non sentirete più quelle parole che tornavano fedelmente in ogni tempo e stagione della vita cristiana e specialmente nei momenti difficili e di dolore: “Cari fratelli, questa sofferenza, questa calamità, questa crisi ci richiamano a tornare a Dio, perché non ci capiti qualcosa di peggio!”.
Mai dai pulpiti di oggi si è alzata una voce chiara. Mai si è ricordato che nel dolore Dio ci parla, non soltanto della sua tenerezza, ma anche della nostra conversione. “Fratelli, è perché abbiamo abbandonato il Signore che tutto questo ci viene addosso; facciamo penitenza e torniamo all'osservanza dei comandamenti.”
Qualcuno dirà che qui si fa terrorismo spirituale; che anche il giusto soffre, che la Croce non è sempre conseguenza del peccato personale. È vero.
Sì è vero, ma il giusto chiamato alla Croce pesante, lo è in riparazione del peccato di tutto il popolo, e quindi non toglie nulla, anzi conferma la verità che le calamità hanno un legame col peccato.
Un testo del grande domenicano P. Calmel (1914-1975) è molto eloquente al riguardo. Scritto nel 1968 (“le pretre et la révolution, 1914-1968”, Itineraire n. 127, novembre 1968, p. 37), denuncia la variazione operata dal clero mondano nello sguardo cristiano sulla storia umana. Un clero mondano che già nella prima metà del '900 passava ad un falso profetismo, ad una falsa lettura della realtà:
“Il clero mondano fece soprattutto delle variazioni sulla pace perpetua, il disarmo e la promozione sociale”, vantava i soldati morti al fronte (si era alla fine della I guerra mondiale) per “l'emancipazione umana secondo la dichiarazione dei diritti dell'uomo” - Invece di parlare di Dio al mondo sofferente per la guerra, lavorava come i socialisti perché i morti della grande guerra fossero utili alla promozione umana; al posto della salvezza eterna questo clero si preoccupava dei diritti dell'uomo!
Ma riprendiamo P. Calmel: “...i preti con il gusto del mondo sono arrivati progressivamente a voler fondere il messianismo soprannaturale del Regno che non è di questo mondo con il messianismo rivoluzionario della massoneria o del comunismo. Questi preti sono entrati nel gioco di Cesare che, dopo la rivoluzione del 1789, aspira più che mai a sostituirsi a Dio, eliminando il peccato originale e le sue conseguenze...”.
Terribile! È la scomparsa della vita soprannaturale, del Regno che non è di questo mondo, della vita eterna. Questi preti con il gusto del mondo sono diventati i sacerdoti del Naturalismo, della religione che non parla più del peccato e della grazia. Sono preoccupati dei diritti dell'uomo, ma non che gli uomini si salvino dall'Inferno e possano giungere, dopo una vita cristianamente vissuta, in Paradiso. È scomparso il Regno di Dio per fare spazio al regno dell'O.N.U.
Sempre Calmel: “I preti con il gusto della rivoluzione insegnano con crescente insistenza da più di vent'anni che la pace di Cristo si confonde con la politica secondo l'O.N.U., e si riassume in essa”. “Il prete con il gusto del mondo, il prete “mondano” (…) si è trasformato fino a divenire l'uomo del messianismo terreno (…), si fa complice del Cesare moderno.”
Qualcuno dirà che oggi nella Chiesa si è meno propensi al sociale e alle tentazioni della lettura marxista della storia; che questo pericolo fu quello dei preti degli anni '70, tentati dal dialogo coi marxisti. Sì, in un certo senso è vero, il comunismo è crollato, ci si è “imborghesiti” un po' tutti. Ma alla rivoluzione anni '70, quella della solidarietà con gli operai, si è sostituita la rivoluzione borghese, quella della solidarietà con le lotte per i diritti individuali: i diritti alle coppie di fatto, dell'omosessualità, dei divorziati risposati che vogliono la comunione; della libera contraccezione, della libera adozione... e chi più ne ha più ne metta. Si tratta sempre qui della medesima Rivoluzione dettata dal laicismo massonico, che sia di destra o di sinistra poco importa, ...sempre sotto la bandiera dei diritti dell'uomo. Del problema di Dio e della salvezza eterna nemmeno l'ombra!
