La deriva della società e le sue conseguenze

Due rischi prevedibili e forse inevitabili. Un primo: passare per un profeta di sventura che annota soltanto gli aspetti negativi della situazione culturale e civile del paese in cui si vive, mentre il cliché usuale - quasi imposto - degli interventi anche ecclesiali è spesso quello delle ombre e luci, della decadenza con spunti di rinnovamento, del declino con annunci di alba di un mondo nuovo eccetera; quand´anche non si inforcano gli occhiali rosa per rimirare tutto puro e perfetto al punto che ci si domanda che cosa rimanga ancora da fare oltre il contemplare e il compiacersi. E si scambia la speranza con l´ottimismo che è emotività, umore, e non virtù cristiana come la speranza. Tanto vale dire le cose come si vedono e chiedere al Signore di delinearci le responsabilità a cui siamo chiamati, e di soccorrerci perché le attuiamo. Questo è il secondo rischio: di passare per illusi che pretendano si governi con i paternoster, per dirla con Machiavelli.

La tesi - se così ci si può esprimere - si annuncia con tutte le riserve del caso: il contesto culturale e civile italiano - e forse più vasto - di questo periodo sembra avviarsi a una mesta deriva; a noi è richiesto un impegno cristiano e umano che avrà frutti non facilmente prefigurabili, poiché in gioco entrano le scelte autonome che possono adeguarsi o scostarsi o contrariare la soave e robusta guida di Dio. E non varranno molto le ascendenze secolari di certezze dimenticate e di comportamenti traditi che abbiamo alle spalle: ben oltre la Liberazione e il Risorgimento, fino ai secoli della cristianità a cui si deve aggiungere la libertà religiosa risalendo ai tempi del monachesimo e del martirio.
 
La deriva:
1. Un primo aspetto che può essere notato è la caduta delle evidenze etiche. Si osservi: non si vuole soltanto rilevare il dissidio tra quanto si opera e quanto si pensa e si dice. Una tale incoerenza è costante nella vicenda umana. Salva almeno la salutare idea di peccato e la benedizione del rimorso. No. Ciò che caratterizza l´epoca contemporanea è la decisione di dichiarare lecito, di giustificare, di approvare, quasi di imporre e di esaltare il male non più considerato come male. Il secolo appena passato e quello che si annuncia sono forse tra i più celebrati per il progresso scientifico e tecnico raggiunto, e tra i più barbari: in camice bianco e guanti gialli. Milioni di torturati e di uccisi nei lager e nei gulag. Ma poi, innumerevoli vittime innocenti nel ventre delle madri; tendenza a sopprimere minorati fisici e psichici, anziani, ammalati terminali - e forse no -, a eliminare persone divenute improduttive; propensione a intervenire, a sperimentare, quasi a giocherellare con l´origine della vita, mentre si ha a che fare con soggetti umani. Si organizzano manifestazioni contro la pena di morte e il traffico delle armi - benissimo -, e si acclama l´aborto e la sperimentazione sugli embrioni o l´uso delle droghe come conquiste di civiltà. [...]
Alla radice di queste e di altre atrocità si pone la volontà di uccidere Dio per mettersi al suo posto, o di agire come se Dio non esistesse, o di procurarsi la povera felicità di atei che si comportano come se Dio esistesse. Quasi non si dà tra noi qualcosa che somigli a una religione civile. Il fatto cristiano, almeno come origine storica, lo si vorrebbe espunto dalla stessa carta fondativa di un´ampia prossima convivenza civile. [...] E ci si può attendere di tutto nella direzione della santità o in quella della perversione.

2. Un secondo sintomo della crisi culturale e civile che sta attraversando il nostro paese è quella che si potrebbe denominare come disaffezione alla socialità e quasi stanchezza della democrazia. È stato recentemente detto che l´Occidente sta vivendo un periodo di dopo la democrazia.
Deve pur avere un significato un fenomeno come l´astensionismo dal voto politico che si sta ampliando e rincrudendo a ogni elezione. Le ragioni possono essere disparatissime. Il crescere del numero di poveri i quali - rassegnati - non si affidano più alla rivoluzione né si illudono di influire sulle scelte e sulle decisioni che concernono la vita comunitaria. Il sovrastare di forze economiche e finanziarie che guidano occultamente ma imperiosamente la conduzione strategica del paese. Il distanziarsi della gente da strutture dove si determina il destino di popoli. Il guastarsi di un clima di rispetto e di libertà, per cui si sovrappongono e configgono poteri e ordini istituzionali che dovrebbero rimanere distinti e collaboranti, quali l´Esecutivo e il Parlamento, da una parte, e dall´altra, la Magistratura. [...] Il prevalere di un atteggiamento individualistico e possidente-consumistico tra la gente. E perché no: il protestare contro una classe politica - maggioranza o minoranza che sia - la quale si chiude a riccio su se stessa.
L´interrogatorio potrebbe continuare: condurrebbe alla constatazione per cui una democrazia esiste finché vi sono certezze filosofiche e valori morali condivisi all´origine e quali ragioni di metodo di conduzione della cosa pubblica. Diversamente, la democrazia diviene la tirannia del numero e - Dio non voglia - l´espressione di una potenza che soffoca la libertà. Si può giungere a tanto quasi insensibilmente. [...].

3. Un terzo fattore tra altri che può scalzare o contaminare la cultura e la civiltà del nostro paese è il flusso spesso incontrollato di extracomunitari, soprattutto di religione musulmana. Il problema dell´integrazione reciproca è immane e non eludibile. [...] I musulmani non costituiscono un´entità omogenea: non hanno un unico magistero, non hanno un sacerdozio, non hanno un´unica guida pastorale. Nel fenomeno religioso globale si creano varie scuole e strategie diversificate di presenza nella società. Spesso - purtroppo - si impongono i filoni religiosi e politici più intolleranti. [...]. Tale confronto e compenetrazione sarebbe forse anche per il cristianesimo impresa ardua e felice, se cultura e civiltà del nostro paese vivessero una stagione florida. Mentre alla base del nostro pensare e del nostro vivere sta una flebile ricerca della verità, una certezza morale vacillante e un costume diffuso spesso vicino all´istintualità. [...] Potrebbe essere arrivato il momento in cui la cultura e la civiltà del nostro paese vengano spazzate via in gran parte. [...]

(Mons. ALESSANDRO MAGGIOLINI 1931–2008, discorso alla città di Como 31/08/2002)