Il Sinodo dei Vescovi di ottobre discuterà sulla base di uno “strumento di lavoro” (Instrumentum laboris), che riassume le risposte al “questionario preparatorio” ricevute da conferenze episcopali, dicasteri e, più in generale, diocesi, parrocchie, movimenti, associazioni ecclesiali, consultati sul tema del matrimonio e della famiglia. Il documento, al di là del taglio sociologico che lo caratterizza, contiene alcuni passi inquietanti. Uno di questi è la svalutazione implicita e spesso esplicita della nozione di legge naturale.
Nell’Instrumentum laboris viene infatti detto che «per la stragrande maggioranza delle risposte e delle osservazioni, il concetto di ‘legge naturale’ risulta essere come tale, oggi nei diversi contesti culturali, assai problematico, se non addirittura incomprensibile» (n. 21). La soluzione proposta sarebbe quella di abbandonare il concetto e il termine di legge naturale o di “rileggerlo” con un linguaggio accessibile, facendo attenzione al mondo giovanile «da assumere come interlocutore diretto anche su questi temi» (n. 20). Sembra di capire dunque che, poiché il mondo cattolico non comprende più la nozione di legge naturale, tanto varrebbe accantonarla e sostituirla con qualcosa di più adatto alla mentalità corrente.
Questa posizione appare tanto più sorprendente in quanto tutti i recenti Pontefici hanno proclamato con vigore l’importanza della legge naturale.
Paolo VI, nell’enciclica Humanae Vitae del 25 luglio 1968, ha insegnato a proposito della dottrina morale del matrimonio che questa è «una dottrina fondata sulla legge naturale illuminata e arricchita dalla rivelazione divina» (Humanae vitae, n. 4). E’ alla legge naturale che Papa Montini si è richiamato, per ribadire che, secondo la Chiesa, «qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita» (Humanae vitae, n. 11).
Giovanni Paolo II, nella enciclica Evangelium Vitae del 25 marzo 1995, ha fondato sulla stessa legge il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine. In questo importante documento, egli afferma che «ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine» (n. 2). Nell’enciclica Veritatis Splendor del 6 agosto 1993, il Papa appena canonizzato, denuncia il rifiuto della legge naturale come frutto dell’«influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità». «Sulla base di tale legge – ha affermato il 6 febbraio 2004 – si può costruire una piattaforma di valori condivisi, intorno ai quali sviluppare un dialogo costruttivo con tutti gli uomini di buona volontà e, più in generale, con la società secolare».
Anche Benedetto XVI ha spesso ribadito l’importanza di questa dottrina, affermando come nell’attuale momento storico «appare in tutta la sua urgenza la necessità di riflettere sul tema della legge naturale e di ritrovare la sua verità comune a tutti gli uomini». «Ogni ordinamento giuridico – infatti – a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale, nel messaggio etico iscritto nello stesso essere umano. La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica» (Discorso alla Pontificia Università Lateranense del 12 febbraio 2007).
In un chiaro volumetto dedicato a La legge naturale nella dottrina della Chiesa (Consult Editrice Roma 2008), il cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha spiegato come il Magistero ordinario, nel primo grado del suo insegnamento infallibile, comprende, accanto al deposito della fede, ciò che gli è connesso, quindi anche la legge naturale. La legge naturale, di cui è custode la Chiesa, gode dunque dell’infallibilità. Neanche il Papa, che all’interno della Chiesa esercita un’autorità assoluta, può modificare e rendere relativa la legge divina e naturale, che egli ha il compito di trasmettere, di diffondere e di tutelare. Coloro che chiedono alla Chiesa di aggiornare la sua morale, parificando alla famiglia le coppie di fatto, chiedono alla Chiesa di esercitare un’autorità assoluta che essa non ha.
Accanto ai pronunciamenti dei Pontefici, sono da ricordare i numerosi interventi della Congregazione per la Dottrina della Fede e in particolare il documento Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali del 3 giugno 2003, dedicato a ribadire la verità del matrimonio. Tutto il problema è trattato a partire dal concetto di moralità naturale. In questo testo del Magistero si dice chiaramente che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale» (nn. 3-4).