“Più di un milione e mezzo di giovani cristiani di Francia doneranno la loro vita dal 1914 al 1918, e i preti secondo il mondo, testimoni ebeti di questa ecatombe senza precedenti, non avranno la capacità di cogliere il significato, di comprendere che, se non facciamo ritorno a Dio, delle ondate ancora peggiori ci attendono...”
“Se non facciamo ritorno a Dio” ...non lo diranno mai questi preti mondani, non lo diranno mai perché hanno sposato le vecchie rivoluzioni socialiste o le nuove rivoluzioni borghesi e liberali.
E quanti preti, discepoli di questi “testimoni ebeti” hanno fatto carriera, fino a giungere ai gradi alti della gerarchia. Tutti questi li senti parlare: di fronte ai dolori, alle calamità, alle guerre, agli omicidi ...non ricordano mai che occorre tornare a Dio. Esprimono solidarietà, noiosamente e vuotamente ...e il mondo fa finta di ascoltare questi appelli che rispondono al solito copione già scritto.
L'unico stupore sarebbe possibile per la Verità, l'unica Verità.
Se un prete, anche del più umile borgo del mondo, si alzasse a dire “Fratelli, se non torniamo a Dio, ci capiterà di peggio”, allora il mondo potrebbe fare davvero silenzio e pensare.
Qualcuno dirà che oggi nella Chiesa si è meno propensi al sociale e alle tentazioni della lettura marxista della storia; che questo pericolo fu quello dei preti degli anni '70, tentati dal dialogo coi marxisti. Sì, in un certo senso è vero, il comunismo è crollato, ci si è “imborghesiti” un po' tutti. Ma alla rivoluzione anni '70, quella della solidarietà con gli operai, si è sostituita la rivoluzione borghese, quella della solidarietà con le lotte per i diritti individuali: i diritti alle coppie di fatto, dell'omosessualità, dei divorziati risposati che vogliono la comunione; della libera contraccezione, della libera adozione... e chi più ne ha più ne metta. Si tratta sempre qui della medesima Rivoluzione dettata dal laicismo massonico, che sia di destra o di sinistra poco importa, ...sempre sotto la bandiera dei diritti dell'uomo. Del problema di Dio e della salvezza eterna nemmeno l'ombra!
“Più di un milione e mezzo di giovani cristiani di Francia doneranno la loro vita dal 1914 al 1918, e i preti secondo il mondo, testimoni ebeti di questa ecatombe senza precedenti, non avranno la capacità di cogliere il significato, di comprendere che, se non facciamo ritorno a Dio, delle ondate ancora peggiori ci attendono...”
“Se non facciamo ritorno a Dio” ...non lo diranno mai questi preti mondani, non lo diranno mai perché hanno sposato le vecchie rivoluzioni socialiste o le nuove rivoluzioni borghesi e liberali.
E quanti preti, discepoli di questi “testimoni ebeti” hanno fatto carriera, fino a giungere ai gradi alti della gerarchia. Tutti questi li senti parlare: di fronte ai dolori, alle calamità, alle guerre, agli omicidi ...non ricordano mai che occorre tornare a Dio. Esprimono solidarietà, noiosamente e vuotamente ...e il mondo fa finta di ascoltare questi appelli che rispondono al solito copione già scritto.
L'unico stupore sarebbe possibile per la Verità, l'unica Verità.
Se un prete, anche del più umile borgo del mondo, si alzasse a dire “Fratelli, se non torniamo a Dio, ci capiterà di peggio”, allora il mondo potrebbe fare davvero silenzio e pensare.
(radicatinellafede.blogspot.it)