La legge naturale non è una verità confessionale, ma in primis una verità appartenente alla retta ragione universale. Essa è infatti una legge oggettiva iscritta nella natura non di questo o quell’uomo, ma nella natura umana considerata in sé stessa, nella sua permanenza e nella sua stabilità. In questo senso, non è una legge imposta dall’esterno, ma, come già avvertiva Leone XIII nell’Enciclica Libertas del 20 giugno 1888, è indelebilmente iscritta, anzi «scolpita nell’anima di ogni uomo». La differenza tra la legge naturale e qualsiasi legge positiva è che le leggi positive sono elaborate dagli uomini e sono per così dire esterne, mentre la legge naturale appartiene alla stessa struttura spirituale dell’uomo.
La principale difficoltà nel comprendere la legge naturale sta nel fatto che oggi si è persa la nozione di natura. Il cardinale Ratzinger ha osservato come la legge naturale sia diventata «una parola per molti quasi incomprensibile a causa di un concetto di natura non più metafisico, ma solamente empirico» (Discorso del 12 febbraio 2007). La legge naturale non è infatti la legge fisico-biologica della natura umana, ma l’ordine morale e metafisico del creato, che l’uomo può scoprire con la sua ragione. Tutti i Padri e i Dottori della Chiesa hanno parlato di questa legge, definendola talvolta scintilla animae, la scintilla che illumina la coscienza. San Tommaso d’Aquino è colui che meglio ne ha approfondito e sintetizzato il concetto, definendola «la partecipazione della legge eterna nella creatura ragionevole» (Summa Theologiae, I-II, q. 91, a. 2).
Se si perde il concetto di legge naturale, si è costretti ad accettare la teoria del gender, basata sulla negazione del concetto di natura umana. L’uomo viene considerato come un’entità puramente materiale, modificabile a piacere, secondo le necessità e gli interessi del momento. Alla legge naturale, che discende da Dio, si sostituisce la legge positiva, imposta dai gruppi di pressione politici e mediatici. Invece di riflettere la legge naturale e divina, le leggi e il comportamento umano si adeguano all’opinione fluttuante delle mode anticristiane. E’ comprensibile che, su questo punto, nel prossimo Sinodo dei vescovi, la discussione si faccia incandescente.
Nell’Instrumentum laboris viene infatti detto che «per la stragrande maggioranza delle risposte e delle osservazioni, il concetto di ‘legge naturale’ risulta essere come tale, oggi nei diversi contesti culturali, assai problematico, se non addirittura incomprensibile» (n. 21). La soluzione proposta sarebbe quella di abbandonare il concetto e il termine di legge naturale o di “rileggerlo” con un linguaggio accessibile, facendo attenzione al mondo giovanile «da assumere come interlocutore diretto anche su questi temi» (n. 20). Sembra di capire dunque che, poiché il mondo cattolico non comprende più la nozione di legge naturale, tanto varrebbe accantonarla e sostituirla con qualcosa di più adatto alla mentalità corrente.
Questa posizione appare tanto più sorprendente in quanto tutti i recenti Pontefici hanno proclamato con vigore l’importanza della legge naturale.
Paolo VI, nell’enciclica Humanae Vitae del 25 luglio 1968, ha insegnato a proposito della dottrina morale del matrimonio che questa è «una dottrina fondata sulla legge naturale illuminata e arricchita dalla rivelazione divina» (Humanae vitae, n. 4). E’ alla legge naturale che Papa Montini si è richiamato, per ribadire che, secondo la Chiesa, «qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita» (Humanae vitae, n. 11).
Giovanni Paolo II, nella enciclica Evangelium Vitae del 25 marzo 1995, ha fondato sulla stessa legge il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine. In questo importante documento, egli afferma che «ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine» (n. 2). Nell’enciclica Veritatis Splendor del 6 agosto 1993, il Papa appena canonizzato, denuncia il rifiuto della legge naturale come frutto dell’«influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità». «Sulla base di tale legge – ha affermato il 6 febbraio 2004 – si può costruire una piattaforma di valori condivisi, intorno ai quali sviluppare un dialogo costruttivo con tutti gli uomini di buona volontà e, più in generale, con la società secolare».
Anche Benedetto XVI ha spesso ribadito l’importanza di questa dottrina, affermando come nell’attuale momento storico «appare in tutta la sua urgenza la necessità di riflettere sul tema della legge naturale e di ritrovare la sua verità comune a tutti gli uomini». «Ogni ordinamento giuridico – infatti – a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale, nel messaggio etico iscritto nello stesso essere umano. La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica» (Discorso alla Pontificia Università Lateranense del 12 febbraio 2007).
In un chiaro volumetto dedicato a La legge naturale nella dottrina della Chiesa (Consult Editrice Roma 2008), il cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha spiegato come il Magistero ordinario, nel primo grado del suo insegnamento infallibile, comprende, accanto al deposito della fede, ciò che gli è connesso, quindi anche la legge naturale. La legge naturale, di cui è custode la Chiesa, gode dunque dell’infallibilità. Neanche il Papa, che all’interno della Chiesa esercita un’autorità assoluta, può modificare e rendere relativa la legge divina e naturale, che egli ha il compito di trasmettere, di diffondere e di tutelare. Coloro che chiedono alla Chiesa di aggiornare la sua morale, parificando alla famiglia le coppie di fatto, chiedono alla Chiesa di esercitare un’autorità assoluta che essa non ha.
Accanto ai pronunciamenti dei Pontefici, sono da ricordare i numerosi interventi della Congregazione per la Dottrina della Fede e in particolare il documento Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali del 3 giugno 2003, dedicato a ribadire la verità del matrimonio. Tutto il problema è trattato a partire dal concetto di moralità naturale. In questo testo del Magistero si dice chiaramente che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale» (nn. 3-4).
La legge naturale non è una verità confessionale, ma in primis una verità appartenente alla retta ragione universale. Essa è infatti una legge oggettiva iscritta nella natura non di questo o quell’uomo, ma nella natura umana considerata in sé stessa, nella sua permanenza e nella sua stabilità. In questo senso, non è una legge imposta dall’esterno, ma, come già avvertiva Leone XIII nell’Enciclica Libertas del 20 giugno 1888, è indelebilmente iscritta, anzi «scolpita nell’anima di ogni uomo». La differenza tra la legge naturale e qualsiasi legge positiva è che le leggi positive sono elaborate dagli uomini e sono per così dire esterne, mentre la legge naturale appartiene alla stessa struttura spirituale dell’uomo.
La principale difficoltà nel comprendere la legge naturale sta nel fatto che oggi si è persa la nozione di natura. Il cardinale Ratzinger ha osservato come la legge naturale sia diventata «una parola per molti quasi incomprensibile a causa di un concetto di natura non più metafisico, ma solamente empirico» (Discorso del 12 febbraio 2007). La legge naturale non è infatti la legge fisico-biologica della natura umana, ma l’ordine morale e metafisico del creato, che l’uomo può scoprire con la sua ragione. Tutti i Padri e i Dottori della Chiesa hanno parlato di questa legge, definendola talvolta scintilla animae, la scintilla che illumina la coscienza. San Tommaso d’Aquino è colui che meglio ne ha approfondito e sintetizzato il concetto, definendola «la partecipazione della legge eterna nella creatura ragionevole» (Summa Theologiae, I-II, q. 91, a. 2).
Se si perde il concetto di legge naturale, si è costretti ad accettare la teoria del gender, basata sulla negazione del concetto di natura umana. L’uomo viene considerato come un’entità puramente materiale, modificabile a piacere, secondo le necessità e gli interessi del momento. Alla legge naturale, che discende da Dio, si sostituisce la legge positiva, imposta dai gruppi di pressione politici e mediatici. Invece di riflettere la legge naturale e divina, le leggi e il comportamento umano si adeguano all’opinione fluttuante delle mode anticristiane. E’ comprensibile che, su questo punto, nel prossimo Sinodo dei vescovi, la discussione si faccia incandescente.